lunedì 30 settembre 2013

TU CON ME



Tu nell'esplosione dei colori.
Tu come i sapori.
Sei decisione coraggio confronto.
Sai di paesaggio.

Qui, trasporti elementi vivi.
Energia di matite fluorescenti.
Dai il meglio con me
nel nostro esistere insieme.
Se c'é uno sbaglio
guarisci,
rinasci.

Tu. Elementi di sangue.
Lacrime di vita.
Pescato in una rete
che racchiude il sole.

Tu gioia che mi doni.
Tu mente.
Tu
che mi ami.

MFVC

domenica 29 settembre 2013

IL RICCO E IL POVERO



XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)



In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». (Lc. 16, 19-31)



Con questa parabola Gesù ci richiama l’irreparabile eternità delle pene dell’inferno. È un discorso duro, ma viene dalle labbra di Gesù. Il ricco Epulone, che durante la vita terrena non ha praticato la carità, soffre irrimediabilmente nell’oltrevita. Egli, come i suoi fratelli, conosceva la legge e le profezie che specificano i modi della giustizia divina: forse riteneva che per lui si sarebbe fatta un’eccezione, e invece tutto si compie alla lettera. Siamo avvertiti anche noi: non possiamo edulcorare la legge di Cristo, affidarci a una “misericordia” che non trovi corrispettivo nella nostra carità. Finché siamo quaggiù abbiamo tempo per compiere il bene, e in tal modo guadagnarci la felicità eterna: poi sarà troppo tardi. Gesù dà un senso anche alle sofferenze di Lazzaro: le ingiustizie terrene saranno largamente compensate nell’altra vita, l’unica che conta. Abbiamo il dovere di far conoscere a tutti, cominciando dalle persone che amiamo, la logica della giustizia divina: e questa è la forma più squisita della carità.

venerdì 27 settembre 2013

INCONGRUENZE




Email inviata da Enrico con risposta dei webmaster di Gionata, 2 agosto 2013

Cari amici di Gionata, vi scrivo con un po' di tristezza e rassegnazione nel cuore. Una tristezza che nasce nel leggere articoli e commenti relativi alla cosiddetta "legge antiomofobia" che si trovano in questi giorni sui principali giornali cattolici.
Non parlo di quelli legati agli ambienti più di destra e conservatori (Bussolaquotidiane, Tempi, ecc). Parlo di quei giornali che rappresentano la parte più moderata e per certi versi anche più aperta al dialogo con la società. Famiglia Cristiana, Cittanuova, e ovviamente Avvenire "la voce ufficiale" della Chiesa italiana".
L'amarezza nasce da diversi motivi. Innanzitutto l'atteggiamento di chiusura, quasi di paura e terrore (fobia!!) nei confronti di una legge che dovrebbe inasprire le pene per chi fa del male agli omosessuali solo perché tali.
Posso capire che di mezzo ci sia in gioco il discorso della libertà di espressione e di coscienza, che sono valori altissimi e da difender ad ogni costo. E per questo, mi auguro che i legislatori trovino la formula migliore che salvi capra e cavoli.
Ma quando leggo i commenti di personaggi cattolici anche autorevoli che parlano di "legge inutile", "ingiusta" o addirittura "dannosa e pericolosa", bhe, questo mi fa davvero male.

Per non parlare poi di certi commenti dei lettori, molti veramente intrisi non di "omofobia", ma di vera e propria "misomoaffettità" (recuperando un po' del mio vecchio greco, mi sembra la parola più corretta: odio - non paura - nei confronti delle persone dello stesso sesso che si vogliono bene).

Anche  perché, quando si parla di omosessualità, su Famiglia Cristiana, su Avvenire e altri giornali cattolici, parlano tutti. Tutti hanno da dire la loro: politici di destra, di sinistra, i presidenti delle associazioni pro life, quelli dei forum per le famiglie numerose, quello delle famiglie meno numerose, giuristi, esperti di etica e di diritto. Tutti esperti e pieni di autorevolezza....

