mercoledì 15 maggio 2013

IMPOSSIBILE



"Non posso credere che tu voglia davvero studiare".
Kyle alzò lo sguardo dal libro di storia con un’espressione confusa.

"Ma mi hai chiesto tu di venire per aiutarti con i compiti".
Brad provò tenerezza per lo sguardo da cucciolo smarrito sul viso del suo ragazzo, era troppo adorabile per resistere.

"Mio Dio! Sei proprio candido come la neve" disse, spostandosi sul letto per baciarlo.
Le loro labbra si unirono in un istante fugace prima che Kyle spingesse via Brad "Perché? Per quale motivo penso sempre che le parole che escono dalla tua bocca, abbiano veramente un significato? "
"Oh Dio, sei serio" ribatté l'altro drammaticamente, gettandosi sul letto. "E' come uscire con uno di quei ragazzi di Star Trek!"
Kyle deglutì con difficoltà vedendo il modo in cui la maglietta di Brad aderiva al suo ampio petto, non aveva prestato attenzione alla battuta.
"Mi stai dando del secchione?" Chiese dopo un secondo.
"No. Se ti stavo dando del nerd, avrei detto nerd. Intendevo uno di quei ragazzi dalle orecchie a punta" chiarì Brad.
"I Vulcaniani?"
Ridacchiando insopportabilmente mentre guardava il ragazzo dai capelli biondi che aveva rubato il suo cuore, Brad concluse "No. I Nerd".
Kyle lasciò cadere il libro e si buttò sopra il suo fidanzato.

Le ultime settimane erano state difficili per loro due.
Dopo essersi rivelati di fronte a tutta la scuola, si erano trovati al centro dell’attenzione più di quanto avessero mai pensato vagamente. Foster, Texas, era una piccola città e la notizia che il battitore universitario della squadra di baseball stava uscendo con un altro ragazzo aveva fatto il giro di tutta la città in un nanosecondo. Pochissime persone che conoscevano non ne erano informate; come risultato, molte conversazioni si bloccavano immediatamente quando uno dei due entrava in una stanza.
Erano ancora a un mese di distanza dalla stagione di baseball, ma era ovvio che nessuno dei due sarebbe stato in grado di far funzionare le cose come una volta.
Non che nessuno dei due lo volesse davvero.
Dopo aver contratto un caso di timidezza terminale in età molto giovane, Kyle aveva trascorso gran parte della sua vita cercando di non farsi notare. Solo di recente, di fronte a Kelly Aimes, noto bullo della scuola, il suo dispositivo di occultamento aveva miseramente fallito e lui era diventato popolare a tutti. Era stato piacevolmente sorpreso di scoprire che quasi tutti lo conoscevano, anche se non gli avevano mai rivolto la parola. Più sorprendente, Kyle scoprì che la gente gli voleva bene.
Brad, ovviamente, sapeva benissimo di essere al centro dell’attenzione generale.
Era uno dei ragazzi più popolari della città, tanto più a scuola, aveva presto imparato le insidie di quelli che si fingevano “amiconi” e che poi gli voltavano le spalle. Intrappolato in una vita non gli piaceva, osannato come il ragazzo ideale, aveva trovato in qualche modo liberatorio, gettare la maschera e annunciare chi era veramente.
Ora tutti sapevano che era il ragazzo innamorato di Kyle. Non era sicuro di quello che sarebbe venuto dopo, ma sapeva che era il cammino che voleva percorrere.

Le cose erano allineate e sembrava funzionassero, se non ci fossero stati i voti scolastici di Brad.
Il Coach Gunn, che era anche il professore di storia della scuola, aveva già informato Brad che i suoi voti erano terribili e che se non fossero aumentati, Brad non sarebbe stato ammesso ai provini della squadra di baseball. Brad riteneva che non ci fosse niente di peggio della non ammissione al baseball. Il piano di portare la sua media alla sufficienza era stato il motivo originale della ricerca di Kyle, che sembrava essere come un computer quando si trattava di compiti scolastici. Come molte altre cose, il destino aveva piani diversi per loro due.
Brad sentì il corpo di Kyle rilassarsi contro il suo mentre stringeva le braccia intorno alla vita del suo ragazzo. "Sei così carino quando ti arrabbi," disse sorridendo, godendo così della vista dell’arrossarsi delle guance di Kyle per il complimento ricevuto.
"Non sono un nerd" protestò nascondendo il viso nel petto dell'altro.
"Sì, che lo sei," rispose Brad infilando le mani sotto l’onnipresente felpa grigia di Kyle e sentendo il calore della pelle nuda sulla punta delle dita. Kyle alzò gli occhi in segno di protesta e Brad aggiunse in un sussurro: "Ma sei il mio nerd".
I ragazzi si unirono in un bacio profondo e languido.

