mercoledì 24 settembre 2014

LA NATURA NON SBAGLIA MAI



 

“Stupide vecchie tradizioni!” si lamentò Hans allacciandosi i legacci di cuoio del farsetto di camoscio chiaro. Il celeste dei suoi occhi si incupì in una smorfia indisponente.

“Smettila di brontolare” lo ammonì la madre bonariamente, “Hai compiuto i venticinque anni e devi prenderti le tue responsabilità”.

“Se la mia responsabilità è quella di sposarmi una donnetta popolana e sfornare un moccioso dopo l’altro, preferisco di gran lunga scappare da casa e girare per il mondo, mamma. Sai come la penso in fatto di donne”.

La madre sospirò tristemente, avrebbe voluto un figlio con molti meno problemi, ma era l’unico che la dea le aveva concesso di avere e lo amava profondamente, anche se non era propriamente conforme alla maggioranza della gente.

Hans non gliela diede vinta e continuò: “Questo è già il settimo anno di seguito che partecipo alla celebrazione di Triberg e, visto che la dea non mi ha ancora trovato una compagna, credo che sia bene a conoscenza di come la penso, non è vero?”

Triberg era un piccolo villaggio arroccato nel cuore delle montagne della Schwartzwald, la Foresta Nera. Ogni anno i ragazzi e le ragazze in età di matrimonio, erano obbligati a partecipare alla festa d’inizio della stagione estiva. Le sacerdotesse della dea Nerthus, che vivevano nei pressi delle cascate del paese, intercedevano presso la loro divinità con un rito legato alla terra e alla fertilità, unendo così le coppie di giovani che avrebbero poi formato i nuovi nuclei famigliari sotto la sua sacra benedizione.

La donna gli passò la giacca che aveva appena finito di rammendare: “Parteciperai anche quest’anno, Hans Peter Ploner! E anche i prossimi anni a venire, fino a che dea non troverà la ragazza che fa per te. Pensa a tuo cugino Juergen, è andato avanti dodici anni prima di trovare la sua giovane moglie Rosamunde. Tanto che ormai non ci sperava più. E invece ora vivono felici e contenti come due colombelle”.

Hans dovette desistere, quando la madre lo chiamava con il suo nome completo, era segnale che aveva raggiunto il limite. Sbuffò sonoramente, si mise il cappello sulla testa sistemandosi le lunghe ciocche ribelli di capelli biondi e uscì da casa: “Io comincio a incamminarmi, mamma. Tu vieni con la zia. Ci vediamo su”.

Prese la torcia resinosa dal barile accanto all’ingresso della casa e si avviò per il sentiero. Passò davanti alla casa della sorella di sua madre che stava facendo rientrare le galline nel pollaio e le lanciò un saluto, dicendole che la madre l’avrebbe raggiunta a breve. Infine si lasciò le ultime case del villaggio alle spalle e si inerpicò per l’erto sentiero che portava al nucleo abitativo delle sacerdotesse di Nerthus, attraversando il ponticello di legno che scavalcava il fiumiciattolo proveniente dalle cascate. Superò parecchie persone con la sua lunga falcata. Quando raggiunse la radura molta gente era già seduta attorno alla grande fascina di legna che sarebbe stata accesa da lì a breve. I giovani e le giovani in età erano al centro proprio attorno al falò, più indietro e lontani c’erano i famigliari e gli spettatori, genitori, fratellini e sorelline, giovani e anziani. Tutti loro avevano una piccola lanterna accesa a formare una corona di luce attorno ai pretendenti. Hans prese posto su uno dei tronchi dove erano seduti gli uomini e si mise in paziente attesa guardandosi intorno.

