Mi svegliai nel cuore della notte al chiaro della luna e delle stelle. Il fuoco del nostro campo riluceva ancora delle braci sotto la cenere. Guardai verso il giaciglio di Hubert e notai che era vuoto. Sussurrai il suo nome, chiamandolo. Un gufo bubolò nella notte al mio richiamo. Scostai le coperte e mi alzai guardandomi intorno. La foresta era silenziosa. Anche se era già molto caldo per essere la fine di marzo, indossai tutti i miei vestiti, non potevo sapere quanto avrei dovuto avventurarmi nella notte, per trovare Hubert.
Non avevo paura di camminare nella foresta. Il mio Maestro mi aveva insegnato a non temere nulla durante la celebrazione dell’equinozio. Pensando che avesse sete e fosse andato ad abbeverarsi, presi il sentiero che portava al ruscello. Grazie alla dea Selene, la notte era chiara e vedevo molto bene la strada. Quando fui nei pressi del fiume, notai il chiarore di un fuoco su una spiaggetta naturale; a monte, dove il corso d’acqua formava una curva sinuosa. Facendo molta attenzione mi avvicinai furtivamente. Quando arrivai sul ciglio della foresta, dove gli alberi cominciavano a diradarsi, mi fermai e rimasi immobile, intimorito dalla visione che potevo scorgere attraverso il fogliame: il fuoco ardeva scoppiettando tra alcuni rami secchi di abeti resinosi, potevo sentirne il profumo anche da quella distanza. Le fiamme danzavano illuminando le sagome degli alberi sull’altra riva e la parte posteriore dell’ampio, magnifico corpo nudo di Hubert.
Feci inconsapevolmente un passo in avanti, attratto da quella visione.
Il Maestro Inclinò la testa alla sua destra, dopo aver sentito lo schiocco del ramo che avevo calpestato: "Rainer, torna al nostro campo", mi ordinò con un grugnito.
"Cosa stai facendo?" chiesi. La mia voce sembrò infantile persino alle mie orecchie.
"Torna indietro, subito. Invoca i tuoi chakra, oppure torna ai tuoi sogni, ragazzo. Il tuo spirito non è ancora pienamente sviluppato. Dobbiamo attendere la sua realizzazione" nella sua voce c’era una vena di ironia. Era tutto il giorno che mi stava trattando male, alternando un atteggiamento di sufficienza a quello d’ironia che rasentava l’offesa. E quando non lo faceva, rimaneva in silenzio senza neanche rivolgermi la parola. Non capivo questo suo repentino cambio di umore e mi dava fastidio ancor di più perché non lo comprendevo.
“Potrei sapere il motivo di questo tuo astio improvviso nei miei confronti, Maestro?” domandai arrabbiato, percorrendo velocemente i pochi passi che mi distanziavo dal falò improvvisato.
Hubert non si voltò. Le fiamme giocavano sulla pelle nuda della sua schiena, mettendo in evidenza tutti i suoi muscoli, dalle gambe fino alle spalle ampie. Teneva le braccia conserte sul petto, rivolto verso il fiume. Non mi rispose. Passai lo sguardo sul suo corpo muscoloso, la schiena perfettamente scolpita che si restringeva armoniosamente sui fianchi, i glutei rotondi e le gambe leggermente divaricate come due querce ancorate al terreno.
“Ti ho fatto una domanda, Hubert” continuai imperterrito “Mi hai sempre spronato a chiedere, mi hai detto che avresti sempre risposto alle mie domande. Anche a quelle più stupide. Ricordi?”
Alzò la testa verso il cielo, forse annoiato o forse cercando una muta richiesta di aiuto alla luna. I suoi capelli neri catturarono la luce delle lingue di fuoco, infiammandosi del loro riverbero. Non c’era altro rumore se non quello dell’acqua che scorreva tra i sassi, nel suo inarrestabile cammino verso il nostro lontano villaggio.
La mia rabbia e la frustrazione cominciarono a rimontarmi dentro, chiamai a me l’energia che avevo intorno inglobandola tra le mani come mi aveva insegnato il Maestro, la luce viola della magia cominciò a crepitare tra le mie dita.
“Smettila immediatamente” urlò Hubert.
