Testo di Claude Besson tratto da “Homosexuels catholiques, sortir de l’impasse”, Editions de l’Atelier (Francia), 2012, pag. 78 et ss, liberamente tradotto da una volontaria di Progetto Gionata.
Relazioni contro natura. Questa espressione si trova nel primo capitolo della lettera ai Romani di San Paolo. Prima di andare avanti, bisogna puntualizzare che le condotte sessuali erano frequenti all’epoca. Xavier Thévenot sottolinea che non solo erano praticate ma anche giustificate. «La libertà sessuale in alcune città era molto diffusa. La città di Corinto, per esempio, ormai nel linguaggio comune era associata ai vizi sessuali » [1] È da Corinto che Paolo scrive la sua lettera ai Romani. Nel primo capitolo, Paolo parla della collera di Dio davanti all’umanità. L’umanità è peccatrice e solo la grazia attraverso la fede in Gesù Cristo la può salvare.
L’espressione «relazioni contro natura », nei versetti 26 e 27 del capitolo 1, si trova in un passo dove Paolo inveisce contro i pagani che, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa (versetto 21). «Si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti; e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili» (versetto 23). Riprende il tema della Bibbia nei capitolo 13 e 14 sul culto degli dei legato all’incapacità umana di riconoscere il loro Creatore. Questa idolatria ha, secondo Paolo, delle conseguenze che lui tratta nei versetti 26 e 27: «Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami: le loro donne sono passate da rapporti naturali a rapporti contro natura; egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in sé stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento».
Se Paolo riprende gli atti omosessuali in questo passaggio, afferma Xavier Thévenot, è perché vanno contro i racconti della Creazione. «Dove è solo la saggezza del Creatore che determina l’ordine delle realtà umane»[2] . L’inversione sessuale è vista come un’inversione idolatra. Paolo si colloca sul piano antropologico biblico conforme ai racconti della creazione. La pratica omosessuale non è riconosciuta nel rapporto uomo – donna, non è riconosciuta dalla legge di Dio che determina l’ignoranza della differenza sessuale. «L’umanità non si può strutturare su queste differenze basilari poiché è sottomessa dall’amore della Parole del Creatore che è ‘‘Dio incorruttibile’’. […] Si vuol far capire che il mondo non può prendere una buona direzione se non riconosce il suo Creatore e il suo Maestro. Diciamo che Paolo diffonde una legge strutturale per l’edificazione dell’umanità. Non vi è alcun dubbio, leggendo la lettera ai Romani, né di affermare che l’omosessualità non è che una semplice variazione della sessualità avendo lo stesso valore antropologico che l’eterosessualità, né affermare che ogni omosessuale è un idolatra »[3].
La parola «cambiamento» usata da Paolo vuol dire, in confronto ad altri testi, che si rinuncia al culto del vero Dio per venerare altri dei e altre creature. Quanto a Daniel Helminak, teologo e psicanalista, analizza per molto tempo, attraverso numerosi esempi, come la parola «contro natura» è usata da Paolo per designare ciò che è atipico, chi esce dall’ordinario. Perciò, nella prima lettera ai Corinzi (1 Co 11,14), Paolo scrive: «La natura stessa non v’insegna ella che se l’uomo porta la chioma, ciò è per lui un disonore?» .
Daniel Helminiak continua: «Per Paolo una cosa è naturale nel momento in cui risponde alle caratteristiche di questa categoria, nel momento in cui si presenta così come si deve. Per Paolo il termine naturale non vuol dire «in accordo con le leggi universali» ma piuttosto ciò che è tipico, costante, ordinario, normale, prevedibile e regolare. Quindi se le persone si comportano come ci si aspetta e con una certa costanza, si comportano naturalmente. Se le persone fanno qualcosa di diverso, insolito, che esce dalla routine, che va oltre le regole, si comportano contro natura. Ed ecco qual è il significato della parola natura per Paolo»[4]. Per concludere l’analisi di questo passaggio della lettera ai Romani, è chiaro che Xavier Thévenot e Daniel Helminiak sono unanimi nell’affermare che i versetti non si possono applicare alla nozione di omosessualità di oggi, una relazione sessuale legata ad un rituale o al culti di dei. Semplicemente Paolo non affronta il problema in quanto tale.
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Due parole controverse
Si tratta di due parole greche – malakoi e arsenokotaï – che si trovano nella prima lettera ai Corinzi (1 Co 6,9), e nella prima lettera a Timoteo (1 Tm 1,10) nel Nuovo Testamento. Sono entrambe legate al concetto di omosessualità. Perciò la loro traduzione cambia in base alle interpretazioni. La parola malakoi è spesso tradotto con «effimero» ed esprime un ‘idea di delicatezza. Per quanto riguarda la parola arsenokoitaï la sua traduzione è molto controversa. Letteralmente significa «uomo che si corica con un altro uomo» o, più crudelmente, «uomo penetrato». Lo traduciamo con pederasta. Al di là delle varie traduzioni, questo passaggio porta ad una lista di comportamenti peccaminosi ingiusti che sembrano diffusi nell’impero romani del primo secolo. Sono gli abusi di comportamento sessuale che sono denunciati qui: libertinismo, lussuria e irresponsabilità, fa notare Daniel Helminiak.
Xavier Thévenot mette in evidenza che se questi termini si traducono con le parole «effeminato» o «invertito» alcuni studiosi affermano che si trattano di traduzioni improprie. Affermano che non c’è niente che possa giustificare l’uso specifico di malakoi per l’omosessualità; allo stesso tempo arsenokotaï non può essere usato nei confronti di un comportamento sessuale generico. Nell’abbondanza di libri della Bibbia, solo qualche racconto e versetto evoca pratiche omosessuali. A meno che non si effettui una lettura fondamentalista o letterale, da ciò che la Chiesa cattolica ha sempre rifiutato, si può trarre una generalità, o peggio un’ideologia, di questi versetti biblici. Ormai sono collocati in questo contesto legati all’impurità rituale, all’apparenza religiosa o all’idolatria. Possiamo concludere che attraverso questi versetti, la Bibbia non dice ciò che alcuni vorrebbero esprimere, sapendo della condanna omosessuale così com’è sopravvissuta fino ad ora.
Dall’altro senso, altri testi sono alcune volte messi in evidenza per esprimere un’opinione positiva sull’omosessualità. Sono i racconti di Davide e Jonathan (1 Samuele 18 e ss), di Ruth e Noemi (Ruth 1, 16-17), sulla guarigione da parte di Gesù di un giovane schiavo del centurione romano (Matteo 8,5-13 e Luca 7,1-10). Ma le difficoltà di interpretazione sottolineate dagli studiosi sono tali che è difficile oggi giorno tratte delle conclusioni in questo senso.
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Testo originale: Des rapports contre nature
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