C’erano molte ragazze, qualcuna anche molto carina e vestite tutte con abiti molto graziosi e civettuoli. Gli uomini erano un po’ inferiori di numero e quasi tutti belli grandi e grossi a indicazione del lavoro di montagna che svolgevano e che li aveva irrobustiti e rafforzati. Conosceva buona parte dei ragazzi e delle ragazze che erano presenti e per questo si concentrò di più sulle persone che non conosceva, visto che, se tutto fosse andato bene, la dea avrebbe fatto una scelta per lui su una di esse, dato che era il settimo anno consecutivo che partecipava senza essere scelto. Presto però si stancò di guardare quelle ragazze rubiconde e si soffermò a notare i ragazzi. La sua attenzione fu catturata da un giovane ragazzo con una lieve peluria di barba sul mento, probabilmente aveva appena compiuto l’età matura. Aveva un viso angelico ma la mascella squadrata, sorrideva estasiato a quella scena che per lui sembrava fosse nuova. I suoi occhi nocciola risaltavano sulla pelle bianchissima del suo volto incorniciato da riccioli selvaggi color ruggine. Il cuore di Hans ebbe un sussulto, non aveva mai visto un ragazzo tanto bello. In quel mentre il giovane si voltò verso di lui e notò che lo stava osservando, immediatamente gli sorrise con cortesia mostrando una schiera di denti bianchissimi. Hans gli sorrise di rimando e sostenne lo sguardo su di lui e l’altro arrossì violentemente, poi abbassò gli occhi.

Le ombre cominciarono a scendere sul bosco. Lontano si sentiva il rumore delle cascate che scorreva sulle rocce erose diffondendo il profumo del muschio silvestre. Un corno risuonò nella notte. I musicanti cominciarono a suonare, la lenta processione delle sacerdotesse uscì dalle mura che circondava il gruppo delle loro abitazioni e scese verso la radura. Al suono dei flauti e delle cetre, le donne, avvolte nei loro scuri mantelli rituali, si aprirono a ventaglio: una a destra, l’altra a sinistra e così via, fino a disporsi in cerchio dietro i giovani pretendenti. L’ultima della fila era la somma sacerdotessa, che avrebbe impersonato la dea Nerthus quella notte. Quando anch’essa si fu disposta assieme alle sorelle, la musica cessò e fu acceso il fuoco al centro dell’assemblea. A un cenno della dea, i giovani accesero le loro torce attizzandole dal falò. Le sacerdotesse si calarono i cappucci ed i mantelli rivelando i loro corpi nudi fino alla cintola. Essendo la dea della fertilità, la dea sceglieva sempre ancelle di grande bellezza. I loro seni turgidi e prosperosi si ergevano sodi, le fiamme centrali percorrevano la pelle unta dei loro torsi riflettendo la luce calda e sensuale su quelle superfici morbide.

La fiamma crepitava nel silenzio tombale dell’assemblea.

“Giovani di tutti i villaggi di Schwartzwald” esordì la sacerdotessa con voce stentorea “siete giunti alla festa del Crepuscolo della dea Nerthus per celebrare l’unione sacra dei vostri corpi e ripopolare la vigna della nostra Signora e del suo sposo Njördr, che dai flutti marini raggiunse la sua sposa sulla cima delle nostre montagne e popolare la terra della loro stirpe valorosa. Voi figli di Nerthus e Njördr siete chiamati ad unirvi nel sacro vincolo nuziale e proseguire così l’opera voluta dai nostri avi”.

La donna fece una pausa teatrale e fece alzare tutti i pretendenti, poi aprì le braccia indicando a due fanciulle di portare le urne dove erano riposti i gettoni che necessitavano al rituale; una si recò dalla parte delle ragazze, l’altra verso quella dei ragazzi. In questi contenitori erano riposte delle icone di diversi materiali e colori che rappresentavano elementi dei tre Regni della natura. Mentre la somma Sacerdotessa e le accolite intonavano le litanie propiziatorie e il falò illuminava la radura affollata, le ragazze passarono dai giovani e fecero scegliere i gettoni ai contendenti. Quando il coro delle preghiere scemò, il silenzio scese nuovamente sulla scena.

“Figli miei, mostrate la scelta che è stata fatta per voi allungando il palmo della mano verso le mie sorelle”.

L’ancella passava chiedendo il nome alla ragazza che mostrava la sua icona tra le dita, che quasi tremavano per la trepidante attesa, poi nominava la rappresentazione che era stata raccolta dall’urna. La prima giovane aveva un gettone di legno sul quale era dipinto un fiore arancione.

“Gwillerth: la Calendula” declamò la sacerdotessa.

