Allora, alla fine è accaduto. Ho perso tutti, ma proprio tutti, i post del mio vecchio blog. Affanculo Splinder di meoooooooorda! Tutto vanificato dal maggio 2005 ai nostri giorni, storie meravigliose della mia infanzia, del mio vivere quotidiano, del mio psicologico rinnovarmi di quasi un decennio della mia vita. Vatti a fidare di questi bastardi in rete. Se ci penso mi viene da piangere. Vabbe' facciamo finta che sia una nuova pagina e riscriviamo tutto. Così avrete veramente la prova che tutto quanto è assolutamente vero, fedele e sincero. L'ho sempre detto, il mio blog ha avuto la capacità di farmi da psicanalista. Mi ha fatto buttar fuori tutti i ricordi della mia infanzia e le cose che avevo più recondite dentro di me. Mi ha aiutato tantissimo, grazie al cielo. Ora non ne ho più bisogno. Ho un marito meraviglioso che amo profondamente e sono sereno, ma il passato è sempre una bella cosa da ri-scoprire. Va bene. La riscopriremo nuovamente insieme. Mi spiace se sarò un po' ripetitivo. Abbiate pazienza. E comunque non lo faccio per voi, ma solo per me. Un caro saluto.
mercoledì 29 febbraio 2012
martedì 28 febbraio 2012
COPPIE CELEBRI
Siccome sono in vena romantica...
John Barrowman e Scott Gill
Jesse Taylor Ferguson e Justin Mikita
Neil Patrick Harris e David Burtka
Tom Ford e Richard Buckley
Jonathan Groff e Zachary Quinto
Elton John e David Furnish
Richard Chamberlain e Martin Rabbett
Ricky Martin e Carlo Gonzalez Abella
Micheal Stipe and Thomas Dozol
David Hyde Pierce e Brian Hargrove
Chad Allen e Jeremy Glazer
Mike Ruiz and Martin Berusch
Bryan Batt e Tom Cianfichi
Luke Evans e Dominic Cooper
Matt Bomer e Simon Halls
Mitchell Anderson e Richie Arpino
Cheyenne Jackson e Monte Lapka
George Takey e Brad Altman
Adam Lambert e Sauli Koskinen
Stephen Fry e Steve Webb
Papa Ratzinger e Padre Georg
lunedì 27 febbraio 2012
UN BELL'OSCAR
Le motivazioni:
- è Canadese;
- è più che ottantenne;
- è l’attore più anziano premiato nella storia degli Oscar;
- Fa la parte di un anziano padre gay che fa coming out;
- è stato il protagonista maschile di “Tutti insieme appassionatamente”, uno dei miei preferiti film di sempre;
- ha fatto dei grandi film (Gesù di Nazareth, Inside Man, Alexander, A beautiful mind, L’esercito delle 12 scimmie…);
- è un uomo decisamente dotato di fascino, ancora di più da anziano che da giovane.
E poi è come se avessi ricevuto un pezzettino del suo Oscar visto che anche io ho vestito i panni del Capitano Von Trapp di “The Sound of Music”.
Congratulazioni Christopher!
domenica 26 febbraio 2012
Leggendo qui e là trovo la notizia del rettore del Santuario dell’Amore Misericordioso, Padre Alberto Bastoni, incriminato per uso di cocaina. Il povero religioso è stato “beccato” in flagrante con alcune dosi di droga nel portafoglio ed immediatamente arrestato. Successivamente rilasciato e intervistato da “La Nazione”, il sacerdote ammette candidamente di aver avuto la dose per utilizzo personale. E non si ferma solo a queste affermazioni, esternando anche altri segreti personali.
Per comodità vi riporto l’intervista che potrete trovare qui:
D. Padre Alberto, lei fa uso di droga?
R. “Sì, mi è capitato. Ma soltanto per uso personale e in passato. L’ho fatto così, per scherzo, tanto tempo fa, quando ero a Roma, soltanto per provare”.