Non mi fermai e continuai a invocare la forza chiamandola in prestito alla dea Eostre.
“Smettila, Rainer!”
Gliela scagliai addosso, esasperato.
Si piegò a lato in una mossa elegante, aprì le grandi mani e con l’incantesimo di contro-magia la bloccò, i bicipiti si gonfiarono sotto la spinta naturale del mio lancio. La sua potente energia gialla inglobò la mia sfera di luce e la strinse tenacemente, imbrigliandola drammaticamente al suo interno, schiacciandola sempre più e riducendola di dimensione. Poi, semplicemente, la spense.
Si raddrizzò nuovamente con movimenti felini, questa volta girandosi verso di me. Il fuoco lo illuminò senza pudore. Tutto il suo corpo era esposto al mio sguardo. Lo divorai con gli occhi.
“Sto… sto aspettando una risposta” balbettai. E non era per paura.
Sbuffò ironicamente: “Sei uno sciocco, Rainer. Sai che quell’incantesimo da quattro soldi non mi avrebbe fatto nulla”.
“Non volevo farti del male” dissi, alzando lo sguardo con aria di sfida. In effetti la mia vista stava godendo, troppo e solamente, del suo corpo esposto, soprattutto della sua mascolinità che ciondolava invitante tra le sue grandi cosce.
Raccolsi altra energia e innalzai una magia di sbarramento per evitare che se ne accorgesse. Quando fui sicuro, la scagliai contro di lui e questa volta lo colpii al petto. Era volutamente un colpo fioco, non volevo davvero fargli del male: probabilmente non se l’aspettava perché sbarrò gli occhi, poi sorrise crudelmente: “Il piccolo scorpione vuole mordere, eh?”.
“Potrei farti anche più male, Maestro” ammisi “ma non è mia intenzione. Dimmi perché mi stai trattando male da tutto il giorno” chiesi ancora.
Lo colpii nuovamente, questa volta sulla coscia che piegò involontariamente.
“Mi stai facendo arrabbiare, ragazzo” la sua voce era bassa e ringhiante.
“Dimmelo!” esclamai, colpendogli la spalla. Cercavo di cambiare ogni volta bersaglio, perché non si aspettasse il colpo successivo.
“Ora basta!” mi intimò. Sapevo che se l’avessi veramente fatto arrabbiare, avrebbe potuto farmi male seriamente, ma ero deluso e offeso dal suo comportamento. Io adoravo Hubert, amavo tutto del mio maestro. Sia la parte spirituale ed esoterica che quella umana e materiale.
Ah, si! Anche e soprattutto la sua parte carnale e sessuale. Ma non potevo confessarglielo.
Lo guardai con rabbia e lanciai l’ultimo colpo che andò a vuoto, poi m’inginocchiai a terra e cominciai a singhiozzare: “Ti odio” sussurrai, poi alzai sempre più la voce, in un crescendo fino ad urlare “Ti odio, ti odio, ti odiooooo!” La foresta echeggiò del mio grido. La mia voce si spense in un sussurro rotto dalle mie stesse lacrime.
“Di tutti i miei allievi sei il più dannatamente stupido” disse aprendo le mani a coppa e raccogliendo l’energia attorno a lui. “Sei il più cocciutamente testardo”. Ora era veramente arrabbiato. “Il più caparbiamente ostinato”. Puntò le sue mani verso di me e mi sentii sollevare. Le mie braccia e le mie gambe si distesero aprendomi totalmente, come se fossi su un'invisibile croce di Sant’Andrea. Ero totalmente vulnerabile alla sua ferocia e volteggiavo a mezzo metro da terra. “Il più irremovibile e incorreggibile”. Cercavo di lottare per liberarmi dalla stretta della sua magia ma la sua forza era troppo resistente. “Il più irriducibile testone”. Improvvisamente con un colpo di mano mi attirò verso di lui, il mio corpo si curvò all’indietro per la forza della spinta. Mi aspettavo un dolore allucinante però atterrai su di lui, nel suo abbraccio robusto e morbido. “Ma anche il più adorabile di tutti”.
Sbattei gli occhi per quel repentino cambiamento, poi mi resi conto che ero tra le sue grandi braccia e aderivo al suo corpo nudo tanto desiderato. I suoi muscoli erano intorno a me e mi attanagliavano in una dolcissima morsa.