L’altra ancella controllò se qualcuno dei giovani aveva la stessa icona sul palmo della mano. Non trovandone riscontro, si voltò verso la ragazza e con aria dispiaciuta le comunicò: “Diletta Gwillereth, la dea non riconosce in questi giovani il tuo sposo, dovrai ritornare nuovamente l’anno prossimo”. Gwillereth sospirò e si spostò tra le file degli spettatori.

La prima delle sacerdotesse passò alla successiva: “Annike: la libellula”. Sul gettone di legno era dipinto il delicato insetto che si vede spesso lungo i fiumi.

L’altra donna trovò un giovane che aveva lo stesso simbolo e gli chiese il nome. “Diletta Annike, la libellula ti ha portato a Hugh, figlio di Oleg” disse entusiasta.

La somma sacerdotessa sorridendo loro, allungò le mani verso i due giovani che immediatamente si staccarono dalle fila e la raggiunsero. “Annike e Hugh, la dea ha benedetto la vostra unione, che la felicità di Nerthus e Njördr scenda su questo nuovo legame”.

Il rituale riprese, mentre i due giovani appena accoppiati si spostavano tra la folla per riunirsi alle loro famiglie.

“Isolde: la pietra di giada”. La giovane aveva una gemma verde tra le mani.

“Diletta Isolde, la giada ti ha guidato ad Adalwin, figlio di Eowin”, confermò l’ancella.

Ancora una volta la somma sacerdotessa benedì la nuova coppia con la preghiera rituale e si passò alla successiva pretendente che aveva il simbolo di un fiore sul suo gettone: “Franziska, il Dente di Leone”. Malauguratamente per lei nessuno dei ragazzi aveva lo stesso simbolo e la giovane dovette tristemente ritornare dai famigliari.

La successiva fanciulla era una matrona altissima e rubiconda, quasi una gigantessa. Era la figlia dell’oste di Triberg. Hans la conosceva bene e sperò proprio che la dea non lo scegliesse per accoppiarsi con la grassona.

“Theolinde: l’orso” annunciò la religiosa. Un mormorio percorse la folla e ci fu qualche risatina di scherno. La dea aveva il senso dell’umorismo a quanto pareva.

Hans sospirò di sollievo, tra le sue mani c’era una pietra di lapislazzuli.

L’altra ancella scoprì il simbolo sul palmo della mano di un giovane che aveva la stazza di un taglialegna, grande e grosso, con una barba folta e due spalle enormi: “Diletta Theolinde, l’orso ti ha scelta per Gerbrand, figlio di Faustus”. I due giganti erano raggianti, formavano proprio una coppia ben assortita, un duo decisamente non conforme ai dettami della bellezza comune ma che erano perfetti l’uno per l’altra. Non c’era dubbio, la dea Nerthus non falliva una scelta: la natura non si sbaglia mai.

Andò avanti così per un po’ fino a che rimase una sola giovanetta, magrolina e sparuta con due occhi da cerbiatto che parevano spaventati.

“Lizabeth, il giglio” fu la sentenza dell’ancella. La sua sorella controllò le icone di Hans e dell’altro ragazzo e sbiancò in volto. Si riprese quasi subito schiarendosi la voce: “Diletta Lizabeth, la dea non riconosce in questi giovani il tuo sposo, dovrai ritornare nuovamente l’anno prossimo”. La fanciulla sospirò di sollievo, era decisamente spaventata. Anche Hans fece un sospiro di sollievo e guardò l’altro ragazzo che non era stato accoppiato a nessuno. Era il ragazzo coi riccioli color ruggine che aveva notato all’inizio della cerimonia.

“Figli e figlie di Nerthus e Njördr” cominciò la somma sacerdotessa per chiudere la celebrazione.

La sua consorella la interruppe immediatamente: “Signora, abbiamo una nuova coppia qui, formata dalla dea” nella sua voce c’era una sorta d’incredulità.

“Che intendi dire, Gerdi?” chiese la donna.

“Entrambi questi giovani hanno in mano il lapislazzuli”.

Hans e l’altro ragazzo si guardarono attoniti. Il biondo non aveva dubbi, se la dea aveva benedetto la loro unione, sarebbe stato ben felice di obbedirle. Quel giovane dai capelli rossi lo aveva colpito fin dal primo momento che l’aveva guardato. Gli sorrise guadagnandosi un altro sorriso in cambio e un graziosissimo rossore di gote che imporporò il volto dell’altro ragazzo.