D. Ma lo scorso 30 Gennaio i carabinieri di Todi l’hanno trovata con tre dosi di cocaina..
R. “Sì questo è vero. Le avevo nel portafogli. E non posso neanche dire che qualcuno me le ha messe lì”.
D. “Sì, ma con questa droga”, ribatte il collega de La Nazione, Daniele Cervino, “cosa intendeva fare”?
R. Qui mi fermo, non voglio rispondere. Questi sono fatti miei. Ma la cocaina non la spacciavo di certo. E tanto basta. Peraltro nessuno mi accusa di averlo fatto”.
D. Ma poi quel suo amico, come risulta dai verbali dei carabinieri, parla di festini gay, di strani incontri. Circostanze che lei stesso, padre Alberto, avrebbe poi confermato ai militari”.
R. “E’ vero che quella persona l’ho conosciuta in una chat gay, ma con lui o altri non ho mai partecipato a festini omosessuali. Questo non è assolutamente vero. Non rispondo comunque, circa i miei gusti sessuali, si tratta di cose private, e comunque di questo non ho parlato ai carabinieri”.
D. “Lei comprende che ora si trova in un guaio”.
R. Sarà anche così, ma personalmente posso dire di non aver mai fatto del male a nessuno. E spero che nessuno ne faccia a me. Mi dispiace soprattutto perché questa pessima pubblicità penalizza in modo particolare il Santuario.”
D. “La Comunità ha notato la sua assenza: è andato via senza dir nulla”.
R. “Mi dispiace che le cose siano andate in questo modo. E’ stata una decisione brusca, non stavo bene e avevo anche problemi famigliari”.
Il povero parroco gay-friendly insomma ammette tutto quanto. D’altronde si può capire, nei dieci comandamenti c’è scritto “Non dire falsa testimonianza” ma nessun comandamento intima ai fedeli di non fare l’amore con persone del proprio sesso. Sì è vero, c’è quel detestabile “Non commettere atti impuri” ma essendo il rettore dell’Amore Misericordioso deve esserselo dimenticato. E poi dice di non aver partecipato a festini gay, omettendo però il fatto di esserselo magari portato a letto. Ma questo a lui mica lo hanno chiesto. Questa è tutta un’altra cosa!
Insomma, questo prete-bear a me è simpatico.
Non è un pedofilo, si fa le canne ed è pure frocio. Deve essere anche un po’ Marxista e aver fatto sua la citazione: “La religione è l’oppio dei popoli”.
Ce ne fossero come lui nella Santa Madre Chiesa!!!
Un caro saluto.
venerdì 24 febbraio 2012
CASALINGO DISPERATO
Per questo sabato il Professore aveva preso un impegno con la nostra migliore amica, un congresso della Herbalife. All’inizio non avrei neanche dovuto vederlo perché questo fine settimana avrei avuto i figli a casa, poi mi chiama il primogenito:
“Papà, guarda che sabato e domenica devo andare al lago per fare un giro nei locali e promuovere il mio CD”
ovvero:
“Papà, guarda che devo farmi i cazzi miei”.
Purtroppo il Prof e la Lady avevano già pianificato il congresso e quindi mi ero rassegnato a raggiungerlo stasera e di starmene a casa da solo per domani.
Questa mattina giro di e-mail tra noi tre e mi chiedono di partecipare al congresso con loro.
Che faccio? Ovviamente non posso negare la mia presenza.
E io che volevo stare a casa a fare il bravo casalingo…
domenica 12 febbraio 2012
RICORDIAMOLA COSI'
Ciao Whitney!
sabato 11 febbraio 2012
IL GLEE PERSO
Mi ritrovo assolutamente nelle vicissitudini dei ragazzi del Glee Club famoso. soprattutto nelle vesti di Matthew, il prof. Ora vi racconto...
