mercoledì 2 luglio 2014

L'ELISIR DI LUNA


Sir Lionel






Sir Ghawain
    


Lionel uscì dall’antro della strega inalando a pieni polmoni l’aria del pomeriggio estivo. Per il Santo Graal! Quanta puzza c’era nella grotta della megera? Odore di sporco, di bestie, di escrementi e di urina e, peggio di tutto, quel tanfo dolciastro di carne in putrefazione. Sputò a terra disgustato e inspirò l’aria fresca che sapeva di salmastro e di pini. Aria pura, finalmente. I suoi lunghi capelli biondi si mossero al vento che arrivava dal mare. Si era trattenuto nella dimora di Morganor, solo lo stretto necessario per ritirare la magia che le aveva commissionato, ma era stato sufficiente per causargli una forte nausea da intossicazione. Che schifo! Meno male che era riuscito a non vomitare il pranzo appena consumato.

Dimenticandosi della vecchia e del suo puzzolente buco, s’incamminò sul sentiero in mezzo alla boscaglia fino a giungere all’alta scogliera che dava sull’oceano. Il sole splendeva alto e il mare luccicava riverberando sulle onde, che si stendevano fluttuando verso l’orizzonte. Estrasse dal taschino ciò che gli aveva dato la strega, esponendo il manufatto alla luce del sole. Era una fialetta di vetro trasparente che conteneva un liquido opalino, con piccoli puntini violacei che luccicavano e si muovevano lenti al suo interno. Di che diamine poteva trattarsi? Sì, era un elisir magico, ovviamente, ma cos’erano mai quelle pagliuzze risplendenti che nuotavano languide nel liquido lattiginoso? Meglio non porsi domande, si disse, rimettendosi l’ampollina nella tasca del giustacuore.

Fischiettando raggiunse la casa, dove abitava con le altre guardie. Era una costruzione bassa e lunga che fungeva da stalla per i cavalli nel piano terra e da dormitorio per le guardie al primo piano. Era giorno di riposo per lui, quindi entrando nella grande sala comune, si spogliò della giubba, facendo attenzione ad appenderla per evitare di rompere la fiala, e si sfilò i calzari stendendosi poi sulla branda.

Aveva già pianificato come agire per somministrare il liquido a Ghawain: offrendosi spontaneamente per portargli un boccale di birra, quella sera in osteria gli avrebbe versato dentro il contenuto dell’ampolla. La vecchia Morganor gli aveva assicurato che era insapore. D’altronde, gli aveva raccontato che era fatta con sette speciali ingredienti lasciati a macerare, in un contenitore di pietra, sotto i raggi della luna per sette notti. Ogni notte il liquido avrebbe assorbito un raggio particolare dell’astro d’argento: sette raggi, come sette erano le lettere che formavano il nome dell’uomo che doveva cadere sotto il potente incantesimo. Come sette erano gli Arcangeli, divini messaggeri di Dio: Mikael, Rafael, Gabriel, Uriel, Raguel, Hesediel e Yophiel. Ognuno di loro sarebbe arrivato cavalcando il raggio lunare per benedire la pozione magica. Bevendo l’estratto di luna, Ghawain sarebbe per sempre stato legato al cuore di Lionel.

L’uomo, disteso sul letto con le braccia incrociate sotto la testa, sorrise al ricordo del suo compagno d’armi e sospirò al pensiero di averlo finalmente tutto per sé. Con la mente percorse i lineamenti del volto del suo commilitone: il viso forte e virile, le sopracciglia scure sotto il ciuffo ribelle dei suoi riccioli neri, gli occhi verdi e profondi, il mento squadrato percorso da un filo leggero di barba inspiegabilmente rossiccia e le labbra larghe e carnose che presto avrebbe potuto baciare. Sospirò nuovamente e si crogiolò al pensiero dei loro corpi uniti, talmente felice che si addormentò con un sorriso sulle labbra.

Fu svegliato dai commilitoni che rientravano dagli esercizi militari, le armature pesanti caddero rumorosamente a terra, e poi furono trascinate via dagli scudieri per le necessarie lucidature. Lionel si sedette sulla branda e, ancora un po’ intontito dal sonno, vide Ghawain che lo raggiungeva sul proprio giaciglio, che era proprio accanto al suo: “Amico mio, ti sei perso una lezione di abilità cavalleresca, oggi!” esclamò il commilitone sorridendo apertamente e mostrando la bianchissima dentatura perfetta “Ho battuto tutti, perfino Kay Walrus!”

“Sei riuscito a battere il Valoroso?” domandò incredulo Lionel.

“Incredibile vero? Eppure l’ho messo a terra dopo avergli fatto saltare la spada a tre iarde di distanza!”

“Grande, Ghawain! E pensare che Kay aveva battuto Lancelot nell’ultimo duello amichevole!”

“Credo che con il dovuto addestramento riuscirei a battere anch’io quel bellimbusto gallese!” esclamò l’uomo entusiasta.

“Non ti allargare più di tanto, il Cavaliere del Lago ha le fate che lo proteggono in battaglia” ribatté questi sbadigliando subito dopo.