Ma mai una volta che si trovi l'intervista di qualche diretto interessato. Magari, visto che di giornali cattolici si tratta, qualche rappresentante delle associazioni di omosessuali credenti. O, nel caso specifico, la testimonianza di qualcuno che è stato pestato a sangue solo perché passeggiava mano nella mano col proprio compagno. Giusto per sentire anche il loro parere, tra gli altri.

Sembra che noi omosessuali siamo una categoria, una "lobby", un'entità astratta. Invece, guarda un po', siamo persone, ognuno con le proprie storie e i propri problemi, molto spesso molto simili a quelli della famiglie "tradizionali" o "naturali" o come vogliamo chiamarle....

Scusate lo sfogo, ma avevo bisogno di parlarne con qualcuno. Alemeno ci siete voi. Grazie

Enrico

La risposta...

Caro Enrico come non essere daccordo con le tue parole accorate. Hai ragione, purtroppo oggi nel mondo cattolico "ufficiale" le persone omosessuali non hanno voce, eppure qualcosa si muove... ma più che nell'ufficialità dei media cattolici il cambiamento va cercato nella comunità cattolica, nelle parrocchie e nelle diocesi che accolgono le veglie di preghiera contro l'omofobia, che sempre più spesso propongono pastorali inclusive per le persone omosessuali e addirittura cercano di essere presenti nei pride (come fanno da alcuni anni, negli Stati Uniti e in Inghilterra, alcune parrocchie cattoliche).
Grazie a tante persone, laici o consacrati, che hanno deciso di porre nelle loro comunità il problema dell'accoglienza vera qualcosa stà cambiando, ma forse è un cambiamento ancora troppo lento? Forse si, ma tocca a ognuno di noi lavorare perchè questa "accoglienza" diventi sempre più forte, affinchè non si parli più di omosessualità ma semplicemente di donne e uomini omosessuali, con le loro storie, con i loro cammini di fede e di vita.

Noi volontari di Gionata è quello che vogliamo veder accadere e che cerchiamo di raccontare, ma ricorda ci serve anche l'aiuto, la testimonianza e la speranza di tutti quanti credono che  “Non c'è più Giudeo né Greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,27-28)”, perchè solo camminando insieme qualcosa di nuovo può accadere.
Caro Enrico quello che cerchiamo e desideriamo richiede ancora un cammino ancora lungo, ma siamo sicuri che insieme lo vedremo accadere perchè, come ci ricorda ogni giorno il Cristo, è sempre "il margine che cambia il centro e mai il contrario".

Un abbraccio forte forte da tutti noi

giovedì 26 settembre 2013

GNOCCHI AI PELATI

Siete pronti per la ricetta settimanale dei nostri gnocchi? Ho pensato alla classica ricetta con i pelati. Un piattino povero di capelli ma ricco di testosterone. Slurp!

mercoledì 25 settembre 2013

RISORGIMENTO ITALIANO



Il periodo militare per molti è una fase della propria vita nella quale si vive alla giornata, con la certezza però di un pasto caldo due volte al giorno. La situazione politica nazionale quell’anno era difficile, più della metà della popolazione non aveva lavoro, e coloro che erano fortunati a guadagnare per la propria famiglia uno stipendio, anche minimo, non avevano la certezza di mantenerlo per molto. La precarietà dell’occupazione era nelle mani di pochi spregiudicati che non guardavano in faccia a nessuno.

