martedì 9 aprile 2013

LA LEGGENDA DI MISURINA


C'erano una volta un papà e una bambina.La bambina si chiamava Misurina e il papà si chiamava Sorapis. Papà era un gigante, e Misurina una cutrettola piccina piccina, che poteva benissimo stargli nel taschino del panciotto, eppure che volete mai? Quella cutrettola piccina piccina poteva a suo agio prendere a gabbo quel papà grande come una montagna. E' la sorte che tocca ai papà troppo buoni con le bambine che non meritano nessuna bontà.
-Ma è tanto bellina! - diceva Sorapis quando la moglie lo rimproverava dell' indulgenza eccessiva che aveva per la sua figlioletta.
- Ma è tanto piccolina.-
Ma è questo, ma è quello, per una ragione o per l' altra, babbo Sorapis si lasciava sempre prendere per il naso e non se ne accorgeva neppure.
E Misurina cresceva frizzante come il pepe, per la disperazione altrui. Al castello di babbo Sorapis tutti la fuggivano come la terzana, uomini di corte e valletti di camera, dame di compagnia e donne di cucina, ma la terzana salta addosso anche se la fugge, non è vero? E Misurina faceva altrettanto. Quando meno si pensava a lei, ella combinava i tiri peggiori, e quei poveretti ne avevano sempre qualcuna da narrare al re.
- Sire, Misurina mi ha rubato la parrucca.-
- Mi ha nascosto il fodero della spada. -
- Mi ha accecato il cavallo col sale. -
- Ha tagliato la coda al mio destriero. -
- Oh! Oh! - sbuffava Sorapis tentando invano di fare la faccia seria. - Questo è grave, vediamo un po’, bisogna trovare un rimedio, non è vero? Ma la bimba è tanto piccolina! Bisogna scusarla.
- Sire, Misurina mi ha versato l' inchiostro nel caffè.
- Ha rubato i crostini imburrati.
- Ha . . .
- Figliuoli miei, abbiate pazienza - diceva Sorapis - lo so , lo so, non è piacevole bere il caffè con l'inchiostro, né restare senza crostini, ma la poverina è tanto vivace!
- Sire - dicevano le dame - Misurina ci calpesta lo strascico.
- Ci rovescia la cipria.
- Ci ruba il profumo.
- Ci . . .
- Signore mie,- gemeva Sorapis - Misurina è un po’ monella, ma è tanto una cara bambina! Rimedieremo, non è vero? Rimedieremo.
Ma non rimediava pover' uomo. Anzi la piccola, crescendo, diventava più insopportabile.
Che desideri poi! E che pretese! Le avessero portato la luna, ella avrebbe alzato le spalle dicendo: "Tutto qui?"
Bella roba! per me altro ci vuole!"
Ma queste erano rose, Il suo difetto più grande era la curiosità.
Una bambina cosi curiosa non la si sarebbe incontrata in tutto il mondo. Voleva sapere tutto, voleva vedere tutto voleva avere a sua corte e il suo regno sulla punta delle dita. Avrebbe voluto, se possibile, leggere nell' anima della gente.
- Bazzecole! - le disse un giorno la nutrice - per una signorina come lei, adorata dal suo babbo come si adora il sole, tanto ci vuole ad avere lo specchio tuttosò.
- Veh! - esclamò la bimba facendosi rossa per l' emozione - e cos'è questo specchio?
- Uno specchio dove basta specchiarcisi o farci specchiare qualcuno per saper tutto quel si vuol sapere di lui o di lei.
- Oh! - mormorò Misurina - curioso! E come posso averlo?
- Lo domandi al suo papà che tutto sa.
E Misurina andò dal babbo tutta saltellando come un passero.
-Papà - cominciò a gridargli prima di giungerli accanto - devi farmi un regalo.
- Se posso, gioietta.
- Si che puoi.
- E allora sentiamo.
- Prima giura che me lo farai.
- Non posso giurare se non so di che regalo si tratta -
Allora Misurina incominciò a piangere e a disperarsi e a profondersi in moine per trarlo di senno, quel povero papà, e il poverino a consolarla e a promettere sospirando.
- E va bene, ti giuro che qualunque sia il regalo che tu vuoi, io te lo farò -
E allora Misurina battendo le mani gli schicchera il suo desiderio.
- Voglio lo specchio tuttosò.
Sorapis impallidì.
- Tu non sai ciò che mi chiedi, figliuola.
- Si che lo so.
- Ma non sai che lo specchio appartiene alla fata del Monte Cristallo?
- E che mi importa? Glielo comprerai.
Sorapis sospirò.
- O glielo ruberai.
- Senti, Misurina . . .