Forse non tutti sanno che, nei fulgenti anni ottanta, facevo parte di un complesso musicale di sette elementi, io ero il vocalist principale. Abbiamo fatto anche dei concorsi e ci siamo piazzati sempre ai primi posti, una volta siamo arrivati primi. Un giorno, durante una festa in piazza alla quale partecipavamo come attrazione musicale, dopo aver eseguito i nostri pezzi, mi si avvicina un tipo presentato dal padre di una mia amica. Per farla breve il tipo mi proponeva di fare un provino musicale per una compagnia discografica importante. Al tempo non c'erano "X-Factor" e "Amici". Avevo 17 anni, lo ricordo bene perchè non essendo maggiorenne ho dovuto poi desistere per via della mia cara genitrice, la quale mi ha negato la possibilità di entrare nel mondo dello spettacolo. La cosa importante era che l'occasione era solo per me, non per tutto il mio complesso. Il tipo voleva me, solo me. Ovviamente quando ho chiesto il permesso a mia madre non c'è stato modo di avere soddisfazione perchè il mondo dello spettacolo "E' un brutto mondo, finiscono tutti drogati e alcolizzati". Ora potrei essere un Enrico Ruggeri o un Eros Ramazzotti. Invece mi accontento di lavorare alla Gringott come umile direttore del Customer Service. In questi giorni sto seguendo la seconda stagione di "Glee" del quale è appena uscito il cofanetto DVD. Ogni episodio del serial è pieno di canzoni fantastiche e mi coinvolgono tutte quante. Sarei potuto essere al loro posto ed invece eccomi qui, un Glee perso per la decisione di una persona che non sono io. Ogni lasciata è persa: Rien ne va plus! Purtroppo questo è uno dei miei rimpianti più dolenti della mia vita.
Un caro saluto.
giovedì 9 febbraio 2012
IL PENDOLARE DEL MARTEDI'
Tralla-lalal-la / Tralla-lalal-la / Tralla-lalal-la / Laaaaa.
Il cellulare mi sveglia con il motivetto della suoneria scuotendomi dal sonno. Apro gli occhi, è ancora buio. Allungo la mano verso il Professore e mi giro abbracciandolo.
“Amore…”
“Mmmmh?”
“Auguri”
Oggi è l’otto del mese. Il “nostro” giorno.
Gli stampo un bacio sul collo, un altro sulla fronte e lo stringo forte.
“Ti amo”
“Anche io” mi risponde.
Si alza prima lui per andare in bagno e quando ritorna prende il mio posto. Io mi alzo e vado a farmi una doccia.
Quando ritorno la casa è già piena dell’aroma di caffè.
La televisione sta comunicando le prime news della mattina;
(Neve dappertutto, il gelo attanaglia l’Italia e l’Europa, crisi finanziaria e un altro povero cristo che ha perso la vita per una rapina)
Mi spalmo il formaggio sul pan carrè tostato;
(i numeri della borsa di ieri sono in leggero rialzo ma la Grecia è sull’orlo del baratro)
aggiungo una fetta di prosciutto cotto;
(anche Wall Street è leggermente positiva)
aranciata;
(il meteo prevede sole per oggi; il fine settimana sarà ancora sotto la neve)
caffè;
(L’oroscopo non è dei migliori, mi consiglia di tergiversare su decisioni che potrebbero capitarmi).
Finiamo di prepararci e usciamo di casa.
Sono le sette e rispetto a settimana scorsa il chiarore del giorno è molto più evidente. Finalmente le giornate cominciano ad allungarsi.
Vedo Como in lontananza con le sue luci, la striscia della funicolare per Brunate è una saetta disegnata sul dorso della collina.
Togliamo il ghiaccio dal parabrezza e partiamo per la stazione.
Quando arrivo ci salutiamo con un bacio, per una settimana non ci vedremo.
La stazione è ancora deserta, il freddo è meno pungente dei giorni scorsi. Sui cespugli la neve si è ghiacciata e forma dei curiosi pon-pon appesi qua e là come palle di un albero di Natale.
