giovedì 4 ottobre 2012

L'ATTESTATO DI APPARTENENZA

COLORO CHE SONO IN COMUNIONE CON DIO, NON NECESSARIAMENTE APPARTENGONO ALLE ISTITUZIONI RELIGIOSE.
Dal Blog “Diversidad Cristiana” (Spagna)
liberamente tradotto da me

Giovanni gli disse: «Maestro, noi abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo vietate, perché non c'è nessuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e subito dopo possa parlar male di me. Chi non è contro di noi, è per noi. Chiunque vi avrà dato da bere un bicchier d'acqua nel nome mio, perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa.

Il racconto evangelico di Marco, ha un suo correlato nel libro dei Numeri:

Il SIGNORE scese nella nuvola e parlò a Mosè; prese dello Spirito che era su di lui, e lo mise sui settanta anziani; e appena lo Spirito si fu posato su di loro, profetizzarono, ma poi smisero. Intanto, due uomini, l'uno chiamato Eldad e l'altro Medad, erano rimasti nell'accampamento, e lo Spirito si posò su di loro; erano fra i settanta, ma non erano usciti per andare alla tenda; e profetizzarono nel campo. Un giovane corse a riferire la cosa a Mosè, e disse: «Eldad e Medad profetizzano nel campo». Allora Giosuè, figlio di Nun, servo di Mosè fin dalla sua giovinezza, prese a dire: «Mosè, signor mio, non glielo permettere!» Ma Mosè gli rispose: «Sei geloso per me? Oh, fossero pure tutti profeti nel popolo del SIGNORE, e volesse il SIGNORE mettere su di loro il suo Spirito!»

L’atteggiamento di Giosuè è molto simile a quello di Giovanni. Entrambi ritengono che esista una specie di esclusività in colui che Dio sceglie per la sua missione. Giosuè è convinto che solo gli anziani riuniti nella tenda del convegno, meritino lo spirito profetico per guidare il popolo. Giovanni ritiene che solamente il gruppo degli apostoli di Gesù, possa agire in nome di Gesù.
Sia Giosuè che Giovanni, non comprendono che ogni persona che lavora per la pace e la giustizia, l’equità e la solidarità, contro la discriminazione e l’esclusione, influendo positivamente sulle altre persone, debba essere considerato un profeta.
Sia Giosuè che Giovanni, non comprendono che l’appartenenza al “gruppo profetico” nel caso del libro dei Numeri e al “gruppo apostolico” nel caso del Vangelo di Marco, è comunque un dono gratuito. Tutti quanti noi, veniamo elevati per i nostri meriti come anche per la pura grazia di Dio.

Il Vangelo di Marco, ci permette di intuire che la comunità destinataria del suo vangelo, sapeva di essere emarginata, era cosciente di esserlo, tuttavia, correva il rischio di essere esclusivista: “non è dei nostri” (verso 38).
Certe volte, come comunità cristiane, cadiamo nell’esclusivismo, crediamo che, in quanto siamo questa o quella chiesa, dobbiamo avere diritti riservati solo a noi per poter parlare e agire nel nome di Dio. Per questo motivo, difendiamo un’esclusività che nessuno possiede, generando così divisioni ed allontanamenti, scandalizzando gli altri e presentando un’immagine meschina di Dio.
Dio è più grande di ogni chiesa e di ogni religione. Dio può chiamare chiunque ritiene che possa avere la capacità di costruire il Regno. Una vocazione che si caratterizza nel lavorare sulla costruzione di relazioni più umane, più giuste, più solidali, in modo che tutte le persone raggiungano i diritti e la dignità che gli è propria.
Mosè conclude dicendo: “fossero pure tutti profeti nel popolo del Signore! (verso 29) e Gesù: “Chi non è contro di noi, è per noi” (verso 40), entrambe le affermazioni sono categoriche nella vocazione della costruzione del Regno senza esclusività per nessuno. Quindi, la lezione di oggi è quella che, coloro che sono in comunione con Dio non appartengono necessariamente a delle istituzioni religiose.
Buona settimana a tutti quanti.
+ Julio.
XXVI domenica del Tempo ordinario

Nessun commento:

Posta un commento