venerdì 30 agosto 2013

SICURI DI ESSERE ONESTI?








Lettera inviata a Natalia Aspesi* tratta da Il Venerdì di Repubblica del 24 maggio 2013, pag.17

Un suo lettore di Padova scrive di non trovare il coraggio di confessare alla moglie la sua vera natura sessuale che da tempo è riaffiorata in lui (sul N° 1299 del Venerdì).

Il sottoscritto è un uomo settantenne che da più di 35 anni, dopo un esaurimento, si è ritrovato con una natura opposta a quella naturale di un coniuge, anch’io non ho trovato il coraggio di dirlo a mia moglie e ai figli perché troppo giovani e perché temevo di farli troppo soffrire. Ora da anni viviamo come fratello e sorella, da parte mia spero ogni giorno che sia l’ultimo per me.

Pertanto, dato che quel lettore è ancora abbastanza giovane, mi permetto di consigliarlo di spiegare a sua moglie la situazione, cercando insieme una soluzione, parlandosi apertamente e se possibile con tranquillità, altrimenti si avvicinerà sull’orlo della pazzia come è capitato a me.

Varie volte ho pensato di farla finita, ma non è giusto nei confronti di mia moglie, specie quando si ha bisogno uno dell’altro in età avanzata.

A lei mi permetto di far presente che è vero che non siamo più negli anni 50, ma per chi ha famiglia non è così facile fare «coming out» perché restano coinvolti figli e parenti.

Max – Milano



La risposta di Natalia Aspesi

Ecco la storia rovesciata, con la differenza che quest’uomo ormai in età è stato infelice per 35 anni o forse per tutta la vita, per paura di essere se stesso e dare un dolore ai figli. La faccenda dell’esaurimento lei sa che non è credibile, ma non importa. Certo quando lei era giovane, mettiamo pure 40, 50 anni fa, di matrimoni gay non si parlava, e l’amore tra uomini, o tra donne, era socialmente sgradito. 

Infatti i meno coraggiosi si sposavano, per occultare la loro vera natura, però non rinunciavano ai loro piaceri. C’erano mogli che si angustiavano per l’indifferenza sessuale del marito, altre che capivano e poi sceglievano la separazione, restando in buoni rapporti con chi continuava ad essere l’affettuoso padre dei loro figli.

Due cose le chiedo: più che continuare a desiderare di morire (fortunatamente restando in vita), non era meglio liberarsi dalla menzogna ed essere se stessi? Lei è certo di essere stato un padre e un marito migliore per aver avuto paura di vivere?

giovedì 29 agosto 2013

GNOCCHI DELL'ORSO GRIGIO

Carissimi lettori, oggi la ricetta prevede un piatto di gnocchi imbiancati. L'uomo è come il vino, con il tempo migliora. Buon appetito.


mercoledì 28 agosto 2013

UN TUFFO NEL PASSATO


“Dove li hai presi questi?” chiese arrabbiato alla figlia seduta nel soggiorno.

“Li ho trovati nel ripostiglio” fu la risposta quasi automatica.

“Ti ho detto un miliardo di volte che non devi toccare le mie cose!” la sgridò ad alta voce, sbattendo una mano sul tavolo di legno della sala.

“Ma sono solo delle piantine e dei progetti, papà. Non sono documenti importanti” cercò di scusarsi lei.

“Sono importanti per me, Cristina. E non voglio che tu vada a rovistare nelle mie cose” ribatté deciso, sperando di far entrare finalmente nella zucca della figlia che, anche se lei ormai aveva superato l’età dell’adolescenza, in casa comandava ancora lui. Prese la scatola che conteneva le planimetrie e altre cose appartenenti al passato e, voltando le spalle, si avviò verso la cucina dove buttò violentemente la scatola sul tavolo, sbuffando rumorosamente.

“Papà, non è come pensi” la figlia lo aveva raggiunto sulla porta della cucina “Stavo pulendo il ripostiglio e la scatola era là. Non volevo curiosare” gli disse gentilmente.

