venerdì 19 dicembre 2014

BABBO NATALE VERSIONE GAY



Ai tempi in cui io andavo alle elementari si iniziava la giornata con una preghiera, Gesù era inchiodato sopra la cattedra accanto al ritratto del presidente Pertini in una rappresentazione paradossale della sintesi kantiana che viveva allora il nostro paese e a Natale si realizzavano dei presepi in scala 1:1 con le mollette di legno e il Vinavil (altro che Paint Your Life).

Quelli erano ancora tempi in cui la malizia era al massimo il nome di un pessimo profumo pubblicizzato in televisione e quindi a 10 anni ancora si credeva che per far avverare un desiderio bastasse scrivere a Babbo Natale. Per sentirci tutti meno gretti però (afflitti già a quell’età dai precetti cattolici che condannano la cupidigia e l’egoismo anche nei fanciulli) le nostre letterine iniziavano tutte indistintamente con speranze da reginette di bellezza come la pace nel mondo o la fine della fame in Africa per poi precipitare molto più prosaicamente sulla richiesta di robot componibili per i ragazzi e Barbie “Fior di pesco” per le ragazze e per me.

Fu durante uno di quei Natali che con assoluto candore chiesi alla mia insegnante come mai Babbo Natale non avesse una moglie (già allora mi era chiaro che se si arrivava scapoli in così tarda età c’era sicuramente un fondato sospetto di omosessualità).

Ma in quell’epoca tradizionalista e ultracattolica era impensabile ammettere che Babbo Natale fosse un single e per sviare i miei sospetti la maestra si affrettò a confermare che la befana, nonostante fosse racchia per antonomasia, era in realtà la sua consorte. Al momento la mia curiosità venne appagata sebbene, alcuni anni dopo, vidi tutto sotto una luce diversa che mi portava ad interpretare quel generoso, corpulento vecchietto contornato da assistenti efebici e ridanciani come la rappresentazione perfetta di uno sugar daddy in compagnia dei suoi mantenuti.

Lo so di sembrare il tipico gay che vede omosessuali dappertutto, persino nel Ben Hur interpretato dal quel totem d’eterosessualità che è stato Charlton Heston, ma a confermare i miei sospetti che su Santa Claus gravasse da sempre l’accusa di sodomia questa volta è niente meno che il New York Times che a pochi giorni dal Natale ha pubblicato sulla sua edizione on line una storia dallo stucchevole gusto di bufala.

Insomma il fatto è questo: non si capisce bene per quale motivo (forse un’omonimia con l’indirizzo dell’autore di un racconto natalizio del XIX secolo) ma da poco più di un mese a questa parte in un tranquillo appartamento di Chelsea abitato una coppia di gay al cui confronto quella protagonista di “Modern Family” sembra composta da due picchiatori della mafia, sono iniziate ad arrivare una valanghe di lettere di bambini indirizzate a Santa Claus. E così tra una bolletta e una copia del New Yorker (al quale hanno tenuto a ribadire alle telecamere di essere abbonati-quasi troppo cliché per essere veri...) hanno iniziato ad ammonticchiare pile di letterine scritte con la grafia incerta di chi ha da poco tempo imparato a distinguere le lettere dell’alfabeto.

Ovviamente i due che hanno un cuore di pan di zenzero hanno pianto lacrime calde leggendo che Aysha del Queens con le sue 8 sorelle e la madre disoccupata non beccherà neppure una Tanya di seconda mano e così sono ricorsi ai loro amici che in una maratona di solidarietà hanno iniziato a raccogliere quanti più regali possibili da spedire, se non a tutti i bambini, almeno a una buona parte di loro.

Tutto questo è stato documentato con un video realizzato da NYT con un taglio registico da Canto di Natale che sembra gridare a squarciagola: “Hey, avete visto quanto sono buoni e sensibili i gay!?” assomigliando a un video di propaganda come ne giravano nel dopo guerra dove si vedono gli alleati lanciare cioccolata e gomme da masticare agli scugnizzi di Napoli.

Insomma se un tempo essere gay in quella città significava far sesso promiscuo sui moli del porto stordendosi in feste stronca-cavalli dopati per giorni con droghe e disco music, oggi invece gli omosessuali di New York sembrano diventati più realisti dello stesso re dimostrando una aspirazione alla “normalità” davvero tenace che si ferma appena qualche millimetro prima di toccare il limite critico della borghesia più insopportabile. Forse è lo spirito natalizio che mi rende più caustico del normale e il mio atteggiamento da teorico dei complotti mi fa vedere falsità dove forse non ce n’è ma la messa in scena di “Omo-miracolo sulla 34° strada” risulta più indigesta di un pessimo panettone da discount.


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