venerdì 31 luglio 2015

TERRE DI CONFINE

 
 
 
Articolo di Massoud Hayoun pubblicato sul sito di Aljazeera America (Usa) il 30 gennaio 2014, liberamente tradotto da un volontario di Progetto Gionata.
 
BESHBETOH (Nazione Navajo, USA). A New York, nella zona del West Village, gli uomini gay possono incontrarsi per sesso e talvolta per amore, a pochi passi di distanza, negli affollatissimi bar gay o tramite le applicazioni di incontri per smartphone, tipo Grindr. Lo stesso vale negli innumerevoli quartieri gay-friendly di tutta l’America urbana, da San Francisco e Atlanta a Houston. Ma quando uno smartphone capta un segnale con successo e si connette alle applicazioni gay in molte zone della Nazione Navajo, trattandosi di una riserva (indiana) a prevalenza rurale, l’utente più vicino può essere a più di 100 miglia di distanza. Lo stesso fattore di distanza è vero per i bar gay, del tutto assenti sul vasto territorio desertico che ospita circa 170.000 persone e che supera per estensione diversi stati dell’Est americano.
 
Quelli che sono i caposaldi nella vita dei gay di altre parti d’America sono ancora sconosciuti tra i gay navajo, alcuni dei quali non hanno mai vissuto al di fuori dalla riserva. In realtà, nella Nazione Navajo alcune persone gay dicono che riescono a trovare più facilmente relazioni sentimentali durature con il metodo antiquato di essere presentate dalla famiglia e dagli amici, così come è successo con i loro genitori e i loro nonni.
 
“E’ ovviamente più facile incontrare qualcuno su Grindr. Ma fa schifo, perché lì, le persone si mostrano solo in foto. Questo proprio non mi attira”, ha detto Jimmy, un professionista navajo quasi trentenne che ha voluto utilizzare un nome falso, essendo ancora alle prese con l’accettazione della sua sessualità da parte della sua famiglia.

 Jimmy è andato a scuola fuori dalla riserva, in una città dove sono più diffuse le applicazioni gay per internet. Ma l’idea di incontrare online un partner potenziale non faceva per lui. “Desidero il contatto umano”, ha specificato.
Non è solo l’impossibilità di accedere all’alta tecnologia che plasma la vita dei gay Navajo. Per le persone omosessuali a Beshbetoh, area scarsamente popolata che ha dato i natali ad Alray Nelson, navajo di 27 anni promotore del matrimonio gay, il bar gay più vicino si trova a Albuquerque, in Nuovo Messico, a circa quattro ore di distanza.
Vista la mancanza di una soluzione migliore nella più grande nazione indiana d’America, Nelson dice che ha incontrato il suo compagno Brennan Yonnie, con cui sta insieme da tre anni, per mezzo di amici.

“Brennan e io ci incontrammo per mezzo di amici. Mi salutò e subito dopo gli chiesi se voleva andare a cena”, ha raccontato Nelson sul luogo del loro primo appuntamento, un ristorante della catena di cucina casalinga “Cracker Barrel”. “Qui si mangia come a casa e volevo (un luogo per d’appuntamento) dove ci fossero le luci abbassate”.
 
Nelson e il suo ragazzo ricordano piuttosto vividamente il loro primo contatto fisico. Yonnie appoggiò la testa sulla spalla di Nelson, mentre si trovavano al luna park della grande e imperdibile fiera annuale tribale di Window Rock Navajo. “Oh mio Dio, che cliché…” ricorda Yonnie. Un mese dopo, i due giovani si baciarono.
 
Per i pochi uomini della riserva che hanno applicazioni gay, vi è una certa ambivalenza circa il ruolo che le applicazioni internet dovrebbero svolgere nella loro vita. Jimmy ha un rapporto acceso-spento con le applicazioni gay. A questo proposito, però i suoi sentimenti probabilmente rispecchiano quelli di molte persone al di fuori della riserva, sia gay sia etero, che potrebbero essere riluttanti a cercare l’amore online o che vogliono incontrare un compagno per la vita piuttosto che darsi un appuntamento casuale.