“Hai fatto un buon riposo?” chiese Ghawain togliendosi la camicia e gonfiando involontariamente i pettorali tonici.

Lionel percorse quei muscoli con lo sguardo, erano attraversati da una rada peluria scura che scendeva assottigliandosi verso l’ombelico e ancora più giù: “Abbastanza da darmi le forze stasera per offrirti una birra all’osteria!”

Ghawain si sfilò le brache: “Ben detto, amico mio, ma dobbiamo celebrare la mia vittoria su Kay. La birra te la offrirò io!” propose e si avviò completamente nudo verso i bagni. Lionel lo guardò camminare lungo il corridoio tra le brande, quel corpo incredibile era un concerto di muscoli guizzanti. I glutei del suo sedere erano tondi come una pesca e si muovevano in maniera così provocante. Si passò inconsciamente la lingua sulle labbra, desiderando assaporare la pelle scura dell’amico d’armi.

Più tardi quella sera all’osteria, i due uomini sedevano ad una panca sul tavolo all’esterno della locanda. Ghawain fece per alzarsi: “Allora vado a prendere una pinta di birra per entrambi, giusto per iniziare”.

Lionel lo bloccò: “No amico mio, oggi tu hai fatto gli esercizi militari, vado io che ero di riposo”. L’altro lo guardò un po’ stralunato ma lo ringraziò.

Dopo aver ricevuto l’ordinazione e prima di far ritorno al tavolo, il cavaliere uscì dalla porta laterale e, senza farsi vedere da nessuno, prese la boccettina versando il contenuto nella birra scura e spumosa. Per un attimo il liquido sembrò illuminarsi, poi come se avesse fatto reazione, la bevanda ambrata tossì una nuvoletta di fumo bianco. La pozione era pronta. Lionel baciò il boccale che aveva fra le mani e si avviò verso il loro posto. Quando si sedette, appoggiò i bicchieri rumorosamente sul tavolo: “Questo è il primo di molti, Sir Ghawain! Che la tua vittoria di oggi sia la prima di tante altre vittorie!”.

Mentre stavano alzando i boccali per brindare, si sentirono delle voci sempre più accalorate provenire dalla locanda. Qualcuno urlava in gallese stretto e un altro uomo in inglese. Si sentirono rumori di lotta, un tavolo che veniva trascinato, sedie che cadevano, bicchieri e piatti che si rompevano. Ghawain e Lionel appoggiarono i bicchieri sul tavolo senza aver bevuto e si alzarono per andare a vedere quello che stava succedendo nell’osteria. Improvvisamente dalla porta uno sconosciuto fu strattonato fuori a spintoni, nell’uscire qualcuno urtò Ghawain che fu spinto contro il tavolo. L’uomo era stato finalmente catturato da due guardie che, tenendolo stretto, lo portavano verso la cittadella. L’oste seguì il drappello urlando: “L’ho visto che borseggiava un avventore, è un ladro. Portatelo alle prigioni. Testimonierò contro di lui. Sporco Gallese! Non ci bastavano solo i nostri inglesi di borseggiatori! Devono venire anche loro ad allungare le mani sulle nostre monete”.

Dopo un breve scambio di battute con gli altri avventori per farsi raccontare l’accaduto, i due cavalieri tornarono al tavolo. I due boccali giacevano rovesciati di traverso, erano caduti a causa dello spintone che avevano dato a Ghawain. Il contenuto, con la magica pozione, si era riversato sul tavolato, irrimediabilmente perduto. Lionel lanciò un guaito di disperazione: “Guarda che disastro!” urlò prendendosi la testa tra le mani “Le nostre birre si sono versate a terra!” esclamò sedendosi sconsolato.

“Erano solo due boccali di birra, Lionel!” si volto e urlò chiamando la moglie dell’oste “Anne! Quello sporco gallese ha versato le nostre birre! Portane altre due, per favore”.

“Subito Sir Ghawain, offre la casa” si affrettò lei con uno straccio, togliendo i rimasugli di quello che doveva essere l’elisir destinato al militare.

Lionel era inconsolabile. Si era sognato finalmente di poter abbracciare l’amico perdutamente innamorato e ora la pozione era andata in fumo, e con essa cinque sovrane d’oro risparmiate con sudore. Chissà quando avrebbe mai potuto recuperare nuovamente cinque sovrane d’oro! Abbassò la testa sulle braccia e cominciò a singhiozzare: “Perduto… perduto!”

Ghawain non riusciva a comprendere la disperazione dell’amico: “Lionel, che succede? Erano solo due birre!” si sedette al suo fianco e gli mise un braccio sulle spalle.

“Tu non capisci… Ghawain… non capisci” mormorava questi singhiozzando “Cinque monete… cinque monete”.

“Sei messo così male con i soldi, Lionel? Posso prestarti qualcosa io…” mormorò l’altro fraintendendo la disperazione del compagno.

Lionel era disperato, continuava a ripetere le stesse parole, la gente cominciava ad osservarlo stranamente. Ghawain decise di rinunciare alle birre: “Vieni amico mio, andiamo in dormitorio, così ti distendi” lo fece alzare e lo cinse con il braccio per sostenerlo meglio. Lionel non si scostò dal corpo muscoloso del compagno.

