Il cantiere era deserto alle cinque del pomeriggio. La maggior parte dei manovali e degli operai se n’era già andata a casa. Paolo, architetto quasi quarantenne, stava facendo gli ultimi accertamenti della giornata. Era un uomo piacevole nell’aspetto, atletico, elegante anche con l’elmetto di protezione. Cominciava ad avere una leggera brizzolatura tra i capelli e nella barba, che portava corta e che incorniciava un viso maschio con dei profondi occhi azzurri.
In quel momento stava verificando le nuove gettate di cemento che erano state fatte durante la giornata, finalmente avevano raggiunto l’ultimo piano dell’edificio e la settimana successiva avrebbero iniziato i lavori di perfezionamento; i ragazzi avevano fatto un buon lavoro. Si voltò verso il capo cantiere, sorridendo: “Bene, Claudio, vedo che la squadra ha fatto le cose per bene!” si complimentò con lui.
L’operaio sorrise soddisfatto, mostrando una dentatura bianchissima e perfetta. Era un uomo robusto, moro e muscoloso, con due penetranti occhi castani e una fiera barba scura. Paolo si domandò cosa si provasse a passare la lingua su quei denti candidi e su quelle labbra carnose.
Sviò lo sguardo altrove ma sentì immediatamente che i pantaloni cominciavano a diventare stretti.
“Ho seguito personalmente i lavori” rispose il caposquadra “Il gruppo dei ragazzi è un team di gente veramente volenterosa e capace”.
Aveva le braccia incrociate sul petto, in una posa che evidenziava i grossi bicipiti e le braccia forti sotto la camicia scozzese.
Paolo fece qualche passo, allontanandosi dal suo subalterno per controllare le colonne portanti centrali.
“Vorrà dire che confermeremo tutti quanti per l’appalto che dovremo cominciare il prossimo mese. Hanno fatto un buon lavoro e si meritano la nostra riconoscenza.” affermò l’architetto. “Ma non dire nulla. Voglio comunicarglielo io personalmente”.
Si spostò verso le balconate con circospezione. Paolo soffriva di vertigini ed evitava di avvicinarsi troppo alle parti esposte sul vuoto. Si appoggiò al muro esterno, lanciando un’occhiata ai pavimenti dei balconi.
Paolo si avvicinò al suo principale, era a conoscenza di questo suo piccolo difetto.
Sentendo i passi alle sue spalle, Paolo si girò di scatto inciampando in una trave e perdendo per un attimo la stabilità. Claudio lo afferrò saldamente per un braccio riportandolo in equilibrio.
“Stupida trave!” esclamò arrabbiato l’architetto e lanciò un calcio contro l’asse di legno.
Una scarica di dolore gli arrivò al cervello, le dita dei piedi protestarono improvvisamente.
Paolo lanciò un urlo strozzato saltellando sul piede sano.
“Accidenti che male!”
“Aspetti, vado a prenderle una sedia” si offrì Claudio.
“Non ti muovere da qui!” gli ordinò l’altro quasi urlando. Erano pericolosamente vicini ai balconi e l’architetto cominciò a sentire gli effetti delle vertigini. Con la complicità della scarica di dolore arrivatagli dal piede, la testa gli cominciò a girare. Alzò istintivamente le braccia e si attaccò saldamente al corpo del capo cantiere. L’uomo lo sostenne circondandolo con le grandi braccia.
Paolo chiuse gli occhi cercando di riprendere il controllo della situazione. Sentiva il grande torso e i pettorali muscolosi dell’uomo premere contro il suo corpo. Un leggero profumo di colonia maschile investì il suo cervello.
Claudio non lasciò andare la presa: “Tutto bene, capo?”
“Aspetta, ora mi passa…” rispose Paolo. Le sue braccia si alzarono verso i fianchi dell’operaio e istintivamente appoggiò la testa contro la sua spalla, mantenendo gli occhi chiusi e inspirando profondamente.
Claudio lo teneva tra le braccia, cullandolo come fosse un bambino spaventato.
Paolo continuò ad inspirare ed espirare per riprendere il comando del proprio corpo. Stava cominciando ad andare meglio. Cominciava già a riprendere le forze. Rimase con gli occhi chiusi, la testa appoggiata sulla forte spalla di Claudio. Le sue braccia che lo abbracciavano, il profumo della colonia. Voleva memorizzare queste sensazioni.
Claudio era in estasi, stava stringendo Paolo tra le sue braccia, come aveva sempre segretamente voluto fare. Sentiva il corpo del suo architetto aderire al suo, dove centinaia di volte aveva sognato che fosse, le sue mani sui suoi fianchi irradiavano un calore gradevolissimo.
Iniziò immediatamente a venirgli duro.
Paolo se ne accorse e spalancò gli occhi, alzò la testa e guardò in faccia il suo collaboratore.
Claudio era rosso per l’imbarazzo, capì che l’architetto aveva notato la sua erezione. Si sciolse immediatamente dall’abbraccio e guardò verso il soffitto.
“Cosa ti avevo detto di fare, Claudio?” gli chiese con cortesia.
Paolo lo guardò confuso.
“Ti avevo chiesto di non muo-ver-ti” e gli sorrise.
Paolo fece mente locale e riordinò le idee. Finalmente capì.
Con titubanza alzò le braccia e circondò nuovamente il corpo dell’architetto.
“Bravo ragazzone, così va molto meglio!” esclamò Paolo guardandolo negli occhi ed avvicinando i suoi fianchi a quelli del capocantiere.
Claudio sentì il rigonfiamento nei pantaloni del suo capo. Lo guardò negli occhi, gli sorrise mostrando la chiostra di denti perfetti, poi accostò le labbra a quelle dell’architetto che le accolse con generosità, aprendole ed accogliendo la sua lingua desiderosa.
Quando le loro bocche si staccarono, Paolo mormorò senza fiato: “Benedette vertigini!!!”, e affondò nuovamente le labbra tra quelle così morbide di Claudio.
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