martedì 2 ottobre 2012

ESSERE PADRE

Articolo di Lautaro Bustos Suárez tratto da AG Magazine (Argentina), 17 giugno 2012 liberamente tradotto da me.


Afferma Adrian Barreiro, psicoloco, specializzato in famiglie omoparentali: “Essere papá e gay al giorno d’oggi implica essere dei pionieri e gettare le basi, culturalmente parlando, per le nuove generazioni di genitori”.
Festeggiare la festa del papà per AG Magazine è pensare ai molti modi in cui possiamo vivere la paternità come uomini omosessuali, e soprattutto sfruttare l’idea, e la concezione, di essere papà e gay. Nessuno nasce sapendo come essere padre, nè gli etero nè i gay, ma come dice Barreiro, “per le persone eterosessuali la possibilità di riferirsi ai modelli di famiglia etero potrebbe essere un dato di fatto, quasi incosciente”.
Talvolta, per noi, conoscere le storie di vita di altri uguali a noi (o differenti) ci può aiutare a pensarci come padri, Javier Guentes vive a Buenos Aires nel quartiere di Monserrat in un appartamento luminoso e spazioso.

Sono quasi tre anni che ha deciso di lasciare l’impiego che lo vedeva come programmatore di sistemi e dedicarsi pienamente in qualcosa che lo affascina e che secondo lui gli ha cambiato la vita: la fotografia. “Oggi ho uno studio fotografico, Fuentes2Fernández, assieme a Nico, il mio compagno e socio di questo sogno che avevo”.

Come festeggi il giorno del papà?

Posso raccontarti alcuni dei festeggiamenti passati …  Svegliarsi tra le lenzuola e trovare un caffelatte fumante, il profumo di pane tostato nella casa, un bambino che ti guarda con occhi giganteschi da dietro il vassoio, un augurio di “buona festa del papà” e un abbraccio … gli anni sono passati, cambiano un po’ le sorprese, e crescono le dimensioni delle braccia che ti stringono, ma la cerimonia si ripete più o meno ogni volta alla stessa maniera. Poi l’abbraccio si ripete con il mio vecchio, con i fratelli, gli amici e gli altri padri…

Com’è composta la tua famiglia?

Oggi ci sono diverse cerchie di familiari che compongono la mia famiglia: Julián, mio figlio, e Nico, il mio compagno, che sono i vincoli quotidiani e diretti (senza dimenticare Jude e Olivia, due personaggi un po’ felini che convivono con noi e che gestiscono e amministrano la casa). Inés, la mamma di Juli e pilastro importante della mia vita, mia sorella con la quale conviviamo ora. Gli altri fratelli che mi hanno riempito di nipotini meravigliosi, i miei genitori.  Ada y Mariel… famiglia affettiva e adottata come se fosse la nostra.

Qual è il regalo che hai ricevuto per la festa del papà?

Stavamo camminando in via Corrientes tornando a casa infreddoliti e passando di fronte alla cioccolateria che hanno aperto a Paraná, Juli si è fermato davanti alla vetrina e ha deciso che una barretta di cioccolato artigianale sarebbe stato il miglior regalo. Lo abbiamo sgranocchiato mentre continuavamo la nostra passeggiata, visitando librerie. E’ stata una scelta perfetta.

Come ti senti ad essere padre e omosessuale?

E’ un dato aneddotico, un tratto in più della mia personalità. Non è nè l’unico nè il più importante. Non è facile ma non è neanche un impedimento. Quando Juli aveva 3 anni mi separai dalla madre. Un processo interiore abbastanza complesso che mi portò ad affrontare la mia identità sessuale e a cercare di viverla in pienezza. Fu un punto di partenza per poter raggiungere l’accettazione.
In quel momento fu complicata la coesistenza di questo processo con il ruolo di padre. C’erano timori personali e anche degli altri, che uno deve affrontare per poter prepararsi a vivere nel presente e a promuovere sè stesso, e da lì cercare di condividere al meglio l’uno e l’altro.
Prendere il futuro come una sfida e sapere che, per ottenere ciò che desideri creare e costruire, hai gli strumenti e il potere di fare le cose nel miglior modo possibile. Essere padre di Juli è stato senza dubbio una delle cose più belle e onorevoli che mi sono successe nella vita. Sono stati il motore e l’impulso, e continuano ad esserlo ancora.

Qual è stato il tuo percorso di vita  nel momento in cui hai deciso di diventare padre e come si combina con una identità sessuale diversa?

Nel mio caso personale, diventare papà fece parte di un processo nel quale non so se fui, o fummo, tanto coscienti della decisione. Una mattina ci siamo trovati di fronte allo specchio del bagno dove era appoggiato un test di gravidanza che mi stava avvisando che le cose sarebbero cambiate drasticamente da quel momento in poi. Non c’è stata una pianificazione, fu la parte di un ciclo naturale.
Quando decidemmo di continuare su due strade separate, e io di affrontare la mia identità sessuale, sono apparse le molte paure, i timori effettivi del trovarsi di fronte all’ignoto, dopo tanti anni di repressione interna. Ho avuto l’onore di avere qualcuno che seppe comprendere e accompagnarmi nel suo ruolo di madre e darmi lo spazio necessario affinché il vincolo fosse sano e buono.
In quel momento sentii che perdevo alcune cose che mi ferirono parecchio. La vita di tutti i giorni, la condivisione quotidiana, ma fu qualcosa che abbiamo imparato a costruire da due posti differenti. Con amore, sempre. Però come dicevo al principio, se ti rendi conto di questa storia, credo che queste stesse parole potrebbero essere quelle di un qualunque padre o madre che deve lasciare il proprio figlio, a seguito di una separazione o di un divorzio.
Non credo che l’identità sessuale debba essere un fattore differenziale nel trattare con i figli. Juli me lo ha già confermato da poco più di due anni quando ho affrontato una conversazione con lui. Una chiacchierata che sentivo di dover affrontare affinché il nostro legame fosse totalmente franco e diretto come doveva essere.

Nel mezzo del discorso mi ha interrotto e mi ha detto: “Papi, già lo so… l’ho sempre saputo, ma questo non cambia nulla per me. Sei il mio papá e ti voglio bene per quello che sei”.
Poi ho capito molte cose, ma soprattutto mi sono reso conto che non servono a nulla le pianificazioni o le preoccupazioni, che bisogna sfruttare e vivere nel presente, essere autentici e accettare la vita e lavorare nella soddisfazione e nella gioia.

Come vedi la situazione attuale per quanto riguarda la paternità degli uomini omosessuali? Quali sarebbero secondo te le cose da cambiare?

La società si trova in un processo di cambiamento meraviglioso. Con tutto il vai e vieni del nostro presente, abbiamo un’occasione unica: i cambiamenti più grandi promossi dal collettivo LGBT a livello nazionale già sono un dato di fatto. Credo che la sfida più grande sia sicuramente nel processo di riconoscimento dei diritti, di dare la visibilità alle diversità delle famiglie che compongono la nostra società e prendere la questione della sessualità dei genitori e dei bambini come qualcosa di determinante.
In definitiva l’amore è lo stesso, il vincolo, il legame, gli affetti sono gli stessi. Smettiamola di vedere tutta la comunità, come diceva giustamente Osvaldo Bazán nel suo libro: l’omosessualità in fondo, non è niente. Possiamo essere dei buoni o dei cattivi genitori essendo etero, bisessuali, lesbiche, gay o trans.

Credo che il giorno in cui potremo smettere di fare distinzioni, elimineremo le etichette e tutti avremo gli stessi diritti, sarà il giorno in cui saremo realmente di fronte all’eguaglianza completa.

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