Questi motivi, furono quelli che mi spinsero a firmare per mantenere un posto nell’Esercito, molti altri avevano fatto la mia stessa scelta. Fortunatamente il mio compagno di brigata, Giovanni Franzetti, come me classe 1871, emulò la mia decisione e firmò per rimanere. Quando ci giunse la conferma dell’accettazione da parte del Ministero della Difesa, decidemmo di fare una festa in caserma per celebrare la notizia. Chiedendo i dovuti permessi ai nostri preposti, riuscimmo ad organizzare un gran pranzo con parecchio cibo e vino a profusione. Il rapporto di amicizia con Giovanni si era molto approfondito, divenendo fraterno e via via quasi maniacale. Passavamo i congedi e i nostri momenti di libertà sempre insieme, senza curarci nell’escludere da questa relazione altri commilitoni. Era diventato il nostro angolo di tranquillità, nel quale potevamo godere della nostra profonda amicizia e di questo rapporto che stava diventando sempre più esclusivo. Giovanni è un bell’uomo, alto, moro con baffi e barba alla Vittorio Emanuele ma con un fisico asciutto e muscoloso che nulla ha in comune con le rotondità che aveva posseduto il nostro vecchio Re d’Italia. Anche lui è piemontese come il vecchio Savoia, ma è nato nelle Langhe, dove i suoi lavorano come coloni di un proprietario terriero. Io sono lombardo, sul confine con la Confederazione Elvetica; dalla mia famiglia ho ricevuto i geni che mi hanno voluto biondo e con gli occhi chiari. Mi sentivo attratto da Giovanni e sapevo che anche lui provava un profondo affetto per me, mi chiamava Pinìn che in dialetto piemontese significa “Piccolino”. Ma il soprannome non era dovuto al fatto che fossi più basso o minore in età. Come ho già detto eravamo coetanei. Quando mi guardava, i suoi occhi sprizzavano gioia, e spesso mi passava per scherzo la mano tra i capelli per arruffarmi la frangetta.

Dopo la festa in camerata, Giovanni ed io eravamo piuttosto ubriachi e le nostre difese si erano abbassate notevolmente. Mentre eravamo a tavola, ebbri del vino e del buon pasto consumato, ci tenevamo stretti, con il mio braccio sulle sue spalle magre e la sua mano sulla mia coscia sotto il tavolo. A un certo punto ebbi la consapevolezza che la sua mano si stava spingendo sempre più in alto e sempre più tra le mie gambe. Non feci nulla per allontanarla e, anzi, lo spronai nel cammino carezzandogli lievemente il collo dietro la nuca. Mi avvicinai una volta al suo orecchio per mormorargli qualcosa facendolo ridere. Qualche minuto dopo, lui fece lo stesso ma non mi sussurrò nulla, depose solamente un bacio lieve sul mio collo. Rabbrividii a quel contatto sensuale e al solletico dei suoi baffi sulla mia pelle sensibile. Improvvisamente lucido, lo guardai negli occhi, scorgendovi un lampo di lussuria e di bramosia. Mi morsi il labbro inferiore e gli sorrisi con complicità.

Un paio d’ore più tardi eravamo nel dormitorio: i nostri compagni si erano addormentati da parecchio tempo e noi non ci eravamo ancora spogliati. Le nostre brande erano una di fianco all’altra, separate da un modesto e logoro stipetto di legno che conteneva le mie poche cose, e stavamo chiacchierando tra di noi sussurrando piano per non disturbare gli altri. Avevamo già appeso le giacche della nostra divisa nei rispettivi armadietti ed eravamo in maniche di camicia, seduti sulle nostre brande uno di fronte all’altro, carezzandoci le mani. Mi sbarazzai del resto della mia uniforme, indossai la mia camicia da letto di batista ed entrai nel mio lettino. Giovanni si sedette sul bordo della mia branda. Nell’eccitazione e nell’ebbrezza causata dal vino e dal chiasso che avevamo appena fatto, egli si prodigava come se scherzasse, con le più dolci carezze e con le parole più lusinghiere che mi avesse mai rivolto. Io ero semisdraiato sul piccolo cuscino che ci veniva concesso di tenere nel nostro letto. Lui era mezzo svestito, e appoggiandosi alle mie cosce si chinò su di me. Iniziai a parlargli rapito e mezzo intontito dal sonno e dal calore del letto che iniziava ad avvolgermi, lui si abbassò completamente su di me, mi circondò con le sue braccia, mi baciò sul viso, passando al tempo stesso le sue mani sotto la mia camicia, stringendo il mio corpo caldo con le sue grandi mani. Io mi sentivo morire, ma fui inondato improvvisamente da una gioia immensa e da un profondo affetto, che si stava rapidamente trasformando in qualcosa di più profondo. Eravamo incollati l'uno contro l'altro, fronte contro fronte, le guance in fiamme, la mia bocca sulla sua bocca come se stessi assaggiando il più dolce dei frutti del suo giardino. Non ero mai stato così felice!