“Non è possibile!” esclamò lei scandalizzata “La dea non può unire due persone dello stesso sesso, quale sarebbe il risultato di una coppia così assortita? Non certo la fertilità”. Le parole della somma sacerdotessa non lasciavano dubbi, non poteva essere una cosa realmente fattibile.

Dal coro delle sacerdotesse si alzò una donna, molto anziana, forse superava la novantina o anche il centinaio di anni. Era curva nella figura, tutta rugosa e con la pelle imbrunita come cuoio a causa del passare inesorabile del tempo. Si avvicinò alla sua superiora e chiese il permesso di parlare. La Madre annuì e la vecchia si voltò verso la folla:

“Sono Melusine, per chi ancora si ricorda di me, forse solo i più anziani ricorderanno che sono stata somma sacerdotessa quando ancora la nostra amata superiora Margarete, qui presente, non era ancora nata”, disse facendo cenno alla badessa. Ci fu un mormorio tra la folla ma la vecchia non ci fece caso e continuò: “Se le mie consorelle avranno il piacere di controllare nelle scritture storiche, durante gli anni del mio mandato, in una celebrazione della festa estiva, la dea scelse una coppia formata da due donne: Tatjana e Rikarda”. La folla mormorò in assenso. “So per certo che quest’ultima e deceduta da poco, ma Tatjana è ancora viva”.

Una donna si fece strada tra la gente assiepata davanti al falò, quando fu davanti a Melusine l’abbracciò affettuosamente, la vecchia le sorrise: “Questa è Tatjana, moglie di Rikarda per tanti e tanti anni”.

“Trentadue per la precisione” confermò la donna con la voce rotta dalla commozione.

Melusine cominciò a raccontare: “Quando vennero scelte Tatjana e Rikarda, la dea aveva già in mente il suo disegno su di loro. Sapevo che non avrebbero potuto avere figli propri, ma riconoscendo il fatto che Nerthus non può mai sbagliare, io benedii la loro unione chiedendo loro di prendersi cura di tutti i figli orfani che erano nella Schwartzwald. Cosa che hanno fatto egregiamente come due madri naturali, hanno avuto più di venti figli presi tra gli orfani di tutta la valle: l’ultima ha solo due anni!” La gente ascoltava attenta, nella radura non si sentiva nemmeno un brusio. La vecchia continuò: “Ora sappiamo che la consorte di questa donna, ha terminato la sua esistenza sulla terra. Io credo che la dea Nerthus, nella sua grande saggezza, abbia scelto una nuova coppia per prendersi cura dei figli orfani della nostra valle. Per questo motivo, chiedo formalmente, e umilmente, alla mia superiora di benedire l’unione di questi due ragazzi”.

La gente applaudì entusiasta, urla e cenni di assenso si alzarono da parte di tutta la popolazione presente. La somma sacerdotessa sorrise ai due ragazzi e fece un cenno di assenso alla sua consorella che chiese ai due giovani il loro nome.

“Hans Peter, figlio di Ploner e Klaus, figlio di Kaspar; il lapislazzuli vi ha condotti l’uno all’altro” esclamò la ragazza.

La somma sacerdotessa li fece avvicinare e poi chiese a Melusine di prendere il suo posto. La donna inchinò il capo con obbedienza e si pose tra i due giovani che sorridevano felici: Hans Peter e Klaus, la dea ha benedetto la vostra unione, che la felicità di Nerthus e Njördr scenda su questo nuovo legame. Il vostro amore sia santo e vicendevole perché non c’è benedizione più grande di quella dell’unione della dea. Oggi abbiamo contemplato che la natura non sbaglia mai!”

Un boato di esclamazioni di gioia si alzò nella valle di Triberg, quella notte. I nostri giovani ebbero tantissimi bambini, più di quelli di Tatjana e Rikarda. Non per merito loro, ma per la guerra che falciò tante vite umane negli anni a venire. Tanti orfani trovarono una famiglia e due papà che li seppero amare con devozione e responsabilità, come se fossero stati veramente figli loro.