Arriva Enrico con Emma e si siedono alla panchina. Enrico è affetto da sindrome spastica e conosce tutti in paese. Lui non prende il treno, accompagna Emma, saluta tutti quanti e poi se ne ritorna a casa.
Malgrado il freddo i merli canticchiano e si rincorrono allegramente.
Ecco "Arturo pè-piatt" che arriva fino a Milano come me, mi supera sulla banchina e si ferma a una decina di metri, ha un paio di pantaloni di cotone con le tasche sulle gambe. Avrai anche i piedi piatti, Arturo, ma hai anche un bel fondoschiena!
La neve ricopre completamente lo spazio tra le rotaie e sembra congelata. Si spengono i lampioni ormai è chiaro.
Il ragionier Bianchini parcheggia la sua Opel ed entra in stazione. E’ sempre il più elegante: il pizzetto brizzolato si intona benissimo con la sua giacca a vento bianca ed il cappuccio di pelliccia.
Passa il treno in transito, è il diretto delle 7:23 che non ferma nella mia stazione ma va fino a Tradate.
Sulla banchina opposta gli alunni che vanno a Varese sono numerosi e chiacchierano rumorosamente. Arriva il treno e li raccoglie tutti, come una chioccia coi suoi pulcini.
Finalmente l’annuncio del mio treno, è in ritardo di quattro minuti.
L’orsetto Paolo questa mattina non c’è.
Salgo sul treno e mi sistemo, mi immergo nel libro e mi rilasso.
martedì 7 febbraio 2012
IL VECCHIO LAVATOIO
Ero ragazzino e passavo le mie estati in un paesello sulle sponde del Lago Maggiore. I miei lettori storici lo sanno bene perché ne ho parlato a lungo. Pur essendo a circa 400 metri sopra il livello del mare, il caldo si faceva sentire; soprattutto nel mese di luglio. Il lago non era sempre raggiungibile, soprattutto per me dato che ero in vacanza con i miei nonni e quindi sotto la loro responsabilità. Ovviamente ci andavo spesso di nascosto, mettendo il costume sotto le braghette corte e senza telo da spiaggia, ma non potevo sfidare la sorte e andarci sette giorni su sette, anche perché c’era da fare un bel pezzo di strada, circa due chilometri e mezzo e la risalita era faticosa; tanto da vanificare immediatamente la frescura della nuotata nel lago.
Per nostra fortuna, nel centro del paese c’era un vecchio lavatoio con due grandi vasche piene di acqua di fonte, fresca e rinfrescante. Dalla via principale del paese che tagliava l’abitato esattamente in due, poco prima della Chiesina di San Rocco, si prendeva una stradina sulla sinistra e dopo una settantina di metri si arrivava alla costruzione. Ovviamente le donne del paese non lo utilizzavano più, dato che ormai tutti avevano in casa una comodissima lavatrice.
I lavatoi comunali hanno ormai perso la loro funzione originaria di approvvigionamento d’acqua potabile, di eventuale abbeveratoio per gli animali e di lavanderia all’aperto. Ora l’acqua potabile raggiunge ogni abitazione, i paesotti hanno perduto le loro caratteristiche di borghi rurali e gli elettrodomestici hanno trasformato il rito sociale e collettivo del lavaggio dei panni, in un momento privato. Pur essendo ricchi di storia e memorie ora vengono percepiti come un elemento del passato, senza funzione e quindi abbandonati alla loro sorte. Degli antichi lavatoi è rimasta solo la nostalgia di un passato ormai remoto. Eppure vi fun un momento in cui la costruzione di un lavatoio coperto era percepita dalla comunità come un’irrinunciabile conquista di carattere sociale. La costruzione di queste strutture si concentrò fra l’ultimo quarto del 19° secolo e il primo ventennio dell’ottocento, contribuendo a risolvere parte delle gravose mansioni domestiche delle madri di famiglia. Talvolta la costruzione del lavatoio coperto era dovuta a un atto di benevolenza nei confronti della comunità da parti di un benefattore, desideroso di alleviare almeno una parte della grande fatica domestica femminile. Spesso le lavandaie erano costrette a pulire i panni in rogge e canali inginocchiate e piegate a terra.