Mi accorsi che la lampada a olio, appoggiata per terra, lanciava lampi minacciosi nell'immenso dormitorio, dove i nostri compagni stavano dormendo. Quella luce traditrice lasciava nella più profonda oscurità l'angolo nel quale noi eravamo così colmi di gioia, ma ebbi paura che qualcuno ci potesse vedere e, desiderando godere completamente dell'abbandono del mio dolce amico, gli suggerii, baciandolo: "Vai a spegnere la lampada, ma ritorna subito".

Traballando si alzò dal letto e andò a bere alla brocca che era posata a terra, accanto alla lampada. Mi guardò nuovamente mentre arricciava le labbra carnose, soffiando sul lume che si spense. Il dormitorio non fu più rischiarato se non dalla lampada dell’altra camerata accanto, che arrivava a rischiarare solo la nostra soglia. Tutto il resto era nelle tenebre più fitte.

Percepii nella penombra che ritornava al suo letto, sentii che si svestiva velocemente e che tornava verso di me trattenendo il respiro. Quel breve momento mi sembrò un secolo, poi finalmente il peso del suo corpo abbassò la rete del mio letto e quando lo sentii accanto a me fra le lenzuola calde, lo abbracciai alla vita. Le mie mani corsero febbrili alla ricerca del suo contatto, a stento trattenemmo grida di gioia e di godimento. Le nostre virilità erano dure come roccia e calorosamente pulsanti.

In un attimo fummo nudi formando un solo corpo, strettamente avvinghiati. Non avrei mai creduto di poter godere di così tanto ardore. Le nostre mani si stringevano e fuggivano nuovamente alla ricerca della pelle altrui, facendola bruciare di passione e desiderio. Le nostre lingue si allacciavano nelle bocche, e ci abbracciavamo così stretto da potere a stento respirare. Con le mani esploravo quel corpo così bello, tanto desiderato, quel viso dolce e virile che era così diverso dal mio. Col semplice tocco delle nostre carezze e del nostro desiderio, raggiungemmo il culmine nel medesimo istante, inondando i nostri corpi del rispettivo seme. Rimanemmo abbracciati per lungo tempo, mentre i nostri umori si seccavano e incollavano i nostri corpi l’uno all’altro. Ci scambiammo carezze e dolci parole. "Non ho mai goduto tanto con una donna, Pinìn" mi confessò, "I loro baci e le loro carezze non sono così ardenti né così amorosi come i tuoi".

Stando molto attenti nel non venire scoperti da nessuno, godemmo per altre volte nei nostri incontri clandestini. Ci spingemmo oltre e ci giurammo amore eterno, più e più volte. Eravamo profondamente innamorati l’uno dell’altro e siamo tuttora innamorati come quella prima notte.

Abbiamo pianificato che quando suo padre non sarà più in grado di coltivare le vigne del suo padrone, chiederemo congedo dall’esercito e andremo ad abitare insieme laggiù. Una volta siamo andati in visita dai suoi vecchi genitori e mi sono sentito accolto immediatamente, come il figlio della Parabola evangelica che era tornato a casa dopo tanto tempo. Una famiglia che mi ha adottato e che sento di amare come se fosse mia, dopo la morte di mia madre che era già da anni vedova del mio anziano padre. Amo quelle colline solcate dalle vigne di grignolino e nebbiolo. La lunga strada sterrata a rettifilo, ombreggiata da cipressi annosi, che porta alla magione del proprietario e la piccola casetta che abitano i suoi genitori, che si affaccia sull’aia della corte colonica, dove galline e oche scorrazzano libere, sotto la brezza delle langhe piemontesi. 