“Continuo a cancellare Grindr, perché non voglio solo essere una persona di costumi facili o fare sesso”, ha detto. “Proprio non mi ci vedo a trovare il mio compagno su Grindr”. Il risentimento, che alcune persone omosessuali navajo nutrono verso applicazioni di social media gay, è percepibile pure nei bar gay.

Stella Martin, donna transgender navajo di 33 anni, che studia presso l’Università del New Mexico e risiede a Gallup, città di confine lontano dalla riserva, afferma che i bar gay sono “opprimenti per il nostro popolo LGBT e navajo” e cita il problema della diffusione dell’alcolismo nelle riserve indiane.
“I bar gay sfruttano la comunità LGBT per fare soldi. L’ubriaco indiano è già stigmatizzato”, ha detto. A differenza della riserva, l’alcol è disponibile a Gallup, ma Stella Martin pensa che un bar gay è una cattiva idea.
 
E’ dello stesso avviso, Jeremy Yazzie, fautore di campagne di sensibilizzazione su HIV/AIDS, e residente a Gallup: “Sarebbe come buttare benzina sul fuoco, visto l’elevato aumento di infezioni da HIV tra gli indiani d’America”. Infatti sostiene che l’ubriachezza può abbassare l’inibizione e portare a pratiche sessuali non sicure.

 A Gallup, fuori dalla riserva, Yazzie, che è gay, utilizza Grindr non per fare incontri, ma per diffondere, a nome di Navajo AIDS Network, informazioni sui test per malattie sessualmente trasmissibili.
 
Ma proprio come in molte altre parti degli Stati Uniti, le persone omosessuali nella Nazione Navajo affrontano anche reali preoccupazioni sulla violenza fisica e i pregiudizi.

“Nei club etero, bisogna stare molto attenti con chi si parla, perché potrebbero afferrarvi da dietro e prendervi a calci nel sedere”, ha detto Tyson Benally, 24 anni, che studia belle arti al Diné College Navajo. Benally ha incontrato il suo ragazzo durante un piccolo gay pride a Gallup.
 
Non esistono intenzioni evidenti per introdurre i bar gay nella Nazione Navajo, dove un unico vicino potenziale, se si oppone, può bloccare il contratto di locazione di terreni commerciali. Ma Yazzie sostiene che, con l’ampliamento della connettività, le app gay si stanno facendo strada lentamente nella riserva Navajo, facilitando gli incontri.
 
Secondo Nelson e Yonnie se una comunità segue l’esperienza gay tipica, di una grande città, basandosi su applicazioni internet e locali, perde la propria innocenza, e l’intimità dei primi incontri romantici potrebbe scomparire.
 
Jolene Yazzie, artista gay contemporanea e designer grafico navajo, 35 anni, ha parlato con Al Jazeera subito dopo il ritorno da una vacanza a San Francisco, dove ha detto che avrebbe voluto fare qualche incontro.

“Volevo solo conoscere gente nuova”, ha detto. “E’ davvero molto difficile incontrare gente”. Parlando con la rete Al Jazeera al Museo Navajo, in cui si espongono le sue opere artistiche, Jolene Yazzie è arrivata con la sorella, che ha un marito e un bimbo di 5 anni: “Sono sempre gelosa di lei. Glielo dico in continuazione”.
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giovedì 30 luglio 2015

GNOCCHI A MODO MIO

Una volta tanto penso a me stesso e mi regalo una carrellata di gnocchi apprezzabilissimi ma solo per me. Sono gli gnocchi squisiti che vi propongo questa settimana, ma giù le mani e non toccate. Me ne faccio un'abbuffata. A voi, questa volta, tocca la dieta.
 


martedì 28 luglio 2015

UNA LUNGA TRECCIA



SALVARE SEAN - Con Riley - Dreamspinner Press

Trama
Quasi un anno dopo essere stato rifiutato per un altro, il paramedico di Seattle Peter Morse soffre ancora, ma quando l’uomo che lo ha respinto gli chiede un favore, acconsente. La sua missione: rintracciare Sean Reid, il fratello in fuga di un’amica comune. Peter non ne è entusiasta, finché non trova Sean ferito sul ciglio della strada.
 