Brad poteva sentire il modo in cui l’altro rabbrividì mentre le sue dita risalivano leggere sulla sua schiena liscia. Con un rapido movimento, spinse il cappuccio della felpa di Kyle e lo infilò sulla sua testa. Amava il modo in cui i capelli del ragazzo si riempivano di elettricità statica della felpa e si alzavano in tutte le direzioni, gli passò le mani tra i capelli. "Sei così bello" disse con voce roca.

Kyle chiuse gli occhi quando sentì il suo corpo rispondere alle cure attente delle mani dell’altro adolescente. Brad era ben introdotto nei giochi di piacere, per Kyle invece tutta la conoscenza del soggetto veniva dai film e dalla televisione, non contando naturalmente quello che stava imparando da Brad. Era come se l’atleta dagli occhi verdi conoscesse dei pulsanti che Kyle non aveva ancora scoperto in se stesso e che scopriva ogni volta che avevano un po’ d’intimità.

"Abbiamo bisogno di studiare," affermò debolmente Kyle quando Brad lo attirò a sé e cominciò a mordicchiarlo sul collo.
"Va bene studiamo" disse Brad, dirigendo la sua attenzione all’orecchio più vicino di Kyle e cominciandolo a leccare "Sono tutto orecchi." La sua lingua percorse il padiglione intorno al bordo. Kyle rabbrividì nuovamente.
"Stai barando!" protestò.

"E tu sei troppo eccitato per smettere" ribatté Brad capovolgendo Kyle e bloccandolo contro il letto in un unico movimento. Kyle scrutò il volto di Brad, sul suo viso era caduta una frangia di capelli rosso scuro. Kyle tirò la stretta maglietta bianca di Brad sopra la sua testa, rivelando il suo muscoloso torso e i suoi forti addominali a tartaruga.
Una sottile catena d'argento cadde penzolando tra loro due. Alla catena era appesa una piccola rosa d’argento finemente cesellata, l'estremità dello stelo toccò il petto di Kyle.
"Perché una rosa?" chiese Kyle, facendo oscillare il piccolo fiore. Brad si chinò per baciarlo di nuovo, ma Kyle lo fermò. "Dico sul serio, Brad. Ogni volta che te lo chiedo, cambi argomento. Perché una rosa?"

Brad poteva vedere lo sguardo di determinazione negli occhi del suo ragazzo e sospirando si staccò da lui rotolandosi sul letto.

"Dio, certo che sai come rovinare tutto!"
Kyle si girò e si appoggiò sul petto di Brad "E tu odi parlare di te" replicò "Gli atleti in genere, sono degli egocentrici gran-cazzoni che parlano solo di se stessi. Dov'è finito il tuo senso di lealtà verso la casta degli sportivi? "
Brad inarcò un sopracciglio "E to lo sai che i nerd in genere, sono dei frigidi imbranati che fanno i salti ogni volta che hanno la possibilità di far sesso".
Kyle ignorò la battuta.

"La rosa?" chiese nuovamente.
"Dio, ti odio a volte" esclamò Brad, brontolando.