Una terra che sarà anche mia, come mio è quest’uomo dolcissimo che ho imparato ad amare mentre l’Italia imparava a diventare un'unica nazione.


(Ispirato ad una storia vera, scritta in una lettera indirizzata ad Emile Zola da un soldato italiano nel 1891.)

martedì 24 settembre 2013

LO SCORPIONE E IL MAESTRO ZEN

Un Maestro zen vide uno scorpione che stava per annegare e decise di tirarlo dall’acqua, e quando lo fece, lo scorpione lo punse.

A causa del dolore che provò, il Maestro lasciò l’animale che cadde nuovamente nell’acqua e stava per annegare.

Il Maestro tentò di tirarlo di nuovo e l’animale lo punse ancora una volta.

Un discepolo, che aveva notato la scena, si avvicinò al Maestro e gli disse: “ Scusatemi, ma siete proprio un testardo! Non capite che ogni volta che tenterete di tirarlo dall’acqua, vi pungerà? “

Il Maestro rispose: " La natura dello scorpione è di pungere e non cambierà mai, la mia è di aiutare ".

Allora, con una foglia, il Maestro tirò ancora una volta lo scorpione dall’acqua, salvandogli la vita e aggiunse:” Non cambiare la tua natura, se qualcuno ti fa male, ma prendi delle precauzioni. Alcuni inseguono la felicità, altri la creano. Quando la vita ti presenta mille ragioni per piangere, mostrale che tu hai mille ragioni per sorridere. Preoccupati più della tua coscienza che della tua reputazione, perché la tua coscienza è ciò che tu sei, e la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te… E ciò che gli altri pensano di te… è un loro problema”.

lunedì 23 settembre 2013

SONETTO 92


Fa' pure del tuo peggio per sfuggirmi
tu in me vivrai per tutta la mia vita
e vita non durerà più a lungo del tuo amore,
perché sol da questo affetto essa dipende.

Quindi temer non devo il peggior dei torti
quando nel più piccolo la mia vita ha fine;
mi par di meritare miglior sorte
di quella che è balia dei tuoi capricci.

Non puoi torturarmi con la tua incostanza
perché nel tuo disdegno muore la mia vita:
o che beato titolo solo io posseggo,
felice del tuo amore, felice di morire!

Ma esiste felicità che nuvole non tema?

Tu potresti ingannarmi ed io non saperlo.




(W. Shakespeare)

domenica 22 settembre 2013

MI RICORDA QUALCUNO...

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)


In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». (Lc. 16, 1-13)

Vi è prima una parabola e poi una serie di ammonimenti che commentano un elemento della parabola stessa e cioè l’uso del denaro. La parabola, come è ovvio, non loda il fattore perché è disonesto, ma perché ha la chiarezza e la decisione di imboccare l’unica via di salvezza che gli si prospetta. Si sa che l’arte di cavarsela è molto applicata nelle ambigue imprese di questo mondo. Lo è molto meno nella grande impresa della salvezza eterna. Perciò Gesù ci rimprovera di essere più pronti a salvarci dai mali mondani che dal male eterno, lui che da parte sua ha fatto di tutto perché fossimo salvati, fino a salire in croce per noi. Non ci decidiamo a credere che, se non portiamo il nostro peccato davanti a Dio, siamo perduti. Cominciamo le nostre Messe confessando i peccati che abbiamo commessi, ma usciti di chiesa ricominciamo a parlare di quelli altrui.
Un “test” decisivo dell’autenticità della nostra decisione cristiana è proprio l’uso del denaro.
Non è disonesta la ricchezza in sé, né maledizione la ricchezza esteriore. Ma lo è la ricchezza come idolo, innamoramento e progetto, come deformazione interiore del cuore e della mente, che vogliono a tutti i costi essere produttori di potenza e quindi di potere economico.
Occorre decidersi a scegliere: o mammona o Dio; cioè: o essere il signore per signoreggiare o servire il Signore e godere della sua onnipotenza d’amore.
C’è un solo modo di liberarsi dalla schiavitù della ricchezza: farsi “amici” per mezzo di ciò che si ha, cioè con l’impegno della solidale condivisione.