Tutto in Sean suscita gli istinti protettivi di Peter – salvare la gente è quello per cui vive – ma non aveva previsto di perdere la testa per una persona così decisa a scappare. Oltre alle ferite fisiche, Sean combatte contro il dolore e il senso di colpa, e il caos che il padre eremita ha lasciato dopo la sua morte minaccia di sopraffarlo.
 
Salvare Sean vuol dire per Peter abbandonare il proprio orgoglio e rivolgersi ad amici e parenti. Chiedere aiuto è una pillola amara da ingoiare per Peter, ma se lui non riesce a farlo, come può aspettarsi che Sean accetti a sua volta il suo aiuto… e il suo amore?
 
Voto
 
Buon libro ma noioso. I due protagonisti sono poco incisivi e la lettura risulta pesante. Salvo Peter perchè me lo vedo interpretato da David Conrad, l'attore che interpreta Jim, il marito di Melinda Gordon  in "Ghost Whisperer". La trama è abbastanza statica, poco sviluppata e poco realistica. Da leggere solo se vi é piaciuto il primo libro di questa autrice poco originale e che si diletta con personaggi che hanno grossi problemi esistenziali.


NB Il voto è del tutto soggettivo e viene strutturato ad un massimo di cinque stelle: scarso, sufficiente, discreto, ottimo, eccellente. 

lunedì 27 luglio 2015

LA PRIMA VOLTA


La prima volta che ti ho abbracciato
La prima volta che le mie mani ti hanno stretto a me
La prima volta che il mio corpo si è appoggiato sul tuo
La prima volta che tu hai abbracciato me
ho sentito le tue braccia chiudersi sulla mia schiena
ti ho sentito stringerti a me,
mentre mi stringevo a te
La prima volta che ti ho abbracciato tu hai abbracciato me
La prima volta che ho capito che tu esisti davvero
e non sei un sogno perfetto che facevo
ma una realtà forte dolce e calda tra le mie braccia.
La prima volta che ti ho abbracciato
La più bella della mia vita.
Si ripete ogni volta che lo faccio.
 
Alex R.
(trovata in rete)

domenica 26 luglio 2015

PESCI E PANI

 
XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
 
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. (Gv. 6, 1-15)
 
Tutti gli evangelisti ci riportano il racconto del miracolo della moltiplicazione dei pani. Si tratta di nutrire una grande folla di persone e di seguaci di Gesù, radunati sulla riva nord-est del lago di Tiberiade (cf. Mt 14,13-21; Mc 6,32-44; Lc 9,10b-17). Come dimostra l’atteggiamento dei partecipanti, essi interpretano questo pasto come un segno messianico. La tradizione ebraica voleva che il Messia rinnovasse i miracoli compiuti da Mosè durante la traversata del deserto. Ecco perché, secondo questa attesa messianica, si chiamava “profeta” il futuro Salvatore, cioè “l’ultimo Mosè”. Infatti, secondo il Deuteronomio, Dio aveva promesso a Mosè prima della sua morte: “Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò” (Dt 18,18). Ecco perché le persone che sono presenti durante la moltiplicazione dei pani cercano di proclamare re Gesù. Ma Gesù si rifiuta, perché la sua missione non è politica, ma religiosa.
Se la Chiesa riporta questo episodio nella celebrazione liturgica è perché essa ha la convinzione che Gesù Cristo risuscitato nutre con il suo miracolo, durante l’Eucaristia, il nuovo popolo di Dio. E che gli dà le forze per continuare la sua strada lungo la storia. Egli precede il suo popolo per mostrargli la via grazie alla sua parola. Coloro che attraversano la storia in compagnia della Chiesa raggiungeranno la meta di tutte le vie, l’eredità eterna di Dio

venerdì 24 luglio 2015

NORMALITA'