Quando raggiunsero la caserma, Ghawain lo fece sedere sulla branda e si accomodò al suo fianco tenendolo tra le braccia e cullandolo dolcemente, nel frattempo Lionel aveva smesso di blaterare e aveva l’aria afflitta.

“Vuoi raccontarmi cos’è successo?” gli chiese gentilmente.

L’altro scosse la testa.

“Sono tuo amico, Lionel, tuo compagno d’armi. Ne abbiamo viste di tutti i colori in questi anni. Fidati di me e raccontami cos’è accaduto” lo incitò.

L’uomo alzò lo sguardo e vide gli occhi tristi dell’amico che lo guardavano compassionevoli: “Ho acquistato una pozione dalla strega Morganor, oggi. L’ho pagata cinque sovrane d’oro. Te l’ho messa nella birra che si è versata”.

Ghawain lasciò andare l’amico come se scottasse: “Volevi uccidermi?” chiese incredulo cercando con gli occhi la spada che aveva lasciato accanto al letto.

“NO!” urlò Lionel “Non ti farei mai del male Ghawain, lo sai che ti sono affezionato”.

Il cavaliere era sicuro dell’affetto dell’amico: “Cos’era dunque?”

Lionel non poteva confessargli che era un filtro d’amore e decise di mentire: “Era un altro tipo di pozione. Eri così contento oggi per la vincita su Kay Walrus, che avevo deciso di regalarti l’invulnerabilità in battaglia!”

“Pazzo, amico mio. E l’hai pagata cinque sovrane?”

Lionel annuì: “Ti voglio così bene, Ghawain, che non voglio perderti in battaglia”.

A quelle parole il compagno si commosse profondamente: “Stupido Lionel, quanto sei matto” e cominciò ad abbracciarlo, a baciarlo, a stringerlo, ad accarezzarlo. Lionel stava bruciando dal desiderio sotto quell’attacco di dolci effusioni. Alzò il volto verso Ghawain e l’altro gli prese dolcemente il viso tra le mani avvicinandoselo per un bacio dolcissimo che lo fece gemere. I baci divennero carezze ansiose, i gemiti dei sussurri languidi, le mani percorsero i corpi sodi disegnando le curve dei muscoli e finalmente giacquero insieme sulla branda nella penombra del dormitorio deserto.

Quando il loro orgasmo si fu acquietato, Lionel si alzò sul gomito appoggiando una mano sul petto del compagno, lo guardò negli occhi timoroso e gli sussurrò: “Ti devo confessare una cosa, Ghawain. Non era un filtro per l’invincibilità, era una pozione d’amore”.

Il cavaliere scoppiò in una risata, avvolgendo il corpo dell’altro e stringendolo a sé: “Che pazzo che sei!”

Il biondo arrossì, ma il suo viso era tra i capelli corvini dell’amico che non poteva vederlo.

“Guardami Lionel” sussurrò Ghawain “Servivano cinque Sovrane per una pozione d’amore?” Lionel stava per controbattere ma fu interrotto. “Tu mi avevi già conquistato da tempo, amor mio. E mi hai conquistato lasciandomi la libertà di decidere di poterti amare. Se mi avessi conquistato con una magia che conquista sarebbe stata?”

I due cavalieri quel giorno impararono una lezione importante, una che era contraria alle leggi di conquista, di sottomissione e di battaglia, laddove la forza e la violenza sono le signore assolute. Nelle battaglie del cuore, quelle che contano davvero, amare è lasciare libero l’altro a se stesso, senza obbligarlo alla nostra propria volontà.


4 commenti:

  1. Buongiorno a tutti!!
    Che bello il racconto di oggi....lo so, sto cominciando ad essere ripetitiva, ma amo moltissimo i romanzi di ambientazione medievale, con i cavalieri coraggiosi e forti...
    E quindi quello di oggi e' stato una bellissima sorpresa!
    Due cavalieri medievali innamorati e un bellissimo lieto fine e' il massimo per un'inguaribile romanticona come me!
    Bravissimo Eagle, sei il nostro scrittore preferito!

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  2. Buon giorno a tutti, alle dame ed ai cavalieri e, mai più opportuno di oggi, che la forza sia con voi.
    Prometto non sarò sdolcinata.
    Eagle dico solo una cosa: il fantasy è il tuo genere. Li dove descrizioni e termini antichi abbondano ci sguazzi alla grande. Bravo è molto molto bello. Non si può avere tutta la storia? Pensaci

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  3. Se c'era la strega, ci saranno state sicuramente le docce..... ma non c'erano le tinozze o i ruscelli per i pochi bagni a quei tempi?
    Solita criticona vero? Del resto mi hai affibbiato la parte della frigida, dato che ti sei tenuto la flemmatica......
    Bell'idea questo racconto....hai dipanato bene la matassa delle situazioni.... con pochi tratteggi hai fatto delle esaurienti descrizioni....
    Ti concedo..... puoi continuare.....

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    1. Tanto per sapere..... qual'era la frigida delle quattro?
      Io non ho mai visto quel telefilm?

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