Gli occhi azzurri di Kyle rimasero puntati su di lui senza battere ciglio.
"Va bene, va bene!" disse, chiudendo gli occhi e cominciando a parlare.
"Avevo undici anni e stavo cercando di entrare nella squadra di rugby della città. Erano in testa alla classifica quell’anno e si permettevano di scegliere i ragazzi migliori. Non stava andando molto bene per me..."
Brad aveva fatto un sacco di calcetto coi ragazzi del quartiere, ma non era mai stato in una squadra vera prima di allora. Suo padre gli aveva detto che era l'età giusta per iniziare a giocare a calcio, anche se Brad non era d'accordo, ma non sentiva ragioni, e lo aveva portato di controvoglia.
Foster Park era un enorme campo sportivo costruito per i vari campionati collegati a una scuola superiore. Era pieno di decine di ragazzi che correvano avanti e indietro quel giorno, il campo sembrava più grande mentre Brad, al contrario, si sentiva piccolino.
I ragazzi avevano una divisa completa, caschi, rinforzi e tacchetti, mentre lui era vestito con una semplice t-shirt, dei jeans e le Converse ai piedi. L’idea che aveva di essere abbastanza bravo a giocare, venne affogata rapidamente in una palude di inadeguatezza quando vide gli altri ragazzi.
"Ora ricorda, vedi di non piangere quando cadi a terra. Sono alla ricerca di bambini piccoli" gli disse rudemente suo padre mentre attraversavano il campo verso un gruppo di stelle potenziali del rugby. "Cerca di essere un uomo e non un bambino".

"Papà, non mi sento bene", disse Brad, tirando il padre per la manica.
Il padre lo guardò duramente "Non-mettermi-in-imbarazzo ".
Brad lasciò andare la manica del padre come se stesse prendendo fuoco.
"Va bene. Tutti, ascoltate!" gridò l'allenatore dopo aver fischiato nel suo fischietto appeso al collo. "Allineatevi a bordo campo." Poi con voce più bassa, aggiunse "I genitori, si sentano liberi di prendere posto in tribuna."
"Ti dispiace se resto qui, Bob?" chiese suo padre invece di sedersi con gli altri adulti.
"Certo che no, Nate. Mi piace scambiare il parere di un professionista" rispose bonariamente l'allenatore. Poi si rivolse nuovamente ai bambini, urlando: "Cominciate a correre lungo il perimetro del campo!"
Brad rimase congelato mentre una dozzina circa di ragazzi cominciò a correre. Rimase piantato nel terreno, sotto lo sguardo sconvolto del coach. Nathan Greymark guardò direttamente suo figlio e urlò. "Muoviti! "
Brad partì in un colpo.

Un allenamento a metà pomeriggio sotto il sole d'agosto del Texas è nella top ten delle attività estenuanti per tutti coloro che cercano una sfida. Anche per un gruppo di ragazzi che sono cresciuti giocando nel caldo opprimente, un'intera sessione di rugby è sufficiente a spingere il ragazzo più atletico ai limiti della sua resistenza. Dopo un'ora, Brad si sentiva come se avesse fatto il bagno nella sua T-shirt sudata, che aderiva al suo corpo come una seconda pelle. Sì, aveva fatto il bagno e stava per annegare. Tutto il suo corpo era arrossato, e più o meno era conscio che stava per svenire da un momento all'altro. L'allenatore aveva avuto pietà di loro "patetici, fuori forma" e aveva concesso loro una pausa.
Dopo aver lasciato loro alcuni minuti autorizzandoli a bere tanta acqua quanto potevano buttare giù per la gola, l'allenatore fischiò due volte e gridò, "Giochiamo!"
Brad era abbastanza sicuro che non avrebbe mai potuto vederne la fine. Sarebbe schiattato a terra al primo inning.
"Alzati! "Suo padre gli urlò da qualche parte sulla sinistra. Brad lentamente si alzò dall'erba, non aveva idea di quello che suo padre avrebbe potuto fare se non si fosse rimesso in piedi.
Il mondo si inclinò non appena si mise diritto. La sua testa agì come se fosse collegata ad un'altra persona. I suoi piedi barcollarono leggermente e si sentì cadere all’indietro. Si guardò alle spalle e vide un ragazzo più alto che lo aiutò a rimanere in piedi. "Continua a camminare," mormorò il ragazzo "La vertigine passerà."
Brad seguì il consiglio e annuì, continuando a camminare verso il punto di raccolta della squadra. Il ragazzo aveva ragione. Superò la vertigine dopo pochi secondi, anche se a Brad sembrava comunque che la sua testa fosse di tre taglie più grande. "Stai bene?" Chiese il ragazzo, incerto se Brad fosse in grado di gestire la cosa.
"Penso di sì" rispose Brad, cercando di concentrarsi. "Grazie."
"Benvenuto all'inferno," disse il ragazzo con un sorriso che mancava di un dente davanti. "Sono Kelly" aggiunse mentre correva via.