 
 
 
 
Riflessioni di Maria Laura Rodotà pubblicate sul sito del Corriere della Sera 1l 13 luglio 2015
 
Siete mai stati a un matrimonio tra due uomini o due donne? Forse no, in Italia è vietato. E’ un peccato, per chi ama andare alle feste di nozze: le cerimonie sono commoventi, l’atmosfera è spesso euforica, la sensazione – anche dove è legale da tempo – è di partecipare a un evento pionieristico. Di contribuire a furia di brindisi a gettare le basi per un futuro migliore. Sono usate di rado, di questi tempi e in contesti ottimisti, espressioni come “gettare le basi” e “futuro migliore”. Ma servono a capire di cosa si parla quando si parla di uguaglianza matrimoniale.

La maggior parte degli sposi gay, lesbiche, bisessuali vuole festeggiarsi ma soprattutto scambiarsi promesse, accettare diritti e doveri, creare una famiglia. Essere elementi integrati e normali della società in cui vivono. Non più individui marginali, e, come si dice ancora, tollerati. Esempio. «Da quando ti frequento sono diventato molto più tollerante», spiegava tempo fa un noto giornalista a una compagna di lavoro convivente con una donna. La quale obiettava: «Cosa c’è da tollerare? Il rischio che mi baci al bar in orario protetto turbando bimbi benpensanti? L’idea che io mi sottragga alle logiche relazionali tradizionali mettendo tutti in imbarazzo?».
E invece: c’è il caso che chi ha un forte legame non etero voglia avere una relazione tradizionale. Per avere e dare sicurezza. Per usufruire delle agevolazioni sia burocratiche che fiscali di cui beneficiano coppie sposate e famiglie regolari, anche (e insomma (a) la reversibilità delle pensioni per le coppie stesso sesso non sarebbe onerosa per l’Inps; e (b) provate voi da genitori non coniugati a fare il passaporto alla prole). Per fare, finalmente, una cosa seria, da adulti.
Per tanti etero vissuta come un incubo (anche a ragione), per molte persone Lgbt, da sempre tagliate fuori, un traguardo, anche di pubblica dignità. E molti italiani/e vanno all’estero, anche se in Italia le nozze non sono riconosciute.
Ci sono B. e F. che si sono sposate in Spagna, è stato bello ma «pure il funzionario comunale iberico sudatissimo ti guarda come una poveraccia che arriva da un Paese arretrato». C’è Claudio Rossi Marcelli, che col marito Manlio ha una figliolanza tipo famiglia Bradford. Claudio scrive libri divertenti sulla sua famiglia (“Hello daddy” e l’ultimo “E il cuore salta un battito”, Mondadori) e si è unito civilmente in Comune a Ginevra, con famiglie emozionate e amici incravattati.
C’è il nostro collega Stefano Bucci, autore anche lui di un bel libro autobiografico, «I veri amori sono diversi» (Marsilio), e protagonista, dopo le nozze a New York, di una battaglia legale per la registrazione in Italia. Stefano scrive sul matrimonio parole alte. Da sentirsi inadeguati, da buttarla con lui sul frivolo e sulle di liste di nozze. E’ un battibecco che da’ tutto il senso della battaglia per la «marriage equality». Tra chi ha fatto un matrimonio «normale» e ricorda con angoscia il negozio, l’imbarazzo nelle scelte, la sensazione di essere parte di un vuoto scambio simbolico.
E chi, come Stefano, lo racconta come l’elemento allegramente materialista di un evento importante. E poi ci sono i figli. I bambini con due papà e due mamme, da noi, sono tuttora ufficialmente strani. C’è chi non manda i figli a giocare nelle case di peccatori/trici (succede); chi così costringe a cambiare scuola (succede anche questo); chi proibisce nelle scuole innocenti libri per bambini più possibilisti della media (succede a Venezia, grazie al neosindaco Luigi Brugnaro). Ci sono mille problemi perché una delle mamme o dei papà non è genitore ai sensi di legge. E, se l’unione finisce male, e il genitore naturale è arrabbiato con l’ex, chi si è sentito madre o padre fino a quel momento magari non può più vedere quelli che sente suoi figli.
Anche in questo, il matrimonio – e la conseguente possibilità di dirsi addio con delle regole – aiuta. Basta, per capire, vedere la fenomenale serie americana in onda in queste settimane, Transparent: una lesbica divorziata viene travolta dall’arrivo della figlia adolescente, che ha litigato con l’ex moglie/madre biologica. E, come tutte le figlie di separati, va a stare dall’altro genitore. La scena in cui sta la madre facendo l’amore con la nuova compagna ed è interrotta da una telefonata della pupa imbufalita ha valore universale per chiunque abbia prole, diciamo.
Diciamo, pure, che chi pensa al matrimonio è in genere grandicello/a (ha senso: negli Stati Uniti, dove da pochi giorni c’è il matrimonio per tutti, la maggioranza degli under 30 è favorevole; ma come principio, non perché puntino a prossime nozze, etero o lgbt che siano). E che – forse – le lunghe adolescenze di molti sono finite. E chi trova la sua persona (cit. Grey’s Anatomy), vorrebbe sposarsi.
E vorrebbe il celebrante con fascia tricolore, e la lista, e la festa, e le zie accaldate con i ventagli, e una promessa di vita rispettabile e rispettata (a pensarci, in Italia il problema non è solo l’omofobia; è lo scarso rispetto in generale, di alcune leggi e del prossimo; forse ci si dovrebbe pensare su, qualunque sia lo stato civile).  L’obiettivo? La normalità.

