venerdì 27 febbraio 2015

OGGI SPOSI ANCHE IN CILE




Articolo di Paolo Minucci pubblicato sul sito ProNews.it il 3 febbraio 2015

Anche il Cile compie finalmente un passo avanti importante verso il riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali. Dopo un decennio di dibattiti e di proposte legislative, il Congresso ha approvato pochi giorni fa l’AUC (el Acuerdo de Unión Civil) che, per la prima volta, riconosce i diritti delle coppie sia di sesso opposto che dello stesso, che decidono di convivere pur senza convolare a nozze.
Il provvedimento è stata una delle bandiere dei movimenti che si battono per il riconoscimento della diversità sessuale e nel giro di sei mesi sarà operativa a tutti gli effetti consentendo quindi l’unione civile anche per gli omosessuali.
“Ci permette di riconoscere ufficialmente le diverse forme di famiglia che ci sono nel nostro paese e di proteggerle tutte” – ha osservato il portavoce del Governo socialista, Álvaro Elizalde – “Stiamo gettando le basi per costruire un Cile per tutti: un paese che non discrimina”.
La nuova normativa crea una nuova figura di stato civile, quella dei conviventi, si applicherà a circa due milioni di coppie con o senza figli che hanno scelto di vivere insieme senza sposarsi e che, fino ad ora, non avevano possibilità di regolamentare la propria posizione in quanto nucleo familiare dal punto di vista patrimoniale, della sanità pubblica né, ovviamente, in termini di previdenza sociale o di eredità.
L’iniziativa è ovviamente particolarmente significativa perché per la prima volta lo Stato riconosce e protegge le unioni omosessuali, considerandole formalmente un famiglia. “Oggi noi diventiamo finalmente parte dell’ordinamento giuridico” – ha sottolineato Luis Larráin, il presidente della Fundación Iguales, una delle organizzazioni che con maggior forza si è battuta per questo traguardo.
Il progetto di legge sulle unioni civili è stato spinto inizialmente dal Governo di destra del ex-presidente Sebastián Piñera (2010-2014), e la sua approvazione è stata uno dei cavalli di battaglia della socialista Michelle Bachelet, attualmente presidente del Cile, che aveva promesso di portare al termine dell’iter legislativo la proposta durante il primo anno di mandato.
Missione compiuta non senza qualche sorpresa, considerando che il Cile è un paese dalla tradizione fortemente cattolica. Basti pensare che solo nel 2004 è stata promulgata una prima legge sul divorzio e l’aborto è considerato ancora pratica illegale.
Gran merito, dunque, risiede nella grande mobilitazione sociale avuta nei mesi e negli anni passati con 35 manifestazioni, 72 proteste, 20 campagne e sei progetti di legge e 11 anni di attesa secondo il Movimiento de Integración y Liberación Homosexual (Movilh). Lo stesso storico dirigente del Movilh, Rolando Jiménez, ha affermato che si tratta di un passo storico contro la discriminazione e per il progresso di diritti umani, chiudendo uno dei capitoli sulla lotta per l’uguaglianza e iniziando a scrivere nuove pagine sulle nuove sfide che ci attendono.
Il prossimo 14 febbraio, sia il Movilh che il Registro Civil, organizzeranno manifestazioni simboliche per informare nei dettagli la popolazione sui caratteri di queste nuove unioni, nell’attesa che in estate possano diventare effettive.

Il passo avanti del Cile nel riconoscimento dei diritti civili segna profondamente, e in positivo, quella che può essere la direzione da seguire in una America del Sud sempre più protagonista della vita economica e sociale nel mondo. La speranza è che presto questa ventata progressista contagi anche altri paesi che, pur collocati in contesti permeati di conquiste sociali, risultano ancora restii a simili innovazioni. Paesi, facile a dirsi, come il nostro.

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