venerdì 20 settembre 2013

LA MAMMA DEI CRETINI E' SEMPRE INCINTA


Scambio di Email inviate a Gionata da Gabriele*, 29-30 agosto 2013

Ci ho messo un po per convincermi a mandarvi questo stralcio della mia vita. Ci ho messo un po perché comunque ripensarci mi ferisce profondamente, ma sapevo che non potevo tenerlo solo per me, non dovevo. Dovevo farvi avere questo pezzetto infranto del mio cuore.
Qui di seguito troverete un recente scambio di e-mail avvenuto con un tizio "conosciuto" su di un sito d'incontri. Vi avverto già che la situazione di per sé non parte con discorsi edificanti sull'amore puro e spirituale (visto che ho parlato di sito d'incontri), né che il suo contenuto ha un linguaggio educatissimo.
Mi piacerebbe che le persone di buona volontà possano conoscere questa storia che è umanamente triste a prescindere dal proprio credo religioso.
Perché più che la difficoltà di vivere una condizione religiosa essendo "diversi" tra i "normali", in queste righe si parla di un diritto ancora più basilare: "la libertà del proprio spirito" di esistere.

Giovedì 29 Agosto 2013, 18:06

Ciao, non ci conosciamo direttamente ma so che hai contattato un mio amico col quale ci si doveva vedere. Mi ha detto che non se ne fa nulla perché vi siete incazzati, non so per quali motivi.
Non è che me diresti per favore cos'è successo?
Io ho provato a sentire il mio amico, ma non è che mi abbia detto molto a riguardo. Vorrei sentire anche te, per capire meglio, per favore. Mi aiuti a capire che è successo? Ciao, Gabriele

Venerdì 30 Agosto 2013, 09:06

Potete andare affanculo tu e lui; cercavo due ragazzi normali come me e non due pervertiti checche, vedi di andare a farti scopare da qualcuno che ne hai bisogno.
Fate schifo tutti voi, branco di froci di merda, dovrebbero riaprire le camere a gas solo per voi. Ti consiglio di cancellare il mio email e di non provare neppure a  rispondermi altrimenti ti denuncio, perché io non ho ti ho dato il mio indirizzo  emeil, anzi scoprirò' dove abiti e  vengo a pestarti come ti meriti, magari ti piace.

Venerdì 30 Agosto 2013, 10:50

Capisco perché il mio amico ieri era piuttosto giù di morale dopo che ti aveva sentito: ti sei comportato in modo estremamente sgradevole nei suoi riguardi. Vorrei che capissi che non esiste un motivo valido per odiare, disprezzare, giudicare gli altri - sopratutto se ciò viene fatto verso persone che sono solo diverse da come sei tu.
Lo hai ferito, e stai ferendo anche me con le tue parole. Se ci rifletti bene capirai che non è bello e non è giusto soffrire perché si viene esclusi e beffati dagl'altri.
Ti sarà accaduto qualche volta anche a te di essere preso in giro pesantemente? Oppure di non essere per niente apprezzato, magari anche odiato? Non è bello. Non commettere questa violenza sul tuo prossimo, per favore. Forse stai reagendo così perché credevi che noi due fossimo come te, e dopo che hai saputo che così non era allora ci sei rimasto molto male e ti sei sentito tradito.
Sicuramente per te il discorso di stare assieme con altri ragazzi era una cosa per sentirsi uniti. Per me ed il mio amico non era solo questo, è vero. Ma il fatto di non dirtelo è solo perché sono nostre preferenze che comunque a te, al tuo piacere di stare in compagnia, non avrebbe tolto nulla. Non ti saremmo saltati addosso o cosa.
Mi dispiace se hai provato terrore pensando che potessimo obbligati a cose che non ti piacciono. Per concludere: mi dispiace profondamente che tu abbia reagito così, che il mio amico ora ci stia male, e che pure io per lui ne soffro. Non c'è niente di giusto in tutta questa storia.
Ti chiedo di cortesemente di riflettere sul fatto che infliggere sofferenze agl'altri, non importa per quale motivo, non può essere giusto né portare a niente di buono. Un cordiale saluto. Gabriele