martedì 21 luglio 2015

TIREMM INNANZ



ANDARE AVANTI - H. J. Holt - Dreamspinner Press

Trama
Il ventiduenne Luke Kearsey, sopravvissuto a una vita in affidamento, scappa da una relazione violenta e abbandona il suo paese. Ora vive in Inghilterra, dove lavora in un fast-food. Forse la sua vita non ha una direzione, ma per lo meno lui è al sicuro.
Quando l’insegnante trentaseienne Paul Blackwell incontra Luke in un club, neanche l’uomo pensa di aver trovato qualcosa di più di un po’ di sesso senza strascichi. Paul è ancora in lutto per la morte del compagno con cui stava da cinque anni e non sta cercando un legame serio. Non se questo significa soffrire nuovamente.
Nonostante tutte le loro differenze, qualcosa scocca tra i due. Anche se a Luke manca la fiducia in se stesso e stenta a credere di avere qualcosa da offrire a Paul, anche se Paul è restio a iniziare una relazione con un uomo così diverso da lui, i due cominciano a esplorare le possibilità che potrebbero aiutarli a guarire. Con l’amore e il sostegno che si offrono a vicenda, Luke e Paul iniziano a lasciarsi il passato alle spalle; ma poi il passato di Luke si presenta in Inghilterra, reclamandolo. Luke è davvero pronto per andare avanti?
 
Voto
 
Troppa carne al fuoco per i miei gusti. Maltrattamenti, sesso occasionale, omofobia, strascichi psicologici, famiglie disagiate, scheletri nell'armadio, insicurezza, resurrezione professionale. Il tutto condito con parecchie scene di sesso rovente. Il romanzo è scritto bene ed è scorrevole, per carità, ma tutte queste argomentazioni sono un po' troppo. Meglio avrebbe fatto l'autrice a focalizzarsi su un unico punto o due al massimo. Magari si sarebbe risparmiata gli altri argomenti per un altro libro. I due protagonisti sono ben delineati, Luke è un po' troppo mammoletta e dovrebbe darsi una regolata, ma ci sta bene. Insomma una lettura d'evasione ma niente di più. Il pathos annega nelle troppe tematiche affrontate. Tre stelle ma solo perchè è il primo libro di questa scrittrice.
 
