mercoledì 10 aprile 2013

UNA FESTA DI CONGEDO

Come al solito mi ero offerto per il servizio in cucina ed ero davanti al lavandino, cantai con Teresa per circa un'ora. Stonammo le canzoni di Ramazzotti e della Pausini, due dei nostri beniamini. I numerosi bicchieri di vino consumati, mi avevano finalmente dato alla testa. Quando finimmo il repertorio, cominciai a raccontarle della mancanza di attrazione chimica che c'era stata, o meglio non c'era stata, con la persona che avevo incontrato due sere prima. Lei era costantemente alla ricerca di un uomo da farmi portare a letto.
"Persino baciarlo non è stato bello" le raccontai.
"Baciarlo non è stato bello?" mi domandò sbalordita.
Catturai un movimento nella stanza e girai il viso incrociando lo sguardo dell’indiscusso amore della mia vita, Francesco: il mio ex. "Hei!" lo salutai sorridendo "Pensavo te ne fossi andato".
La festa per il congedo militare di Michele, ossia del fratello di Teresa, aveva imperversato per tutta la giornata e si stava spegnendo finalmente alle nove di sera. La gente aveva cominciato ad andarsene già da un po’.
"No" fu tutto quello che rispose prendendo il canovaccio dalle mani di Teresa, avvicinandosi a me e al lavandino.
Improvvisamente singhiozzai e poi gli sorrisi colpevole.
"Sì" grugnì “Ti ho visto bere".
"Davvero?" chiesi stupidamente: dio, ero proprio brillo.
Lui annuì, i suoi occhi blu si bloccarono nei miei. Sospirai.
"Sei veramente bello, Davide".
Stava cercando di farmi venire un attacco di cuore?
“Si?”
“Gesù” gemette.
"Cosa?"
"Ti rendi conto, almeno, di quello che stai facendo?"
Lo stavo fissando, questo era quello che stavo facendo.
"Stai lì in piedi a leccarti le labbra e mi guardi dall'alto in basso".
Lo stavo facendo? La risposta era sì, dato che i miei occhi erano ora bloccati sul suo addome... un addome che sapevo scolpito di muscoli e con un sentiero di peli che portavano fino a... oh cazzo!
Be', sì, proprio lì.
"Dav?"
"Il vino" risposi cercando una spiegazione. "Tu conosci il mio pessimo rapporto con il vino rosso, France. Ricordi il matrimonio di tua cugina Gemma?"
I suoi occhi si appannarono nel ricordo di come gli saltai addosso al ricevimento, dopo cinque bicchieri di merlot, e lo trascinai dentro la stanza del guardaroba in modo da poterlo baciare intensamente. Il ruggito che avevo lanciato, quando lasciai le sue labbra, aveva fatto accorrere sua madre per vedere cosa fosse successo. Non fu uno dei miei momenti migliori.
"Cattivo esempio" ridacchiai, ma la mia risata si spense in un profondo sospiro e in un singulto tremante mentre lo osservavo. Il mio esofago lanciò un altro singhiozzo. Merda! Pensai. Ma subito mi inondai di calore solo a guardarlo.
Guardai i suoi occhi dolcissimi, vidi il bordo del suo labbro arricciarsi in un sorriso e sentii la sua mano sulla mia schiena mentre mi attirava a lui.
Non riuscii a fermare il brivido che scivolò attraverso di me. La mia reazione a Francesco fu quella che era sempre stata. Un palpito di necessità mi scosse profondamente, il mio respirò si fermò e sentii il mio interno fremere, nell'attesa di quello che stava per accadere.
"Stai bene?" mi chiese a bassa voce, spostandomi una ciocca di capelli sul lato della testa.
Questo non era un bene.
"Perche mi sembri un po’ agitato…" il suo respiro mi passò sul viso.
Non potevo volerlo... o meglio, potevo volerlo, ma non avrei voluto volerlo. Volevo volerlo ma non avrei voluto volerlo... Cavoli, cervello mio, vuoi ragionare coerentemente? Non eravamo un bene l’uno per l’altro. Io e il mio cervello, o io e Francesco. Entrambe le cose. 
"Caro?" mi chiese in un soffio di voce.
Il sesso non è mai stato un problema per noi, tutto il resto lo è stato.
"Pensi di aver bisogno di qualcosa?"
Cercai di respirare.
"Amore?"
Mi aveva appena chiamato amore?
"Piccolo" sospirò.
"Smettila" gli urlai lamentandomi, spingendolo via, voltandomi di nuovo verso il lavandino, concentrandomi sui piatti, desiderando che il mio corpo accaldato calmasse l'inferno che sentivo nel profondo. Questo è Francesco con il quale ho litigato! Francesco, quello che mi ha ucciso con i suoi silenzi di pietra! Francesco, quello che non sarei riuscito ad aprire neanche con un piede di porco! Stavo meglio lontano da lui, lontano per non deluderlo, lontano per non essere io stesso deluso nelle mie aspettative folli che fosse un compagno perfetto.
"Sto bene."
"Davide" disse con quella sua voce profonda e rimbombante "tu non stai bene."