“Ti ho detto di stare fuori dal ripostiglio. Ci penso io a sistemarlo” puntualizzò nuovamente “E ora riponi la scatola dove l’hai trovata”.

“Ma…”

“Mettila via, va bene?” e per sottolineare il gesto diede un colpo al contenitore che si rovesciò per terra spargendo il contenuto sul pavimento. Guido, si piegò per recuperare le cose e le gettò alla rinfusa nel cartone.

“Papà, si rovinano” disse Cristina pazientemente e si chinò al suo fianco.

“E’ solo roba vecchia. Mettila via!” gridò nuovamente poi si alzò, prese la porta e ritornò in soggiorno, dove accese la televisione e si sedette sul divano.

Cristina raccolse le carte e cercò di riporle in maniera ordinata, le appoggiò sul tavolo della cucina e le impilò per bene, dividendole per argomento: planimetrie da una parte, ritagli di giornale dall’altra, cartoline sbiadite dal tempo e vecchie fotografie ingiallite. Dopo qualche minuto andò in salotto e si sedette sul tappeto ai piedi di suo padre. Aspettò un attimo e poi chinò il capo sulla gamba di papà, in attesa. Sapeva che la mano paterna sarebbe scesa sulla sua testa per accarezzarle i capelli. E così fu.

“Era la casa che volevate costruire tu e la mamma?” la mano del padre si bloccò ma non si ritrasse, il contatto tra di loro continuò diffondendo un calore confortevole.

“Se non avessi sposato tua madre, Cristina, non saresti qui adesso” la voce di Guido era malinconica.

“Lo so” ma non aggiunse altro, Cristina sapeva che non aveva ancora finito di parlare.

“Tua madre era una donna buona. Paziente. Comprensiva”.

“So anche questo”.

“L'amavo”.

“Ma hai amato anche un’altra persona” non era una domanda ma un’affermazione. "Anche lei era paziente e comprensiva?"

”Non tanto, no”.

"Ma tu l’amavi comunque?"

Cristina si alzò da terra e si sedette a fianco del padre, gli prese la mano e lo guardò. Tra le dita dell’altra mano stringeva una fotografia sbiadita di due ragazzi giovani e sorridenti che si abbracciavano su una spiaggia. Uno dei due era suo padre. Guido valutò la situazione, ormai sua figlia aveva ventidue anni, sua moglie era morta da nove, a chi poteva far male la verità? Fece un profondo sospiro e poi si aprì alla sua adorata figliola: “Sì, ci amavamo. Si chiamava Silvano. I tempi erano diversi e quindi non siamo riusciti a essere quello che volevamo essere. Non ero abbastanza coraggioso per dargli quello che voleva. Quello che si meritava. Così mi ha lasciato.” Guido guardò in volto di sua figlia. “Non mi pento, capisci. E' solo il modo in cui sono andate le cose”.

“I tempi sono cambiati, papà”

Lui la guardò. “Che significa?”

“Mamma è morta da tanto tempo”.

“Sì”.

Cristina si alzò e sorrise al padre: “Dovresti essere felice. Te lo meriti. Hai mai provato a cercarlo?”

“Perché dovrei? È stato tanto tempo fa”.

“Perché lo ami ancora”.

Lui annuì impercettibilmente ma rispose: “Sono invecchiato, Cristina”.

Lei sorrise e gli batté la spalla: “Non sei vecchio, hai 60 anni e anche lui sarà invecchiato. Non desideri sapere cosa gli è successo?”

"Sì”. Pensò agli uomini della sua età, ai suoi coetanei. Aveva passato una vita camuffato in un matrimonio con una donna dolce e una figlia adorante. “Forse”.