Il lavatoio di quel paesino era a pianta rettangolare coperto da un tetto a capriate di legno che sosteneva una copertura in coppi, sorretto da sei pilastri in pietra e aperto su tre dei suoi lati.
Così, quando il caldo opprimente del solleone estivo ci faceva grondare di sudore, correvamo tutti quanti nel centro del paese e tolte le scarpette da tennis ci sedevamo sulle larghe lastre di pietra con i piedi a mollo.
Il tetto di travi a vista che sostenevano le vecchie tegole ci riparava dal sole e intorno crescevano delle belle piante frondose che creavano ombra lasciando passare una bella arietta fresca. Era l’ideale per noi ragazzini. Se il caldo era particolarmente opprimente ci si bagnava velocemente ma mai restando a lungo, perché l’acqua proveniva dalla sorgente a monte ed era veramente fredda.
Con i piedi a bagno ci si raccontava la trama di qualche vecchio film, la cosa veniva meglio se la pellicola era un film di paura o un thriller. Il mio preferito era “La scala a chiocciola” film che avevo visto qualche anno prima, ancora in bianco e nero. Era una vecchia pellicola nella quale si narrava la storia di un serial killer che uccideva le giovani ragazze che avevano qualche malformazione o handicap. L’ultima vittima era una ragazza muta che lavorava come dama di compagnia presso una vecchia signora in una villa isolata. Non era particolarmente pauroso ma la tensione era palpabile e il bianco-nero della pellicola aumentava i toni cupi della storia. Rimane storico il primo piano dell’inquietante occhio dell’assassino che attende la protagonista nella cantina da dove si accedeva per l’entica scala a chiocciola.
Il lavatoio ogni tanto si tramutava anche in un luogo di riparo per improvvisi temporali estivi. Era bello sentire lo scroscio della pioggia mentre si era riparati dal vecchio tetto di coccio. I tuoni rimbombavano forte tutto attorno e noi sedevamo sulle panche sul lato più lungo della vasca, aspettando che la buriana passasse.
E’ sempre stato, ed è tuttora, uno dei posti che preferisco del piccolo paesotto sul lago Maggiore. Pur essendo nel centro dell’abitato è un luogo che non viene frequentato ed è un piccolo angolo di pace e di frescura. Ancora adesso ci faccio volentieri una capatina quando ci passo per andare al cimitero dove riposa mio padre.
Un caro saluto.
Per nostra fortuna, nel centro del paese c’era un vecchio lavatoio con due grandi vasche piene di acqua di fonte, fresca e rinfrescante. Dalla via principale del paese che tagliava l’abitato esattamente in due, poco prima della Chiesina di San Rocco, si prendeva una stradina sulla sinistra e dopo una settantina di metri si arrivava alla costruzione. Ovviamente le donne del paese non lo utilizzavano più, dato che ormai tutti avevano in casa una comodissima lavatrice.
I lavatoi comunali hanno ormai perso la loro funzione originaria di approvvigionamento d’acqua potabile, di eventuale abbeveratoio per gli animali e di lavanderia all’aperto. Ora l’acqua potabile raggiunge ogni abitazione, i paesotti hanno perduto le loro caratteristiche di borghi rurali e gli elettrodomestici hanno trasformato il rito sociale e collettivo del lavaggio dei panni, in un momento privato. Pur essendo ricchi di storia e memorie ora vengono percepiti come un elemento del passato, senza funzione e quindi abbandonati alla loro sorte. Degli antichi lavatoi è rimasta solo la nostalgia di un passato ormai remoto. Eppure vi fun un momento in cui la costruzione di un lavatoio coperto era percepita dalla comunità come un’irrinunciabile conquista di carattere sociale. La costruzione di queste strutture si concentrò fra l’ultimo quarto del 19° secolo e il primo ventennio dell’ottocento, contribuendo a risolvere parte delle gravose mansioni domestiche delle madri di famiglia. Talvolta la costruzione del lavatoio coperto era dovuta a un atto di benevolenza nei confronti della comunità da parti di un benefattore, desideroso di alleviare almeno una parte della grande fatica domestica femminile. Spesso le lavandaie erano costrette a pulire i panni in rogge e canali inginocchiate e piegate a terra.