"Brad!"
"Cosa?" Chiese ridacchiando.
"E' stato così che hai conosciuto Kelly?" chiese Kyle con voce scioccata.
Nel frattempo erano scesi al piano di sotto, rovistando nel frigorifero mentre parlavano. Brad aveva tirato fuori un pezzo di pane e annuì. "Cosa pensavi che l’ho conosciuto sotto un cavolo?"
Kyle brontolò sottovoce "Non pensavo."
Brad mise il pane sul bancone e aprì il frigorifero, alla ricerca di formaggio o di affettato. "Sai, non è sempre stato un cazzone." Si fermò per un momento pensandoci sopra. "Beh, forse lo è stato, ma non con me."
"Qualcuno ha mai fatto il cazzone con te?" chiese Kyle convinto in una risposta negativa. Brad era grande e grosso, pochi si permettevano di fare battute su di lui. In verità, nessuno.
Brad sporse la testa fuori dal frigorifero con uno sguardo serio sulla sua faccia "Sì, mio padre."
Così passo la sua prima giornata di allenamento.

L'unica cosa di cui Brad era fiero fu di riuscire a non vomitare come avevano fatto un paio di altri ragazzi. Oltre a questo, si sentiva come se avesse la testa piena di ovatta e il corpo di gelatina. Quando l'allenatore lo mise nel ruolo di quarterback, perse la ricezione di ogni pallone. Cercava di non piangere mentre zoppicava fuori dal campo verso suo padre.
"Sali in macchina," fu tutto ciò che gli disse l'uomo.
L'unica nota positiva sul silenzioso ritorno a casa, fu che il suo provino era stato così grossolanamente terribile da essere fuori pericolo per quanto riguardava la sua preoccupazione nella pratica del rugby. In realtà a Brad non piaceva il gioco più di tanto. Gli sarebbe piaciuto giocare a baseball, ma suo padre aveva insistito per i Pop Warner.
Suo padre rimase in silenzio per l’intero percorso, il che aveva solo peggiorato i pensieri nefasti di suo figlio. Brad aveva fatto una scoperta, la rabbia di suo padre era meno forte se gli urlava contro. Se l'uomo urlava, era un segno sicuro che non era poi così importante nel lungo periodo.
La quiete non poteva che essere un segno di tempi più bui. Era più pericolosa dell’urlata isterica.
Brad non era mai stato così stanco prima, si addormentò in macchina mentre tornavano lentamente a casa. La sua mente riprodusse le immagini dal giorno, non quelle dei ragazzi che lo avevano affrontato durante le schermaglie, ma quella di suo padre, vestito in uniforme completa della squadra del college, mentre gli urlava in faccia tutta la sua rabbia. Lo sguardo di odio selvaggio sul volto dell'uomo e l'incapacità di Brad di uscire da quell’incubo lo accompagnò durante tutto il tragitto, fino a quando si svegliò con un sussulto spaventato.
I suoi genitori erano in piedi al di fuori della vettura, nel bel mezzo di un'altra discussione, l'ultima di una lunga serie di discussioni. Solo due cose contavano per mamma e papà. La prima era la necessità di mantenere l'illusione che tutto ciò che riguardava i Greymark era perfetto, la seconda era quella di risultare di moda e di superare in astuzia l’antagonista. Brad non si mosse, cercando di sentire quello che suo padre sussurrò - o meglio - urlò a sua madre.
"...Sai cosa ho dovuto fare per farlo entrare in squadra oggi?"
In squadra? In squadra? Brad sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena quando sua madre rispose.
"Ha in mente che forse non voleva giocare a rugby?"
"E 'un ragazzo!" La voce dell'uomo si fece più forte per un momento, poi si guardò intorno e l’abbassò. "E' un maledetto ragazzo. Non mi interessa quello che vuole fare. Ha bisogno di fare sport. "
"Sì, perché Dio non voglia che il nostro figlio arriva a fare qualcosa perché lo vuole, invece di avere tutta la sua vita dettata da Nathan-Vaffanculo- Greymark, cazzo."
Brad si sconvolse sentendo le parolacce di sua madre. Mamma era sempre stata la persona che cercava d’impostare e mantenere una sorta di coerenza. Coerenza per lei significava regole; sentirla rompere la regola fondamentale per quanto riguardava il linguaggio volgare ("Quando avrai imparato tutte le parole del linguaggio inglese, potremo discuterne con calma") era come vederle uscire i fulmini dalle dita dei piedi.
"Se avessimo fatto a modo tuo, saremmo tutti seduti ad aspettare che lo chiamino ai provini e a perdere tempo, vero?"
"Se avessimo fatto a modo mio, credimi, non avresti fatto una cosa del genere" lo corresse con freddezza.