“Anche se è morto, papà, non vorresti che sappia del tuo ricordo? Che non è ammuffito nel retro di un armadio?” Si inginocchiò di fronte a lui per guardarlo in faccia mentre parlava: "Noi siamo gli unici due al mondo che hanno conosciuto a fondo la mamma. Lei è stata la migliore madre del mondo, la donna più dolce, la più gentile, la più generosa che sia mai esistita. Io sono convinta che mamma ti vorrebbe felice. Che tu non vivessi più da solo rimuginando sui tuoi vecchi segreti”.

Guido guardò la fotografia che le aveva dato la figlia. Un milione di ricordi passarono nella sua mente. In quella foto avevano più o meno l’età di Cristina. “Lui non ha bisogno che io mi intrometta nella sua vita dopo tutto questo tempo, tesoro”.

“Allora lo hai cercato” affermò lei.

“Non l'ho mai perso. Non del tutto. Ho solo perso quello che eravamo. Non si può tornare indietro. Ha la sua vita e io la mia”.

“E' venuto al funerale di mamma?”

“Sì. In realtà, venne”.

“Dunque non ti odia di più”.

“Suppongo di no”.

“È sposato?”

“Non esattamente, no”.

“Ti manca?”

Posò la fotografia e guardò la figlia, cercando di essere rassicurante di fronte alla sua confusione: “Non mi può mancare ciò che non ho mai avuto”.

“Ma hai vissuto tutta la tua vita come la persona che non eri”.

Guido sorrise alla sua bambina, anche se ormai era una donna: “Sono un padre, un marito” inghiottì per togliersi il nodo alla gola, "Un vedovo. Ho amato voi due, ancora vi amo entrambe. Ho preso una decisione e direi che, purtroppo, ho tradito le aspettative di altre persone, prendendo la strada più facile. Mi sono nascosto, ma ho vissuto la vita che volevo vivere. Scegliendo questo percorso, sapevo che mi avrebbe portato a perdere qualcuno prezioso, ma percorrendola, ho trovato molta felicità, e non mi pento di nulla”. Sospirò e uscì sul balcone, una boccata di aria fresca gli avrebbe sciolto il nodo che aveva nella gola.

Cristina rimase ad osservarlo per un poco. Doveva aiutare suo padre a ritrovare quell’amore perduto che aveva nascosto in un vecchio sgabuzzino nel cuore. Si allungò verso il tavolino, dove era appoggiato il telefono e prese la vecchia rubrica telefonica dei suoi genitori. Era la stessa di tutta una vita, con la copertina di cuoio ormai sdrucito dagli anni. Aprì la pagina della lettera “S” e trovò il nome e il numero di Silvano, la scrittura era quella di suo padre. Le venne il dubbio che non fosse lui, ma non era un nome molto comune. Quanti amici poteva avere suo padre con lo stesso nome? Decise di fare un tentativo. Prese il cellulare dalla tasca dei jeans e compose il numero.

Una voce maschile rispose dopo qualche squillo: “Pronto?”

“Buon giorno, sono la figlia di Guido Tacchini. Avrei bisogno di parlare con il Signor Silvano Brioschi, per cortesia”. Vide suo padre girarsi di scatto sul balcone e guardarla allarmato.

“Sono io. Sta bene Guido?” chiese l’uomo al telefono, con l’ansia nella voce.

“Sì, tutto bene, ora glielo passo. Volevo chiederle se sarebbe così gentile da venire a prendere un tè da noi, uno di questi giorni”.

“Volentieri” accettò l’uomo un po’ in imbarazzo.

“Grazie. Le passo mio padre, ora” si alzò andando verso il balcone “Oggi si è accorto di avere ancora qualcosa da condividere con lei”.

Il viso di Guido era spaventato e la sua mano tremava, ma prese il cellulare dalle mani di sua figlia, che gli fece l’occhiolino.

“Pronto? Ciao Silvano”.

martedì 27 agosto 2013

IL CERVO E LA VITE



Era una mattina di primavera. Il sole brillava alto in un cielo azzurro e limpido mentre un gruppo di uccellini ciangottavano allegramente tra i rami di un'alta quercia. Un bellissimo cervo dal manto splendidamente fulvo, brucava tranquillo l'erba di una vasta distesa situata ai confini di una piccola fattoria. Proprio quel giorno un grande orso e un vecchio cane decisero di catturare un cervo da tenere rinchiuso nel recinto del podere per allietare i loro cuccioli. Cosi, vagando tra i campi, videro quasi per caso l'animale che pascolava sereno.