Venerdì 30 Agosto 2013, 11:09

Ma sei un prete da parlare cosi?? io non ho niente contro voi gay, tra di voi potete accoppiarvi quanto ve pare, scopare come animali ma a me non dovete rompere i COGLIONIIIIII e non centra il saperlo prima o no.
Io non voglio vedervi e neppure starvi vicino perché cerco gente a cui piaccia la figa e a voi piace il cazzo, chiaro il concetto? Mi fate schifo, ribrezzo e se lo scoprivo vi prendevo a botte tutti e due, vi suonavo come due campane e vi mandavo all'ospedale quindi ora non mi rompere i coglioni e vai a farti sbattere dal tuo amico, che magari tra di voi andate pure d'accordo.
Se non vuoi beccarti una denuncia cancella questo indirizzo, altrimenti vengo a cercarti e ti giuro che lo faccio davvero. Non voglio alcuno contatto con voi froci lebbrosi del cazzo

Venerdì 30 Agosto 2013, 11:20

Stai usando parole molto brutte. Forse non ti rendi conti di cosa significhi spaccare la testa a qualcuno ed odiarlo al punto da non volere nemmeno che esisti. Se molte persone ti dicessero che non vogliono che tu esista perché sei un essere orribile - loro ti farebbero del male, ti farebbero arrabbiare e poi soffrire, sentire sbagliato.
Ti scenderebbero lacrime dagl'occhi, e non importa quanto tu sia forte, prima o poi piangeresti tra te e te perché sentiresti di non avere un futuro né poter aver desideri. Ti prego allora di considerare che la sofferenza che puoi causare agl'altri agendo così. Molto più vera e feroce di un pugno in faccia. Non ti cercherò più ora, stai tranquillo. Adesso ti sto rispondendo solo perché volevo che ti arrivassero queste mie ultime parole che or ora sto scrivendo.
Addio, ti auguro una vita serena, felice e piena d'amore con una brava donna al tuo fianco. Gabriele

Venerdì 30 Agosto 2013, 11:42

VIENI A DIRMELO IN FACCIA CHE TI SPACCO LA FACCIA, COSI CAPISCI COSE' LA SOFFERENZA, ORA PASSO IL TUO EMAIL A CHI DI DOVERE COSI TI BECCHI UNA DENUNCIA FROCIO DEL CAZZO E SE CONTINUI TI VENGO A CERCARE

Venerdì 30 Agosto 2013, 12:27

Vorrei che capissi che non c'è motivo di arrabbiarsi l'uno contro l'altro, non voglio fare una gara a chi urla di più o a chi è più tosto tra i due. Cerca di capire il motivo per cui ti sto ancora continuando a scrivere, nonostante gli insulti che mi hai rivolto: per favore, prendi da ciò che ti scrivo il meglio. Non sono qui per importi la mia presenza, per farti diventare gay, per avere ragione su di te: sono qui solo per raccontarti della verità in cui vivono molti diversi oggigiorno. Una realtà che è fatta di sofferenze per colpa di tutte quelle brutte cose che vengono dette e fatte a loro.
Se puoi pensa a quello che ti ho scritto nei termini più positivi possibili. Non essere alterato con me che non serve a niente, visto che nemmeno ci conosciamo, né mai avremo a che fare l'uno con l'altro per altri motivi. Usa le tue forze per essere felice, non per rendere infelici gl'altri. Ciao, non scambiamoci più e-mail per favore... non abbiamo altro da dirci...