“Stupido, stupido, stupido testone” cantilenò dolcemente al mio orecchio. “Non ti sei mai reso conto che ti desideravo da sempre? Che cercavo di stare lontano da te per non farti del male. Ma quello che mi ha fatto male sei stato tu, dicendomi che mi odi”.
Le sue labbra baciarono il mio collo e poi il viso, deponendo una scia di baci lungo il suo cammino. Piegai indietro il capo, esponendo il mio collo perché potesse continuare anche lì. Affondai i miei occhi nei suoi, le fiamme del falò si riflettevano nelle sue pupille scure. E poi le sue labbra furono sulle mie, voraci, fameliche ma così tremendamente morbide.
Quando si staccò da me gli sorrisi: “Mi sembra una buona risposta alla mia domanda” poi gli deposi un bacio sulle labbra. Sentivo la sua erezione sfregare contro la mia, mossi le anche per farglielo notare, guadagnandomi la sua risata profonda.
Quando le sue risa si estinsero nel profondo del suo petto, appoggiò la sua fronte sulla mia: “Adesso lo sai testone!” esclamò in un sospiro. Mi baciò una tempia ed io appoggiai la testa sulla sua spalla robusta, sospirando di felicità.
Nella foresta era tornato il silenzio, solo l’acqua continuava a gorgogliare passando tra le pietre. Restammo abbracciati per un po’, accarezzai la sua pelle calda e morbida godendo dei suoi muscoli d’acciaio che mi stringevano dolcemente.
Sospirai: “Ancora una cosa…” cominciai cercando di non tradire il mio riso.
“Cosa vuoi, ancora?” mi chiese burbero ma divertito.
“Non ti sembra che abbia addosso un po’ troppi vestiti?”
Leggere un racconto e trovarsi dentro alla storia. "Sentire" i rumori, vedere le luci, odorare profumi e odori acri del fumo, La sensazione tattile dei piedi nudi su di un terreno aspro, il freddo della notte. Il sentimento di rabbia, confusione misti a desiderio, curiosità. Poi il bonus: il racconto. Credo di averti fatto capire quanto l'ho apprezzato. Chi riesce a suscitare così tante emozioni sa scrivere. Molto bene per me. Grazie Eagle per l'emozione di stamattina, mi porti via un pochino ogni volta, ed il ritorno è più leggero.
RispondiEliminaWow! Che fantastica recensione stellina mia adorata!
RispondiEliminaDopo quello che ha scritto Silva credo non ci sia altro da aggiungere, sono completamente d'accordo con te amica mia...
RispondiEliminaSaper suscitare in chi legge emozioni simili non e' da tutti...
Anch'io mi sono sentita trasportare dentro la storia e mi sembrava quasi di vedere accadere quello che stavo leggendo...
Grazie anche da me Eagle per il tuo racconto così bello...
Grazie tesorino.
RispondiEliminaApprezzo molto i vostri commenti. Gloria ha trovato una critica molto costruttiva che mi ha fatto piacere ricevere per poter spiegare un anacronismo che sembra trasparire da queste poche righe. La cito in completo perché apprezzo ogni commento:
"Vedo cuginetto che ti dai al fantasy ultimamente... benissimo direi!
Mi permetto di farti pensare ad un particolare... il racconto mi sembra proiettato nella notte dei tempi, quindi l'accenno alla croce di Sant'Andrea mi sembra fuori tempo, non la croce in sé, ma il Santo che a quel periodo non avrebbero sicuramente conosciuto...
Sicuramente avrai avuto i tuoi motivi per piazzarla lì..."
In effetti, sembrerebbe proprio assurdo piazzare la croce di Sant'Andrea se si pone il racconto in un'epoca antecedente al racconto. La mia idea era quella di impostarlo storicamente tra la religione dei celti (richiami alle dee antiche) e alle prime missioni cristiane (San Patrizio, apostolo in Irlanda). In quell'area e in quel periodo di transizione tra le due religioni, quella antica politeistica e quella nuova monoteistica. Forse non ci son riuscito...
Sappiate che ogni commento per me è molto importante e lo apprezzo sempre. Grazie per il vostro sostegno.