Senza perdere tempo gli corsero incontro per agguantarlo ma fortunatamente egli, comprendendo al volo la situazione, si lanciò in una corsa sfrenata per sfuggire alle loro insidiose grinfie. Poco distante cresceva, placidamente accarezzata dai caldi raggi del sole che dominava il cielo, una magnifica vite selvatica ricolma di fronde e grappoli di un'uva succosa e matura.

Il cervo decise di nascondersi all'ombra di quel folto intrico di foglie, sicuro che nessuno sarebbe mai riuscito ad individuarlo. Infatti, quando l'orso e il cane passarono non furono in grado di vederlo e andarono oltre. Tranquillizzato per lo scampato pericolo, l'animale tirò un sospiro di sollievo e, allettato dal buon profumo che emanava la vite, iniziò a mangiucchiare i suoi grappoli d'uva e le sue gustose foglie. Fu proprio in quel momento che il cane si accorse della sua presenza: ascoltando con attenzione egli aveva potuto distinguere quello strano rumore e, tornando sui suoi passi riuscì a scorgere il cervo che masticava la vigna incurante del pericolo. Per la preda non vi fu più scampo. I due cacciatori gli balzarono addosso e lo catturarono senza difficoltà trascinandolo fino alla loro fattoria.

Da quel giorno in poi, il povero cervo fu costretto a pascolare solo all'interno di un recinto divenendo un'attrazione per i cuccioli che lo ammiravano divertiti. E tutto a causa della sua golosità.

A volte, le premature certezze, si trasformano in delusioni molto pericolose. Non bisogna mai sottovalutare il pericolo finché esso non è realmente passato.

da Esopo

lunedì 26 agosto 2013

DOMANI



Tu continua persisti.
Tornare nella terra, per capire il tempo.
Ritagliarsi in cielo un segno di noi
viaggiando attraverso col cuore pulsante.
Mangiare noi stessi
ciliegie ricche di linfa ancestrale.
Cambiarsi nel sole
profumati nel maturare degli occhi.
Infiniti
vibrarsi ad ali spiegate
leggendo la rotta nelle mani.

Tu, continua, persisti.



domenica 25 agosto 2013

SIGNORE, APRICI!

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)




In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». 
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi». (Lc. 13, 22-30)


Gesù si rifiuta di rispondere alla domanda riguardo al numero di coloro che si salveranno: la questione della salvezza non si pone infatti in termini generali, non si pone innanzitutto per gli altri, ma si pone “per me”. 
Dipende dalla mia accettazione o dal mio rifiuto della salvezza che Gesù mi offre. 
Il cammino verso la salvezza consiste nel seguire Gesù: egli è la via. Lo sforzo di entrare per “la porta stretta” è lo sforzo di seguire il cammino intrapreso da Gesù, cioè il cammino verso Gerusalemme, il cammino verso il Calvario. Il Calvario fu solo una tappa nel cammino verso la destinazione finale, una tappa di grande sofferenza, di tenebre e di solitudine, ma che sboccò direttamente su un mondo di luce e di gioia, illuminato dal sole nascente di Pasqua, vivente della gioia della risurrezione. 
L’ingresso al sepolcro di Gesù, nella basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, è basso e stretto, all’interno l’ambiente è angusto e buio: eppure, proprio da qui la risurrezione, in tutta la sua potenza irresistibile, levò il masso e aprì le tombe riempiendo il mondo di luce e di vita. 
Il punto in cui si incontrano i due bracci della croce è stretto e basso, ma i bracci indicano i quattro punti cardinali, i quattro venti del mondo. Là Gesù “stese le braccia fra il cielo e la terra, in segno di perenne alleanza” ed estese la sua offerta dell’amore e della salvezza di Dio a tutti gli uomini, ad oriente e ad occidente, a settentrione e a mezzogiorno, invitando ogni uomo e ogni donna, di ogni età e di ogni razza, di ogni colore e di ogni lingua, a partecipare al banchetto del regno di Dio. 
La porta stretta è il mezzo per uscire dalle angustie di un mondo senza amore; essa è l’apertura verso l’amore senza confini, verso il perdono e la misericordia.