Non aveva bisogno di puntare per chiarire chi era quella prima persona plurale utilizzata da suo marito.

"Lui non sei tu" aggiunse dopo pochi secondi fissandolo piena di rabbia "E grazie a Dio per questo” mormorò, voltandosi verso la macchina.
"Non lascerò che lo trasformi in un cocco di mamma" le disse il padre mentre lei apriva la portiera dal lato del passeggero e slacciava la cintura di sicurezza.
"E io non ti consento di fare di lui uno spreco amaro e distrutto di un uomo".

Prese Brad con un grugnito e chiuse la porta con il piede. "Non voglio che finisca per essere te".
Gli occhi di Brad rimasero chiusi fingendo di dormire, ma poteva immaginare l'espressione di suo padre mentre fissava con rabbia sua madre.
Sentì che sua madre lo portava in casa e su per le scale poi lo lasciò cadere sul letto. Dopo pochi secondi, la sentì sussurrare "Puoi aprire gli occhi".
Brad socchiuse un occhio aperto e vide sua madre che gli stava sorridendo.

"Lo sapevi?" le chiese, mettendosi a sedere.
Lei annuì. "Sì, mi sono svegliata ora, con tuo padre, ho tenuto gli occhi chiusi per troppo tempo".

Gli lisciò la frangia e chiese: "Allora ti sei divertito?"
La frustrazione e la delusione dell'intera giornata si precipitarono nuovamente sul ragazzino e improvvisamente la gola gli si chiuse per l'emozione. "Non posso farlo, mamma!" le disse, abbracciandola.
Lei lo abbracciò e gli baciò la schiena sudata e i capelli sporchi sulla parte superiore della testa.

"Era tutto negativo?" Lui annuì senza alzare gli occhi.

"Niente di buono, per niente?" Un altro cenno.

"Sei sicuro? Non riesci a trovare niente di buono di quello che hai fatto oggi? "
Brad si calmò e ci ripensò un poco sopra, prima di rispondere. "Ho incontrato un tipo tosto."
"Ti sei fatto un amico?" chiese incoraggiante.
"Il suo nome è Kelly" rispose Brad, ricordandosi improvvisamente del suo nuovo amico.
“Be', vedi? Non è stato poi così tutto male" commentò.

Quando fu chiaro che Brad non la stava prendendo bene, lei gli sorrise e si allontanò un poco.

"Ti ho mai raccontato di questo?" gli chiese, prendendo la catena dal collo.

Sua madre aveva indossato la collana da prima che potesse ricordare. In ogni fotografia in casa, in tutte le immagini nella sua memoria, c’era questa piccola rosa d’argento appesa al suo collo. Egli toccò il fiore mentre lei continuava a parlare. “Tua nonna mi ha dato questo ciondolo dopo che sei nato. Tuo padre era tornato in città e ci eravamo appena sposati quando lei mi ha dato questa rosa".
"Che significa?" chiese Brad, quasi ipnotizzato dal pendaglio d'argento.
"La rosa è il simbolo di Santa Rita, la santa dell’impossibile" gli spiegò.
"L'impossibile?" domandò con gli occhi spalancati per la meraviglia.
"Io non so tutta la storia, ma è più o meno così. Una volta apparve in una chiesa anche se le porte erano tutte chiuse e tutti dormivano. Dio l'aveva portata nel punto in cui doveva essere. Era impossibile, ma non lo era".
"Forse era come Nightcrawler degli X-Men!" Brad esclamò. "Si era teletrasportata in una nuvola di fumo!"
Lei rise e scosse la testa. "No, questo era un dono di Dio. Significa che Lui sapeva dove lei aveva bisogno di essere".
Rimasero in silenzio per qualche istante prima che Brad esclamasse: "Io non voglio giocare a calcio."
“Lo so” rispose tristemente "Ma è importante per tuo padre."
Brad incrociò le braccia sul petto in segno di protesta. "Allora che vada a giocarci lui!"
Sua madre scoppiò in una risata, la sua risata era contagiosa e Brad sentì il suo cipiglio si trasformò in un sorriso.

