Testimonianza tratta dal blog “The roads to my writer roots” (Stati Uniti) del 30 gennaio 2012, liberamente tradotta da me.
Quando i miei genitori mi annunciarono quella domenica mattina che ci sarebbe stata una “riunione di famiglia”, il mio stomaco si rivoltò e le dorate, scintillanti uova fritte che avevo appena mangiato minacciarono di riapparire. Mark, mio fratello minore ed io, continuavamo a scherzare e a punzecchiarci l’un l’altro, da basso in casa, ma una parte di me sapeva già che c’era qualcosa che non andava.
Scherzavamo sul fatto che avremmo fatto meglio a fare più diligentemente le faccende di casa, e intanto nella mia testa un grido silenzioso mi urlava allarmato di bloccare il tempo, di prendere le fragili lancette dell’orologio e spezzarle come bastoncini, congelando noi stessi in questo attimo preciso per sempre, eternamente.
Appena ci siamo seduti sul divano di fronte ai nostri genitori, abbiamo capito che non si trattava di assegnare più compiti di casa o di farci camminare sui carboni ardenti per qualcosa di sbagliato che avevamo fatto. Mamma piangeva. Da perfetto avvocato, papà stava passeggiando con un blocco tra le mani e non passò molto tempo prima che ebbe inizio la sua dichiarazione di apertura; si preparava a difendersi.
“Si tratta di una questione di onestà, integrità, rispetto e di amore per tutti voi”, cominciò nervoso e un po’ formale. Di colpo, non riuscivo a smettere di osservare lo sbiadito sporco tappeto sotto i miei piedi, le cui lunghe fibre si dipanavano in posti reconditi. Mi sentivo attorcigliare anche io, le cose dentro di me si torcevano e si aggrovigliano le une alle altre. Avrei preferito un punto largo di filo di lana e correre su di esso, mettermi le mani sulle orecchie e gridare:“NON POSSO SENTIRTI”, come fanno spesso i bambini quando c’è qualcosa che non vogliono ascoltare.
Papà ci annunciò che si sarebbe trasferito, la sua affermazione si sciorinò goffamente come se si riferisse ad una terza persona “Vostra madre ed io stiamo divorziando perchè vostro padre è omosessuale”. Non poteva tenerlo per se stesso,il segreto era appena sgorgato dalle sue labbra. Era come se stesse parlando di una persona che non era lì. Disse che sapeva di essere omosessuale fin da quando aveva 12 anni, ma pensava di poterlo nascondere, sopprimerlo e condurre una vita normale. Pensava di prenderne le distanze sposando la mamma.
Sentendo salire la colazione dallo stomaco, pregai che fosse solo un sogno molto realistico o che fosse un “pesce d’aprile” fatto a Novembre. Ovviamente non era nessuno dei due. Dato che le lacrime cominciavano ad apparire, tutto quello che riuscivo a pensare era di uscire da quella casa. Avevo bisogno di un amico e di una boccata d’aria. Avevo bisogno di pensare. Non poteva accadere tutto questo. Un sacco di genitori dei miei amici erano divorziati, ma i miei non mi erano mai sembrati dei possibili candidati: erano sempre andati così bene e le cose sembravano normali. Ero anche quasi certa che nessuno dei miei amici aveva un genitore omosessuale.
Appena finirono di parlarci, fuggì di sopra e chiamai la mia migliore amica Michelle. Era fuori città per un torneo di calcetto. Ho quindi chiamato Joe. Penso di essere scoppiata con un: “I miei genitori stanno divorziando”. Mi propose di incontrarci nel parco vicino e fare i nostri compiti di scuola.
Guidai la macchina di mamma lasciando casa il più velocemente possibile. Mark si era rinchiuso in camera e solo Kevin, il più piccolo di noi tre (che allora aveva nove anni), rimase con i miei genitori facendo un mucchio di domande alle quali credo non fossero preparati.
Arrivai al parco e potevo parlare a malapena. Avevo solamente lacrime, singhiozzi e soffiate di naso. Ricordo di aver copiato qualche compito di latino di Joe. “Amo, amas, amat, amamus, amatis, mio padre è gay?”. Il mio cervello non riusciva ad elaborare nulla, specialmente il vocabolario latino e le coniugazioni verbali. Ero con il “pilota automatico”.
Migliaia e migliaia di pensieri senza senso avevano corso nella mia mente, si scontravano e profocavano ingorghi. Joe mi ha prestato un vecchio fazzoletto che aveva trovato nella tasca della sua giacca. A 15 anni, era poco equipaggiato per una situazione così emotivamente pesante, ma ha fatto del suo meglio; mi abbracciava quando piangevo e ha tentato più volte di farmi ridere. Il sole pomeridiano cominciava a scemare e il cielo a scurirsi, sapevo di dover tornare a casa ed affrontare le sfide che avevo di fronte.
Quando lo dici a tua figlia
hai tanta paura di sbagliare e di farle del male,
da non capire il senso di ciò che pensi,
ma senti e sai che mentire è un errore,
che porta a giudizi che si piantano dentro come le pietre
e possono affossare quel rapporto, che hai meraviglioso,
quell’anima che ami e che vuoi sempre radiosa.
E infatti è stata una Verità ben nascosta quella che tu hai subito
e che da solo ti sei imposto da sempre..
Così ti aggrappi a questa Verità che aleggia e ti sostiene
per dirti che tu sei quello
(in fondo non hai scelto quello che sei
ma forse per questo ti sembra impossibile a dirsi).
E così in un soffio di vento le dici
quel che smettesti di mentirti un giorno.
Ed è un Paradiso ricevere un sorriso splendente e furbetto che ti dice "eh, io lo sapevo"
E’ allora una giornata di mille e più tenerezze ricevute e donate,
mentre il sole le colora un po’ il viso,
e si riempe la grandezza senza più misura nel tuo Quore.
E se sai che la devi ancora proteggere,
non è nascondendoti che potevi farlo
ma soltanto con l’essere sempre te stesso di fronte a lei,
semplicemente te stesso,
con i tuoi dolori e i tuoi errori,
le tue povertà e le grandezze
ma con la tua umanità sempre.
Madonna........che bello. Succedono ancora cose così belle???
RispondiEliminaLeggo sempre, sai? ma me ne sto muto.
Questo non potevo fare a meno di commentarlo.
Suerte Amigo.
Thib.
ciao Theebee. Che bello sentirti! Sono felice che malgrado tutto mi segui ancora. dobbiamo vederci. Ora siamo un po' presi ma quando ci siamo sitemati con la nuova casa ti chiamo senz'altro. Un abbraccione.
RispondiEliminaricambio..... :-)
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