NB Il voto è del tutto soggettivo e viene strutturato ad un massimo di cinque stelle: scarso, sufficiente, discreto, ottimo, eccellente. 

lunedì 20 luglio 2015

COSI' FISSO MIRAI





 La beltà così fisso mirai
che la vista n’è colma.
Linee del corpo.
Labbra rosse.
Voluttuose membra.
Capelli da un ellenico simulacro, spiccati
e tutti belli, pur sì scarmigliati,
cadono appena sulla fronte bianca.
Volti d’amore, come li voleva
il mio canto…
incontrati nelle notti di giovinezza,
nelle mie notti, ascosamente…



Konstantinos Kavafis,

domenica 19 luglio 2015

COME PECORE SENZA PASTORE

 
 
 
XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
 
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. (Mc. 6,30-34)
 
 
Come mostra la prima lettura, e il Vangelo stesso, oggi al centro della parola che la liturgia ci porta c’è il fatto che Dio ha concretizzato le sue promesse in Gesù di Nazaret: attraverso il suo Salvatore egli veglia sul suo popolo. Il Vangelo descrive la “piccola” gente di Galilea che si affolla al seguito di Gesù come una comunità di uomini sfiniti di cui nessuno si occupa. Essi hanno sentito che Gesù si preoccupa sinceramente di loro, e che ha il potere di venire loro veramente in aiuto. È ciò che fa, portando l’indispensabile salvezza a tutti quelli che si rivolgono a lui fiduciosi, nella loro disgrazia sia fisica che sociale o spirituale.
La Chiesa non cerca oggi di distrarci con delle belle storie che parlano dei tempi passati. Attira la nostra attenzione sul fatto che Gesù Cristo risuscitato continua ad agire come il Salvatore di Dio. Egli può e vuole aiutarci nella nostra disgrazia. Compatisce le nostre preoccupazioni. Nella nostra miseria possiamo rivolgerci a lui. Egli ci consolerà, ci darà la forza, ci esaudirà. È lui che ci fa trovare le vie per uscire dalla disgrazia, che ci mette accanto delle persone che ci aiutino. E soprattutto, Gesù Cristo conosce l’ultima e la peggiore delle nostre miserie: la nostra ricerca di una salvezza duratura e felice, che sia per noi o per tutti quelli che amiamo, dei quali ci preoccupiamo, e che abitano con noi questo mondo.

sabato 18 luglio 2015

POVERA FIGHETTA

 
NB Non so se essere più disturbato dal fatto che è su un libro per bambini, se è per via dell'illustrazione o dal nome del gioco (Pussy=fighetta). 

venerdì 17 luglio 2015

INSCATOLATI




Articolo di Daniel Shoer Roth pubblicato sul sito About en Español (USA), liberamente tradotto da una volontaria di Progetto Gionata
 
L’ignoranza fa credere che tutti gli omosessuali siano parrucchieri effeminati o uomini muscolosi e vanitosi che non fanno nient’altro che andare in palestra.  Gli stereotipi nascono perché la natura degli esseri umani è incasellare le persone in gruppi verso i quali abbiamo credenze, idee e sentimenti. Alcuni stereotipi sono esagerazioni di informazioni veritiere e altri si basano su informazioni false.