"Allora facciamo così" gli suggerì "Prova per un anno, a giocare con il tuo amico e vedere come va. Se, dopo questa stagione, ancora non ti piace, allora puoi abbandonare".
"E posso giocare a baseball?" chiese speranzoso.
"Puoi giocare a tutto quello che vuoi" disse con un sorriso malinconico. "Nel frattempo, se pensi di non farcela, se sei in campo e senti che non riesci e ti sembra impossibile riuscire, voglio che tu preghi con questo" Gli mise la catenina intorno al collo.
"Pregare Santa Rita?" disse appena la ebbe al collo.
"Pregare per l'impossibile" rispose la mamma, sistemando la catenina e infilando la rosa nella camicia. "Pregare che tutto si risolva per il meglio".
La catena era lunga e lui la sentiva pendere sulla pancia.
"Mamma, tu sei riuscita ad essere dove avevi bisogno di essere?"
Lei gli strinse il viso tra le mani, una lacrima scese dai suoi occhi.
"Si, certo".
"Per l'impossibile" le disse, toccando la rosa.
Lo trascinò in un abbraccio, mentre stavano lì, a pregare per l'impossibile in silenzio.

Kyle sentì i suoi occhi bruciare per le lacrime mentre guardava Brad tenere la rosa tra le dita. Si asciugò gli occhi e gli disse: "Non sapevo che fossi religioso".
Brad alzò lo sguardo, confuso. Per un attimo, lo guardò come se avesse dimenticato che Kyle era lì con lui: "Non lo sono" rispose dopo un attimo.
«E allora perché la indossi ancora?"
Brad ripose la rosa con cura. "Bene. Primo, Santa Rita è la patrona del baseball".
Kyle inclinò la testa di scatto: "Cosa?"
Brad lo fissò a bocca aperta. "Hei, non hai mai visto “I ragazzi vincenti"?”
Kyle scosse la testa e Brad sospirò. "Baby, hai un sacco di cose da imparare".
Il biondo gli diede uno schiaffetto e Brad ridacchiò.
"La porto più per mia mamma. Non sapevo perché mia nonna gliel’aveva data fino a quando ho dovuto fare una relazione su Santa Rita".
"Perché? Non capisco".
Brad abbassò lo sguardo "Lei non è solo la santa patrona dell’impossibile, lei è la patrona delle donne vittime di violenza, di problemi coniugali, e..." La sua voce si ruppe, cominciando a piangere.
"...E delle madri. E' la santa patrona delle madri. "
Kyle si mosse istintivamente e mise le braccia intorno a Brad, tirando l'altro ragazzo in un abbraccio fortissimo. "Grazie."
Brad tirò su col naso contro la spalla di Kyle. "Per che cosa?"
"Per avermi insegnato qualcosa su di te" disse Kyle. "Per la condivisione."
Brad guardò in quegli occhi blu come se il suo ragazzo avesse detto "ti amo".
Kyle sentì il cuore saltare un battito quando gli venne ricambiato il sorriso. "Vedi? Sta funzionando".
Brad lo guardò confuso.
"Perché se qualcuno mi avesse chiesto il mese scorso se avrei mai sentito dire da Bradley Greymark che mi ama, avrei detto che era impossibile".

Brad sorrise e rispose "Io penso che in me funzioni per un motivo completamente diverso".
"Cosa intendi?" chiese Kyle.
"Perché sono esattamente dove dovrei essere."

Kyle trovò "impossibile" non baciare Brad. E infatti lo fece.

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