16 commenti:

  1. Accidenti, non sbagli un colpo tu!
    Matrimonio gay, adozione, pubblico e gioioso riconoscimento. I temi scottanti che ti stanno a cuore affrontati con arguzia e la solita delicatezza. Un bel racconto lungo, per la mia gioia e quella dei tanti che ti apprezzano, scritta con la solita maestria. Bella l'ambientazione, splendide le descrizioni. Bravissimo Eagle, grazie.

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  2. Ciao Gaetana, bravo il nostro Eagle vero? Hai letto i precedenti? Li pubblica ogni mercoledì: buona lettura, se ti va|

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  3. Grazie Silva.

    Gaetana, grazie anche a te. Mi fa piacere che ti sia piaciuto il racconto e sono felice di leggerti sul mio blog. Come sono solito dire quando leggo qualche commento di un nuovo visitatore, benvenuta in casa Eagle, mettiti comoda e prendi qualcosa... un caffè? Un tè?

    Ammetto che il racconto piace anche a me. Ognuno è una storia a sè e tutti sono miei figli però ce n'è qualcuno al quale mi affeziono più di altri. Questo si è accaparrato un buon posticino anche se il mio preferito è "Un paio di calzini di lana" seguito a ruota da "Vento fra i rami". Chissà se un giorno riuscirò a trovare una casa editrice che me li pubblica...

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  4. Un bellissimo racconto come sempre caro Eagle...
    Un'ambientazione a metà tra un lontano passato di antichi riti e un mondo fantastico...belle le descrizioni, accurate come sempre..
    Mi e' piaciuta molto l'idea di questa cerimonia nella quale unire anime gemelle ....
    E la possibilità data a tanti orfani di poter avere una vera famiglia...commovente....
    Bravo Eagle, so che sono monotona ma ...anche oggi mi hai fatto emozionare!


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  5. Grazie tesorino, mi sa che per un po' di tempo vi lascerò senza racconti. Devo decidermi a chiudere il libro altrimenti rischio che venga fuori l'enciclopedia Treccani... :)

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    1. Senza i tuoi racconti del mercoledì anche se solo per un po' come facciamo noi che siamo le tue più accanite sostenitrici?!?!

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  6. No no no... scherzi?
    Più scrivi, più puoi scremare e inserire nel libro i migliori... Un paio di calzini lo ricordo benissimo, l'altro titolo non mi riporta purtroppo ad alcun racconto...
    Tornando al prodotto odierno, ti dirò che questo genere ti "esce" bene. Da quando è nata la Druida Silva si è aperto un canalone nella tua vena creativa.
    Fa piacere che la presenza femminile, pur non essendo tra gli attori principali, non ti "spaventi" più tanto e le fai assumere anche ruoli importanti.
    Mi esprimo anche sull'adozione di minori: sono sempre stata convinta che i bambini orfani o in stato di affidamento, necessitino di una figura ferma ed importante. Non importa che questa venga ravvisata in una coppia etero, una non etero oppure in una singola persona. Non vi è alcuna certezza che un uomo ed una donna possano crescere figli "perfetti", privi di problematiche di alcun genere.
    Mi fermo qui, altrimenti diventerei troppo polemica...

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  7. Si, li leggo sempre, e vergognandomi un po devo dire che alcuni mi hanno commosso fino alle lacrime..( che figura)! Meno male che non ci conosciamo! Non smettere per favore!

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    1. Gaetana, posso dirti che non sei l'unica a commuoverti...il nostro Eagle sa toccare le corde giuste quando scrive...!

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  8. Grazie Alice, sono contenta di essere in buona compagnia . leggere è la mia passione e i racconti del padrone di casa mi piacciono molto. Buonanotte a tutti.

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    1. Anch'io amo leggere da sempre...i libri sono magici per me....
      Buonanotte anche a te, Gaetana...

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  9. Devo dire che mi fa piacere se qualche volta vi scappa qualche lacrimuccia. Spero che sia romantica e di felicità. Vuol dire che son riuscito a toccarvi le corde del cuore e questo è senza dubbio un bellissimo complimento per me. Grazie davvero.

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    1. Tesoro... solo chi ha cuore riesce a toccare quello degli altri :-)

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  10. Provare emozioni è la cosa più bella del mondo... riuscire a farle provare, ancora meglio.
    Quindi sei doppiamente meritevole... troppi uomini si vergognano ad esternarle

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