Il lavatoio di quel paesino era a pianta rettangolare coperto da un tetto a capriate di legno che sosteneva una copertura in coppi, sorretto da sei pilastri in pietra e aperto su tre dei suoi lati.
Così, quando il caldo opprimente del solleone estivo ci faceva grondare di sudore, correvamo tutti quanti nel centro del paese e tolte le scarpette da tennis ci sedevamo sulle larghe lastre di pietra con i piedi a mollo.
Il tetto di travi a vista che sostenevano le vecchie tegole ci riparava dal sole e intorno crescevano delle belle piante frondose che creavano ombra lasciando passare una bella arietta fresca. Era l’ideale per noi ragazzini. Se il caldo era particolarmente opprimente ci si bagnava velocemente ma mai restando a lungo, perché l’acqua proveniva dalla sorgente a monte ed era veramente fredda.
Con i piedi a bagno ci si raccontava la trama di qualche vecchio film, la cosa veniva meglio se la pellicola era un film di paura o un thriller. Il mio preferito era “La scala a chiocciola” film che avevo visto qualche anno prima, ancora in bianco e nero. Era una vecchia pellicola nella quale si narrava la storia di un serial killer che uccideva le giovani ragazze che avevano qualche malformazione o handicap. L’ultima vittima era una ragazza muta che lavorava come dama di compagnia presso una vecchia signora in una villa isolata. Non era particolarmente pauroso ma la tensione era palpabile e il bianco-nero della pellicola aumentava i toni cupi della storia. Rimane storico il primo piano dell’inquietante occhio dell’assassino che attende la protagonista nella cantina da dove si accedeva per l’entica scala a chiocciola.
Il lavatoio ogni tanto si tramutava anche in un luogo di riparo per improvvisi temporali estivi. Era bello sentire lo scroscio della pioggia mentre si era riparati dal vecchio tetto di coccio. I tuoni rimbombavano forte tutto attorno e noi sedevamo sulle panche sul lato più lungo della vasca, aspettando che la buriana passasse.
E’ sempre stato, ed è tuttora, uno dei posti che preferisco del piccolo paesotto sul lago Maggiore. Pur essendo nel centro dell’abitato è un luogo che non viene frequentato ed è un piccolo angolo di pace e di frescura. Ancora adesso ci faccio volentieri una capatina quando ci passo per andare al cimitero dove riposa mio padre.
Un caro saluto.
mercoledì 1 febbraio 2012
LA LEGGENDA DELL'ASINO DI CAGNO
Oggi vi racconto una storia che si tramanda da generazioni nel Comesotto/Varesasco.
C’è un paese che si chiama Cagno e i suoi abitanti hanno il soprannome di Asini. Ma anche gli abitanti dei paesi limitrofi hanno degli strani soprannomi, ecco la spiegazione. Segue traduzione in italiano.
Curèe curèe dunett! Gh’è chi ul strascèe, cunt ul sach e la stadèra a fa la spesa. In casàscia o in spazàcaa tutt l’è bum par mè. ‘Na völta al mess ‘rivi senza pretes: vistii da strasc sum chi à vusà: Curèe curèe dunett! Gh’è chi ul strascèe cunt ul sach e la stadèra à fà la spesa. Giri da curt a curt, da paès a paès ‘na senti da stori, ‘na vedi da rop. Ul munt l’è propri matt! L’ì sentuda la storia da l’àsan da Cagn? Crès l’erba ső la scima dal campanin: E…cus’è che an faa qui da Cagn? Dopo ‘na discussion e… confusion: - Mandemm su un asan che’l mangnarà l’erba. Inscì an ciapà l’asan dal por Giuanin, gh’an tacaa ‘na corda inturna al col e… issa, issa.