Venerdì 30 Agosto 2013 13:04

GIURO CHE TI VENGO A CERCARE BRUTTO FROCIO ROTTOINCULO BASTARDO. MERDA SCHIFOSA LURIDA, NON MI ROMPERE PIU I COGLIONI. COME TE LO DEVO SCRIVERE. MA PERCHE NON TI SPARI.

Venerdì  30 Agosto 2013 13:29

Non mi sparo perché non posso non provare a tutti i costi di fermare la dose di violenza che hai dentro di te. I gay sono persone con sentimenti, capaci di provare affetto. Tu stai negando loro il diritto a vivere serenamente dicendo questo genere di cose molto brutte. Perché lo fai? Ti hanno fatto qualcosa dei gay perché tu abbia tutto questo risentimento nei loro confronti? Credi forse davvero che ai gay interessi solo il pene e che cerchino in tutti i modi di rovinarti la vita o il mondo, con la loro presenza?
I gay sono persone diverse da te, ma non sono persone meno di te o di qualsiasi altra persona. Sii più riflessivo e meno pronto alla guerra contro un nemico che non esiste, contro qualcuno che non ha il benché minimo interesse nel farti del male. Guarda dentro di te e rinuncia a tutta questa dosa di disprezzo sconsiderato che hai dentro.
Il disprezzo non fa vivere bene, non rende una persona libera. Dimostrare tutto questo odio senza senso non ti renderà grazie. Per favore, sii giusto con te stesso e con il mondo che ti circonda.

Venerdì 30 Agosto 2013 13:42

ORA BASTA HO GIRATO LA TUA EMAIL A CHI DI COMPETENZA FORSE NON TI HO DETTO CHE HO AMICI DI DESTRA CHE ODIANO I CULATTONI COME TE. TI VERREMO A PRENDERE LURIDO FINOCCHIO. E' FACILE CAPIRE DA DOVE SCRIVI SE HAI AMICI NEI CARABINNIERI

Venerdì 30 agosto 2013 14:06

Ti faccio una domanda: credi che chi ha il potere abbia il diritto di imporre ciò che vuole al prossimo? Puoi anche credere che ciò sia vero, e puoi anche credere che ciò sia giusto. Ma non lo è per tutti coloro che subiscono passivamente l'abuso di potere da parte degl'altri. Se anche dovessi rimanere da solo e nessuno ci fosse a proteggermi, se anche dovessi prendere delle botte, o pure morire... se anche mi dovesse capitare qualcosa di brutto- non importa: difenderò quante più vite potrò in ogni modo che potrò.
Non mi lascerò intimidire da quello che stai dicendo, non posso farlo perché il mio Dovere di proteggere ciò che è vulnerabile viene prima della mia stessa vita. Nessun carabiniere può aiutarti nei tuoi tentativi di destabilizzare delle minoranze: il loro compito è servire la giustizia e se non lo adempiono, se anzi servissero la violenza invece, il loro lavoro ed onore decadrebbero. Inoltre lo Stato Italiano dovrebbe correre ai ripari perché ha permesso tramite ai suoi emissari l'evenienza di odiose atrocità.
L'odio è sbagliato. Usa il tuo tempo, concentrati, nel cercare di fare del bene verso chi puoi. Non ti dico che devi amare i gay che non sopporti, ma sicuramente ci sono persone nella tua vita che potrebbero avere bisogno del tuo affetto, di attenzione, di aiuto.
Dai, ciao.

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giovedì 19 settembre 2013

GNOCCHI ALLA GRECA

Cari lettori, avete presente il blu delle profondità marine del Mar Egeo? La ricetta degli gnocchi di questa settimana è ispirata a questa tinta profonda e inimitabile. Dunque Buon appetito (καλή όρεξη)!