venerdì 17 gennaio 2014

UNA FAMIGLIA COME LE ALTRE




Riflessioni di Pedro Fuentes del 29 dicembre 2013 tratte dal blog di “Familias por gestaciòn subrogada” (Spagna) liberamente tradotto da un volontario di Progetto Gionata

A Monsignor Lopez Llorente, vescovo di Segorbe (Castellón, Spagna). Monsignore, nel mio paese per descrivere la gente inferiore, sia di ceto che di condotta, si usa un termine semplice, malapersona, che è inteso diversamente dall'essere una persona cattiva.
Dico questo in merito ad una lettera nella quale Lei ha denigrato alcuni bambini, proprio quando la parola amore dovrebbe essere presente in ogni omelia che si possa sentire nelle chiese e nelle cattedrali. Le sue parole, Vescovo, sono come un pugno nello stomaco.

Sono parole inaccettabili, anche se si cerchi di rivestirle di assertività per pretendere di metterle in una luce della quale sono carenti. Lei sostiene che il matrimonio tra persone dello stesso sesso è la base "per la distruzione della famiglia" e ha tra i suoi effetti "il significativo aumento nei bambini con grave disturbo della personalità". Penso solamente a tre possibili motivi di tali affermazioni.
Il primo è che essa si basi su elementi di prova. Ma ciò non è possibile, non esistono tali evidenze. Potrei citarle numerosi riferimenti di articoli pubblicati in ambito medico, bioetico, psicologico o psichiatrico (riviste di largo fattore di impatto, se fosse interessato a questo dato) che mostrano che non esiste alcuna differenza tra i figli di omosessuali ed i figli di coppie etero, tra i figli di di una famiglia tradizionale e quelli di una famiglia non tradizionale, direbbe lei.
Non esistono differenze, ma gli studi indicano una tendenza (non significativa, è vero, ma pur sempre una tendenza) di un maggiore impegno di questi bambini per i diritti umani e la difesa dei deboli, verso i quali mostrano più empatia. I ricercatori concludono che è a causa della loro educazione in un ambiente familiare che infonde questi valori, dato che i loro genitori devono ancora difendere i propri diritti, i diritti umani, quasi ogni giorno, come faccio io oggi. Mi rincresce che lei non sia stato educato a questi valori e alla loro difesa.

Il secondo è quello che lei stia parlando per esperienza personale. Mi auguro di non aver ragione, e se così fosse, mi dispiace per lei. Vivere in una famiglia che traumatizza un bambino deve essere stato terribile se, oltre 60 anni dopo, le ferite sono ancora sanguinanti, e devono essere state molto profonde. La violenza in famiglia è terribile. Ma i dolori subiti non possono essere una scusa per infliggere ulteriore dolore agli altri. Deve essere un motivo per difendere l' uomo, non per criminalizzare senza ragione.

Il terzo è la mancanza di pudore nelle parole. Il parlare per parlare, per causare danno e dolore, per creare una base ideologica da cui attaccare un altro perché è diverso. Perché non vive come voglio io. In questo dobbiamo riconoscere l'esistenza di una grande tradizione. Basti ricordare quanto facilmente siamo passati dal "Non giudicate e non sarete giudicati" alla Santa Inquisizione, che oltre a giudicare, è stata responsabile di saccheggi, torture e uccisione di migliaia di persone. Ma, signor Vescovo, sebbene possa essere un suo desiderio, l'Epoca di ferro del Papato non ritornerà, e neppure lo splendore del Potere Temporale, e neppure potrà vagare esibendo i suoi orpelli per ricevere gli omaggi dalla plebaglia.

Il rispetto si guadagna, non si ottiene per un anello o per una mitria. La Chiesa ha dimenticato le basi della propria nascita e formazione e l'episcopato si è distorto al punto che nessuno ricorda più le parole della Prima lettera a Timoteo: "Se uno aspira all'incarico di vescovo, desidera un'attività lodevole. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino né violento, ma sia mite, non litigioso, non attaccato al denaro, che governi bene la propria famiglia e tenga i figli sottomessi e pienamente rispettosi, perché se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della chiesa di Dio?"

Marito, ...prudente ...ospitale ...figli ...sono belle parole. Lei, che non ha formato una famiglia (vivere in famiglia non è formarla), invece di coniugarle, si permette di metterle in discussione e, senza pudore, di dannarle. Difenda il suo modello di famiglia o di società, ma porti rispetto, come si deve rispettare, verso gli altri modelli. E se vuole parlare di bambini a rischio, guardi alle centinaia di loro che in Spagna soffrono la fame ogni giorno, FAME, Vescovo, mentre milioni di euro volano nelle mani dei ricchi senza alcuna risonanza, nei palazzi episcopali, delle parole che Gesù ha usato per sferzare i cambiavalute del Tempio.

Non permetterò a nessuno di mancare di rispetto a mio figlio. Non per come è nato nè per essere figlio di chi è. Con le sue parole, signore, ha mancato di rispetto a lui e a migliaia di bambini che non conosce e che, ovviamente, non ha mai pianificato di conoscere. Ha mancato di rispetto a migliaia di famiglie delle quali non sa nulla perché non capisce e perchè non ha un'anima abbastanza pulita da avvicinarsi a loro. La concupiscenza, la lascivia nelle parole, sono un grande peccato, soprattutto quando fa male ad un innocente. "In verità vi dico che in quanto l' avete fatto ad uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avrete fatto a me." (Mt 25 , 40)

Questa è la mia speranza, sapendo che prima o poi, Illustrissimo, apparirà davanti a Lui: sapere che Lui la guarderà in faccia. Sapere che Lui riverserà il Suo disprezzo su di lei. Perché essere vescovo non può mai significare il fare del male a uno di questi fratelli. A mio marito e a me, Dio ha donato un figlio. Il fatto che lei non lo abbia compreso dimostra solamente quanto è lontano da Lui.

Pedro Fuentes

Titolo originale : "Carta abierta para un obispo" 

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