- L' hai promesso, papà, l' hai giurato, papà.- E quel demonio di figliola riprese a piangere e a sospirare e a rotolarsi per terra.
- E se non mi porterai quello specchio, io morirò.
Morire Misurina! Figuriamoci! Il povero papà si mise in testa la corona, vestì il mantello di ermellino,
prese lo scettro a mò di bastone, e si avviò. Cammina, cammina, camminò poco perché la fata abitava a due passi da lui, proprio di fronte, e non appena giunse al castello, bussò.
- Avanti - disse la fata che sedeva nella sala del trono, insieme con le sue damigelle. -Chi sei e che cosa vuoi?
- Sono Sorapis e voglio lo specchio tutto so.
- Corbezzoli! - rise la fata - solamente?come se si trattase di fragole.
- Oh, fata, fatina non ridere; se tu non me lo dai la mia bambina muore.
- La tua bambina? E che ne sa dello specchio tuttosò? A che le serve?come si chiama questa bimba?
- Misurina - rispose il re.
- Ah ah! - disse la fata - la conosco di fama. Le sue grida giungono fino a me quando fa i capricci, e questo è un capriccio ben degno di lei. Va bene, io ti darò lo specchio, ma a un patto.
- Sentiamo - accondiscese il re.
- Vedi quanto sole batte da mattina a sera sopra il mio giardino?
- Vedo - rispose Sorapis
- Mi brucia tutti i fiori e mi dà noia. Mi ci vorrebbe una montagna a gettarmi un po’ d'ombra; ecco bisognerebbe che tu, grande e grosso come sei, ti contentassi di trasformarti in una bellissima montagna. A questo patto ti darei lo specchio tuttosò.
- Oh!oh!oh! - disse Sorapis grattandosi l' orecchio e sudando freddo.
- Prendere o lasciare - disse la fata.
- Ebbene, che vuoi farci? Se altra via non c'è . . . Dammi lo specchio - sospirò il poverino.
La fata trasse da uno scrigno che aveva a portata di mano un grande specchio verde e glielo porse, ma poiche si avvide che il povero Sorapis era diventato smorto, ebbe pietà di lui, e gli disse:
- Facciamo una cosa; capisco che tu non hai troppo desiderio di trasformarti in una montagna, ed è naturale, ma d'altra parte hai paura che la tua bambina muoia se non mantieni la promessa che le hai fatto.
- Parola di re deve essere mantenuta - gemette Sorapis.
- Si, si, ma io al tuo posto le avrei dato qualche scappacione; così si guariscono i capricci; però, come ho detto, facciamo una cosa. Tu ritorni al tuo castello e dici alla bimba la condizione per cui può venire in possesso dello specchio; se ella ti vuol bene rinuncia a possederlo per non perdere il suo papà, e tu mi rimandi lo specchio,e se no, e se no . . .io non ne ho colpa.
- Sta bene, - rispose il re - tante grazie e a rivederci. - Tant' era sicuro di mandarle lo specchio.
E ripartì.
Misurina lo aspettava, seduta sullo spalto più alto del castello e non appena lo vide:
- Ebbene, - gli gridò - me l'hai portato?
- Eh si te lo portato - ansimo il poverino grondando sudore; e presala in mano per parlarle meglio, le riferì l' ambasciata della fata del Monte Cristallo. Misurina battè le mani.
- E' solamente ciò? Dammi pure lo specchio, papà, e non pensarci. Diventare una montagna deve essere una bellissima cosa. Anzitutto non morirai più, poi ti coprirai di prati e di boschi e io mi ci divertirò.
Il poveretto impallidì, ma tanto valeva, la sua condanna era stata decretata. Non appena Misurina ebbe afferrato lo specchio, Sorapis si ampliò si ampliò, gonfiò, parve lievitasse nel sole, si impietrò, e in un attimo diventò la montagna che ancora oggi sorge di fronte al Monte Cristallo.
Misurina trovatasi ad un tratto innalzata a quell'altezza prodigiosa, sulla cresta di una montagna bianca e nuda, dove a poco a poco gli occhi di suo padre morivano, gettò un grido terribile, e, presa da capogiro, col suo specchio verde precipitò giù.
Allora dagli occhi semispenti di Sorapis, incominciarono a scendere lacrime, lacrime, e lacrime fino a che gli occhi si spensero e le lacrime non piovvero più.
Con quelle lacrime si è formato il lago sotto cui giacciono Misurina e lo specchio, e in quel lago il Sorapis si riflette.

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