 Il risultato, generalmente, è il pregiudizio e la discriminazione. Lo stereotipo sulle persone gay è una delle principali cause di omofobia. Ciò impedisce a molte persone gay di accettare sé stessi e di non uscire allo scoperto o reprimere i propri sentimenti. Credono che se accettano il loro orientamento sessuale saranno considerati il gay stereotipato.
L’origine dello stereotipo è l’ignoranza. Siccome molte persone non hanno mai conosciuto qualcuno che sia gay, fondano le loro credenze su ciò che vedono nei mezzi di comunicazione, che proiettano un immagine parziale e esagerata degli omosessuali.  Altri semplicemente credono a ciò che ascoltano e ereditano alcuni miti sull’omosessualità disseminati storicamente da alcune istituzioni religiose e da governi fondamentalisti.
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Stereotipi e miti sui gay
Gli uomini gay sono effeminati. Molte persone credono che i gay adottino comportamenti femminili. I mezzi di comunicazione ratificano questa etichetta disseminando un immagine del gay esageratamente effeminato. Benché ci siano certi comportamenti che caratterizzano alcuni gay, specialmente in gioventù, ci sono anche omosessuali molto maschili così come ci sono eterosessuali effeminati. Altri gay rivedono il proprio modo di essere per sembrare eterosessuali. La comunità gay non è omogenea. Alcuni omosessuali sono più sensibili di altri.
 
Gli uomini gay sono promiscui. L’uomo, indipendentemente dal suo orientamento sessuale, è per natura più istintivo e meno emotivo che la donna.  Per questo è più facile per un omosessuale portare un altro uomo a letto che per un eterosessuale mantenere relazioni sessuali con una donna.  I gay che ricorrono al sesso generalmente cercano amore e usano il sesso per sfuggire alla solitudine. Nonostante ciò, molti gay mantengono relazioni monogame con i propri partner e, se sono single, solo fanno sesso quando c’è un legame emotivo con un altro uomo.  Nessuno ha potuto confermare che l’uomo omosessuale sia più promiscuo che l’eterosessuale.
 
Gli uomini gay sono pedofili. Rappresentare gli uomini gay come una minaccia per i bambini è uno stereotipo falso che usa la destra cattolica per alimentare i timori della popolazione rispetto all’omosessualità. L’associazione Nordamericana di Psicologia sostiene che gli omosessuali non sono più propensi che gli eterosessuali ad abusare sessualmente sui bambini. La maggior parte di coloro che commettono abusi sessuali ricercano le vittime nella propria rete familiare e di amici, perciò non possono essere considerati né omosessuali né eterosessuali.
 
Gli uomini gay muoiono di HIV/AIDS. L’HIV/AIDS non è una malattia delle persone gay. La trasmissione del virus è legata a comportamenti specifici di alto rischio nelle relazioni sessuali che non sono esclusivi di nessun orientamento sessuale in particolare. Negli Stati Uniti, gli uomini che hanno relazioni sessuali con altri uomini costituiscono il gruppo con il più alto indice di infezioni.  Senza dubbio, a livello mondiale, il principale canale di contagio del virus è costituito dalle relazioni eterosessuali.
 
Gli uomini gay sono stati sessualmente da piccoli. I fomentatori dell’odio verso i gay affermano che l’omosessualità è un disturbo mentale causato da un trauma psicologico dell’infanzia. Nessuno studio scientifico ha confermato che l’orientamento sessuale – che è innato –  è relazionato con l’abuso sessuale infantile. Secondo l’Associazione Nordamericana di Psichiatria, l’abuso sessuale non sembra essere più frequente tra i bambini che crescono e si identificano come gay, che tra i minori che crescono e si identificano come eterosessuali.
 
Gli uomini gay sono superficiali e vanitosi. A causa delle proprie insicurezze, alcuni uomini gay si sforzano di avere sumpre un look perfetto e dedicano abbastanza tempo a coltivare la loro bellezza. Lo stesso succede tra gli uomini eterosessuali ossessionati dal fisico.  La superficialità e la vanità non sono vincolate all’orientamento sessuale. Molti gay sono sensibili, affettuosi e umili. Sono persone normali con virtù e difetti come tutti gli esseri umani.
 
Se a volte hai creduto a qualcuno di questi miti sull’uomo gay, ti invito a navigare in questo sito affinché tu possa scoprire la vera essenza della vita gay. Ma ti consiglio di conoscere altri gay, così potrai capire che lo stereotipo è falso.