sabato 24 agosto 2013

venerdì 23 agosto 2013

I MUSEI OMOSESSUALI DELLA CHIESA CATTOLICA


Articolo di Francis DeBernardo del 8 agosto 2013, dal sito di “New Way Ministry” (Stati Uniti) liberamente tradotto da me.

Poiché ultimamente tutti gli occhi sono puntati sulle tematiche cattoliche LGBT in Vaticano, a causa dei recenti commenti di Papa Francesco, un acuto giornalista londinese ha pensato di guardare in Vaticano e vedere quanto potesse essere gay.
No, non ha parlato della famigerata "lobby gay" che presumibilmente opera nelle sacre sale. Si è occupato invece dell'arte che adorna i famosi edifici, ed è parte del patrimonio culturale della Chiesa cattolica.
Jonathan Jones, critico d'arte per “The Guardian”, si è proposto di ricordare al mondo cattolico che le immagini che ricoprono le pareti e i soffitti di diverse chiese romane, saloni, cappelle e gallerie vaticani, sono stati, infatti, realizzati da artisti che erano omosessuali. In un articolo intitolato, "Santo cielo! Una visita guidata sull’arte omosessuale della chiesa cattolica", egli suggerisce che se Papa Francesco volesse saperne di più sulle persone gay, dovrebbe solo andare in giro per il Vaticano ed esaminare l'arte contenuta: “Se Papa Francesco volesse approfondire di più questo argomento, non deve far altro che farsi un bel giro delle chiese e delle gallerie di Roma e del Vaticano, dove, da secoli, artisti gay hanno creato le glorie della chiesa”.


Prima tappa del tour sarà Leonardo Da Vinci:
 "Nel museo Vaticano dovrebbe contemplare il “San Girolamo nel deserto” di Leonardo. In questo capolavoro incompiuto, l’asceta siede con aria angosciata in un deserto roccioso. Si tratta di una grande opera di introspezione spirituale dell'arte religiosa di un autore del quale era ben noto il suo amore per i giovani. Leonardo si circondava di collaboratori di bell'aspetto e dipinse una rivoluzionaria icona gay di bellezza maschile: il suo bronzato San Giovanni Battista. Quando da Vinci era ventenne, venne formalmente accusato di sodomia".



La tappa successiva è Michelangelo:
"... il Papa potrebbe visitare la Cappella Paolina e osservare gli affreschi di Michelangelo. Questa cappella è in una parte privata del Palazzo Apostolico non aperto al pubblico, ma non credo che il Papa troverebbe difficile l'ingresso. Lì, guardando le sofferenze dei santi affrescati, potrebbe considerare come Michelangelo coraggiosamente ha espresso il suo amore per gli uomini, sebbene abbia creato alcuni dei capolavori più eloquenti della chiesa".
Jones richiama un altro articolo di “The Guardian”, che descrive la sessualità di Michelangelo in modo più approfondito:
 "Nel 1530, quando era verso la fine dei suoi 50 anni, s’innamorò davvero perdutamente. L'oggetto del suo desiderio era Tommaso de' Cavalieri, un bell’adolescente di una nobile famiglia romana. Regalò a Tommaso poesie e disegni; in uno di questi disegni, era raffigurato Giove in forma di un'aquila che rapiva il giovane Ganimede”.
"Le poesie che Michelangelo ha composto per Tommaso erano veramente di fuoco. Erano visceralmente reali, molto sensibili: «Questo, Signore, mi ha colpito, da quando ho posato gli occhi su di voi. / Un dolce-amaro comportamento sì-e-no...» Egli sostiene che il suo amore è puramente spirituale, che solo le persone con menti sporche pensano che è portato a qualcosa d’illecito. Eppure egli è acutamente sensuale nei suoi desideri, giacché sogna di riposare tra le braccia del suo amante, o di essere prigioniero di un cavaliere armato. Un gioco di parole sul nome di Cavalieri".



