mercoledì 19 giugno 2013

DOPO MEZZANOTTE



Enrico doveva ammetterlo, Paolo aveva organizzato una bella festa. Si alzò il colletto e allungò il passo. L'aria era frizzante ed egli riconosceva una nuvola di pioggia quando ne vedeva una, anche se era passata la mezzanotte e faceva buio come la pece. Le stelle erano sparite dietro le nuvole e sentiva il profumo della pioggia imminente.

Per far prima, prese il sentiero che lo avrebbe portato attraverso il parco. Si sarebbe risparmiato un po’ di strada e magari sarebbe arrivato prima che la pioggia cadesse. Lo scricchiolio dei suoi passi risuonava forte sulla ghiaia del viale, mentre si affrettava lungo la scorciatoia verso il suo appartamento.

Quando attraversò la luce fioca del lampione che illuminava la zona del picnic udì una voce: "Hey! Sei Enrico, vero? "

Non riconobbe la voce, ma si fermò e si voltò verso il punto in da cui proveniva. Una figura oscura entrò nella luce. Enrico non riconobbe l'uomo. Fece un passo indietro e guardò in entrambe le direzioni lungo il sentiero. Vuoto. Merda. Come faceva quell’uomo a conoscere il suo nome?

L'uomo parlò di nuovo: "Sì, sei tu. Eri alla festa di Paolo".

Enrico sospirò di sollievo. Paolo conosceva quel ragazzo. Ora che ricordava, lo aveva visto in precedenza alla festa. Enrico se n’era andato poco dopo il suo arrivo.

"Come fai a sapere il mio nome? Non ci hanno presentati."

L'altro sorrise: "L’ho domandato a Paolo."

"Si?"

"Già."

"Perché?"

"Pensavo fossi carino."

Carino? Che cazzo. "Carino" non era esattamente quello che si sarebbe aspettato. Il ragazzo alzò un sopracciglio, in attesa che Enrico parlasse.

"Paolo non me l’ha detto."

"Gli ho detto io di non farlo."

Perché? A quanto pare l'espressione sul volto di Enrico fece la domanda per lui perché lo sconosciuto si mise a ridere e poi aggiunse: "Volevo farti una sorpresa."

"Una sorpresa? Qui? In questo fottuto parco del cazzo? Come fai a conoscere Paolo comunque e come ti chiami?"

"Sono Diego, lavoro con Paolo, e calmati amico, non mordo… be’, a meno che non sia quello che ti piaccia."

'Amico' anche questo appellativo strideva un poco, come il 'carino' di poco prima. Comunque Enrico trovò che Diego fosse proprio interessante, molto più che ‘carino’.

"No, non mi piacciono i morsi" chiarì immediatamente.

Accidenti Diego aveva un sorriso da schianto.

"Allora, cosa ti piace?"

"Non certo i ragazzi che mi fermano in un parco del cazzo a mezzanotte. Temo che sia uno scenario che non mi è mai capitato prima".

"Peccato. E 'divertente".

"Non dico che non lo sia. Solo che non mi è mai capitato prima”.

"Dunque possiamo passeggiare un poco insieme?" Diego inclinò la testa, e fece un cenno verso il buio.

Merda. Diego era un amico di Paolo. Però...

A quanto pare la sua esitazione non passò inosservata: "Prometto che non ti mordo".

"Che ne dici di strangolare o pugnalare? Non mi piacciono neanche queste cose…"

"Gesù! Non ho portato un curriculum, ma puoi chiamare Paolo, se vuoi."

Fanculo.

"Non importa, va bene, andiamo."

Enrico cercò di essere fiducioso mentre si avvicinavano. Diego gli prese le mani e si chinò verso il suo orecchio sussurrando: "Non te ne pentirai di questo, Enrico. Ci penserai... rivivrai la scena nella mente... ma non te ne pentirai".

La voce di Diego gli fece correre un brivido lungo la schiena, nonostante l’afa opprimente della pre-tempesta. Il richiamo di un potenziale pericolo era inebriante, pur sapendo in fondo in fondo, che a causa dell’amicizia tra Diego e Paolo era al sicuro. Diego strinse la mano di Enrico e lo condusse attraverso l'area del pic-nic, quando raggiunsero il tavolo di legno si piegò raccogliendo qualcosa da terra.

Ai margini di un piccolo boschetto di alberi, appena fuori dal cerchio di luce, Diego si fermò, si voltò e fece un inchino.

Che cosa...?

Si raddrizzò di nuovo, e sorridendo, gli allungò un fiore. Di tutte le cose, proprio un cazzo di fiore… Nessuno gli aveva mai dato un fiore prima di allora.

"Grazie."

Enrico prese il fiore e lo annusò. Fu probabilmente un errore da aggiungere al sovraccarico sensoriale che gli fece andare in corto circuito il cervello, ma era come ipnotizzato.

Diego si avvicinò e baciò dolcemente le labbra di Enrico mentre le punte delle sue dita percorrevano la linea del suo mento.

"Te l'avevo detto che non mordo".

Enrico sorrise: "Potrei non sollevare obiezioni per un bocconcino o due."

Diego si mise a ridere e lo tirò verso gli alberi "Bene. Lo terrò a mente".

Si fermarono a pochi metri da lì, appena oltre la linea degli alberi, Enrico si trovò tra le braccia di Diego, stretto contro il tronco di un albero. Non riusciva a vedere nulla, ma poteva sentire il corpo dell’altro uomo contro di lui, assaggiando il sale sulle labbra di Diego, che gemeva e stringeva i fianchi contro quelli di Enrico. Sentì l’evidenza della passione attraverso i jeans e contraccambiò la stretta per far capire all’altro che ne condivideva l’ardore.

"Enrico" mormorò Diego serrando la bocca sulla sua guancia.

La gamba di Enrico avvolse le gambe di Diego. Il bacio si intensificò e scoprirono l’uno il sapore dell’altro. L’erezione di Enrico doleva come se non avesse mai sperimentato quella sensazione prima.

Poi improvvisamente cominciò a piovere. Una pioggia fitta come se avessero aperto lo scroscio di una doccia. Corsero tenendosi per mano cercando un riparo. Raggiunsero la casa di Enrico ed entrarono nell’androne, zuppi di pioggia.

Ridendo si abbracciarono nuovamente e le loro labbra si unirono fameliche.

"Ti vedrò ancora?" domandò Enrico quando si separarono ansimanti.

"Certo che si!

"Bene”.

“Ti chiamo io".

Diego si allontanò da lui tendendo la mano fino al possibile, le dita intrecciate non volevano staccarsi dalla mano dell’altro. Poi corse via, sotto la pioggia nella notte.

Enrico sospirò e annusò nuovamente il suo fiore mentre saliva le scale verso il suo appartamento.

Aveva appena aperto la porta di casa quando il telefono gli vibrò nella tasca. Chi cazzo chiama a quest’ora? Si chiese. Guardò il display del telefono: numero sconosciuto. Premette il tasto di chiamata: "Sì?"

"Enrico?" la voce aveva un tono allegro "Ehi, sono Diego. Ho chiesto il tuo numero a Paolo. Ti va di uscire con me domani?".

Enrico guardò il suo riflesso nello specchio dell’anticamera, un sorriso affiorò immediatamente sul suo volto.

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