- Iii-iii-oo-ooh. -
Disèvan: - Cum’è ch’al rìit? –
L’era drèe à tirà i ultim! Ura che l’asnin l’è rivaa in scima…aveva tirato le cuoia!
Che àsan, che àsan qui da Cagn! Ain sta propri di àsan! E ul nom al gh’ è restaa! Subit, par riscatas da ‘na bestiada cumpagn, hanno chiamato i paesi vicini.
Gh’ è rivaa qui da Caverzass che l’asan an peraa e… Peraa al gh’è restaa.
Poo i gent da Bizarum cunt ul carbun di toch an fa coss e sa ciaman … Carbùnatt.
Gh’ è rivaa qui da Casanova ch’ an sbranaa ul por asnin: in staa propri di Goss.
Violtar da Binach s’ì rivaa cunt i scusarìtt e i impienìì. Sem minga scemi num! E ul nom … Scusarìtt al v’è restaa!
Qui d’Albioo, in ritart, an truaa dumà i oss e s’in bùtaa cum’è di … Scurbàtt E inscì i an ciamaa.
A la fin i Ruderess in rivaa, ma gh’ era pio nagott: e rabiaa in turnaa a ca, e ‘l nom … Rabiaa al gh’è restaa!
‘Na vedi da stori, ‘na senti da rop ma degh trà a ‘n por strascèe, par minga vech la vita tròpa seria bisogna savè rit anca dala miseria.
Strascèe, strascèe!
Accorrete, accorrete donne! C’è qui lo straccivendolo, con un sacco e la stadera a fare la spesa. In cascina o in solaio tutto è buono per me. Arrivo una volta al mese senza pretese. Vestito di stracci son qui a gridare: accorrete, accorrete donne! C’è qui lo straccivendolo, con un sacco e la stadera a fare la spesa. Giro di corte in corte, da paese a paese, ne ho sentite di storie, ne ho vedute di cose. Il mondo è proprio matto! L’avete sentita la storia dell’asino di Cagno? L’erba era cresciuta sulla cima del campanile: e cos’han fatto quelli di Cagno? Dopo una discussione e confusione: - Mandiamo su un asino che mangerà l’erba. Così han preso l’asino del povero Giovannino, gli hanno messo una corda intorno al collo e… issa, issa.
- Iii-iii-oo-ooh. -
– Come mai che raglia? - Han detto.
E l’asino stava tirando gli ultimi. Quando il povero asinello giunse in cima aveva ormai tirato le cuoia.
Che asini, che asini quelli di Cagno! Sono stati proprio degli asini! E il nome di Asan gli è rimasto. Subito per riscattarsi da una bestiata simile, hanno chiamato i paesi vicini.
Sono arrivati quelli di Caversaccio che hanno pelato l’asino e… Peraa (scuoiatori) gli è rimasto come nome.
Poi la gente di Bizzarone con il carbone a pezzi lo hanno cotto e si chiamano… Carbunatt (carbonieri).
Sono arrivati quelli di Casanova che hanno sbranato il povero asinello: sono stati proprio dei Goss (ingordi).
Voialtri da Binago siete arrivati con i grembiuli e li avete riempiti di pezzi di asino. Non siamo scemi noi! E il nome Scusaritt (grambiuli) vi è rimasto.
Quelli di Albiolo, sono arrivati in ritardo, e hanno trovato solo le ossa e si sono buttati come dei corvi. E Scurbatt (corvi) sono stati chiamati.
Alla fine sono arrivati i Roderesi, ma non c’era più nulla e sono torniati a casa arrabbiati. Rabiaa (arrabiati) si chiamano adesso.
Ne vedo di cose, ne sento di storie, ma ascoltate un povero straccivendolo, per non avere una vita troppo seria bisogna saper ridere anche della miseria! Straccivendolo, straccivendolo!
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