"Perché non vai a vedere quello che sta facendo Michele?" gli suggerii sperando di allontanarlo.
Le sue dita sfiorarono il lato del mio collo e giù per la clavicola "Penso che resterò qui."
Mi morsi il labbro. Il dolore mi riportò in me stesso.
"Chi è che hai baciato?"
"Cosa?"
"Ho sentito che parlavi con Teresa... Chi – hai – baciato?" mi chiese scandendo le parole.
"Sono andato ad un appuntamento l’altra sera" risposi.
"Ah sì? Com’è stato?" domandò accarezzandomi la gola.
"Non sono affari tuoi” sbottai, compiendo un ulteriore passo lontano da lui "Devi andartene".
"Perché?" mi chiese divertito. Il suo sorriso era intrusivo, mi guardò socchiudendo gli occhi. Sapeva quanto disperatamente volevo essere abbracciato?
Si chinò più vicino, la sua voce era bassa e roca "Stai tremando."
Stavo tremando?
“Vattene” gli ordinai.
"Perché dovrei farlo?"
Era compiaciuto, perché lui sapeva che io lo desideravo, lo ha sempre saputo. "Perché tu mi odi e io ti odio".
"Io ti odio solo quando sei irragionevole" rispose facendomi una smorfia “che è il più delle volte, maledizione".
Mi dava fastidio che riuscisse ad essere così loquace e odiavo il fatto che lo fosse, che mi facesse ancora male. Ma non volevo abbattermi davanti a lui. Mi voltai e mi diressi verso la porta sul retro, prendendo un respiro. Avevo il cuore ferito, tremavo e sentivo lo stomaco improvvisamente vuoto. Non capii che era proprio dietro di me fino a quando aprii la porta e venni bloccato immediatamente.
"Lasciami in pace" la mano ancora sulla maniglia, il groppo in gola doloroso, cercai duramente di allontanare le lacrime, di tenerle a bada. Bere era stato un errore. Sentivo Il calore del suo corpo, lo sentivo in piedi più vicino di quanto volessi. "Francesco, per favore…"
"Mi fai dire queste stronzate".
Mi voltai e mi resi conto che era ancora più vicino di quanto pensassi.
"Io?"
Lui ringhiò incavolato.
"Io ti faccio dire delle stronzate?" ripetei per convincere me stesso.
Chiuse definitivamente la porta sbattendola, mi spinse contro di essa e si avvicinò, prendendo il mio viso tra le mani e trattenendolo in modo che i miei occhi non sapessero dove andare, se non verso i suoi. Tutto quello che potevo vedere era blu.
"Sì, mi fai impazzire."
Mi sentii come se stessi andando in mille pezzi.
"Piccolo" mi sussurrò chinandosi verso di me, il suo respiro caldo passò lieve sul mio viso, non potevo muovermi. Alzai le mie mani sui suoi polsi ma le sue labbra toccarono le mie. La sua lingua chiese di entrare e io la accettai. Quel bacio percorse il mio corpo, dalle labbra fino alla punta dei piedi, possessivo, profondo, violento e pieno di necessità. Fui sicuro che anche lui provò la stessa sensazione di possesso.
"E' tutto o niente, lo sai" gli uscì in un ringhio morbido quando finalmente si tirò indietro, stringendomi tra le braccia per un poco, gli piaceva sapere che ancora mi possedeva.
La mia vista improvvisamente divenne sfuocata: "Bastardo" sussurrai mentre appoggiavo la mia fronte contro la sua. "Volevo solo portarti a letto".
Lui grugnì e potevo sentire il suo piacere nel saperlo "Mi dispiace, ma mi devi tenere se mi vuoi nel tuo letto".
"Non è quello che vuoi" mormorai.
"Col cazzo, che non lo voglio" disse piano.
Alzai la mia testa guardandolo in faccia "Vuoi davvero riprovarci di nuovo?"
"Lo voglio".
A quel punto ci rendemmo conto che Teresa era ancora nella stanza, perché fece un gran rumore tirando su col naso e quando ci voltammo a guardarla, le lacrime le rigavano il viso, aveva un sorriso brillante sul volto.
"Oh mio Dio” gridò "Voi siete fatti uno per l'altro".
Alzai gli occhi al cielo, ma quando guardai nuovamente Francesco, il suo sorriso era perfido.
"Lasciami andare" dissi, cercando di divincolarmi.
"Cazzo, no".
"Allora vieni a casa con me, per favore" piagnucolai, sentendo il mio corpo bruciare.
"Conosci il problema" ribatté, il suo sorriso era disarmante, i suoi occhi tristi. Lui mi voleva ancora ed ero così stanco di negare che io desideravo la stessa dannata cosa. "Mi vuoi o no?" Era teso e sulla difensiva, preoccupato per la mia risposta.
"Certo che lo desidero. Quando mai non l’ho voluto?"
Rilasciò il respiro e capii che era felice.
"Vorresti venire a casa con me e starmi vicino?"
Ridacchiò con le labbra premute sul mio collo. "Sì, certo che lo farò".
L'applauso dietro di noi fu una sorpresa. Teresa, il nostro pubblico, era entusiasta.

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