L’ultimo esempio è Caravaggio:
"... quindi il Papa potrebbe visitare la chiesa romana di San Luigi dei Francesi e guardare i dipinti di San Matteo di questo grande maestro. I demoni del desiderio sono evidenti, non possono essere nascosti. La nudità della carne maschile nei dipinti di Caravaggio racconta la sua storia. A quel tempo Caravaggio giunse a Roma, siamo nel 1590, Leonardo e Michelangelo avevano già segnato un percorso gay attraverso l'arte della Città Santa, per non parlare del soprannome appropriato di Giovanni Antonio Bazzi, pittore italiano detto il Sodoma".
Jones conclude con un consiglio più diretto al papa:
 "E' sciocco negare l'evidenza dell’omoerotismo di Leonardo o Caravaggio e i sofismi che sostengono che è irrilevante per la loro arte. Il British Museum è all'avanguardia nell’attirare l'attenzione sul contenuto omosessuale delle sue collezioni. Il Papa dovrebbe sollecitare il Vaticano a fare lo stesso. Lasciate che la chiesa sia orgogliosa dei suoi artisti gay".
Vorrei aggiungere che il papa non dovrebbe andare indietro di secoli per apprezzare il modo in cui la Chiesa ha beneficiato delle doti artistiche delle persone LGBT. Ha solo bisogno di guardare in ogni chiesa parrocchiale dove le persone LGBT operano, e vedrà numerosi contributi alla musica, all'ambiente, alla liturgia e alla decorazione. Se egli osservasse più da vicino, vedrebbe i molti altri contributi che le persone LGBT portano alla chiesa: un senso di giustizia, un apprezzamento della connessione tra sessualità e spiritualità, una profonda preoccupazione nell’apprezzare l'amore di Dio per ogni individuo. Vedrebbe questi doni vividi nei ministeri dell'istruzione, del culto, della giustizia sociale e delle opere di misericordia.
Nella sua finora breve pontificato, Papa Francesco ha esposto più consapevolezza delle persone omosessuali rispetto a qualsiasi precedente papa. Possa l'arte che lo circonda nella sua nuova casa ispirarlo nel trovare la bellezza delle esistenze di fede LGBT che vivono nella nostra chiesa oggi.

giovedì 22 agosto 2013

GNOCCHI ALLA VERGINELLA


Vergine 23 agosto – 22 settembre

Consueto appuntamento settimanale (e mensile in questo caso), con le ricette che tanto amate. Oggi propongo un piatto di gnocchi della Vergine, visto che transiteremo in questo segno in questi prossimi giorni. Tra gli gnocchi della Vergine ci sono anche io e il mio amato Professore, siamo infatti nati entrambi l'otto di settembre. Coppia affiatata anche nella data di nascita, le stelle ci sorridono. Buon appetito.

Colin Firth
Gene Kelly
Chris Potter
Jay Mohr
Scott Caan
Pierfrancesco Favino
Sean Connery
John Savage
Billy Ray Cyrus
Adriano Marquez
Cameron Mathinson
Aaron Jeffery
Alexander Skarsgard
Chris Pine
Rick Rossovich
John Allen Nelson
Jason Priestley
William Levy
Fred McMurray
Richard Gere
Maury Sterling
Scott Speedman
Giuliano Gemma
Mark Harmond
Keanu Reeves
Tuc Watkins
Alan Ladd
Dylan Bruno
Clayton Norcross
Cliff Robertson
Scott Patterson
Arpad Miklos



1 settembre