Salve. Sono Alessandro. Ho appena letto con interesse la testimonianza di Samuel, un giovane che è riuscito a scoprire e a iniziare a vivere il proprio modo d'essere superando le strette idee dei Testimoni di Geova.
Durante il settembre del 2010, durante un ricovero in ospedale a causa di un mio atto estremo per la mia situazione familiare, ho conosciuto un giovane che destò in me subito un particolare interesse.
Mi raccontò la propria storia: cacciato dai genitori, esperienze lavorative in cui veniva sfruttato, una vita difficile all'interno di comunità.
Durante il settembre del 2010, durante un ricovero in ospedale a causa di un mio atto estremo per la mia situazione familiare, ho conosciuto un giovane che destò in me subito un particolare interesse.
Mi raccontò la propria storia: cacciato dai genitori, esperienze lavorative in cui veniva sfruttato, una vita difficile all'interno di comunità.
Parlando con lui, ascoltando la sua storia capii che probabilmente la causa del suo disagio era il fatto di essere omoaffettivo.
Io mi sono veramente innamorato di lui e anche lui cercava me, pur mantenendo una certa distanza che non capivo. Poi la domanda: "Sai che in italiano il nome di Dio è Geova?", alcuni comportamenti contraddittori e il suo timore ad avvicinarmisi.
Mi consigliava di parlare con una giovane donna molto sensibile che mi avrebbe dato delle dritte per la vita, una testimone di Geova. Feci una ricerca in internet su come viene considerata l'omosessualità da quella cerchia di persone e ne rimasi molto male.
Molti sapevano che tra me ed M. c'era una forte simpatia, amore corrisposto, una certa ricerca dell'uno e dell'altro, il fatto che anche lui era come me: omoaffettivo.
Lui considera l'omoaffettività una malattia nel vero senso della parola; questo, credo, gli procuri problemi e sensi di colpa, che ricordo venivano da me leniti con la bellissima affermazione che "Dio è Amore" e che Lui è felice se siamo anche noi felici e ci accettiamo per come ci ha creati.
Ora M. si è veramente inserito nel gruppo dei Testimoni di Geova e ho appreso da un'amica che lui si è dichiarato preoccupato per come io gestisca la mia omoaffettività.
Non avrei mai immaginato che il sentimento tra due persone potesse venir soffocato e che non potesse realizzarsi, essere vissuto per la paura, la frequentazione di certa gente, forse dietro la spinta del lontano rifiuto della famiglia nei confronti della "diversità" della persona che ancora amo.
Ale
La risposta...
Ciao alessandro grazie per la tua testimonianza. Quello che racconti non ci giunge nuovo. Succede spesso che quanti non si accettano per come Dio gli ha voluti, finiscano per rinchiudersi in chiese o realtà di fede che promettono di renderli 'come gli altri' finendo semplicemente devastati.
Accettarsi per come siamo e' sempre dura, sia se si è etero o gay, tentare di essere come non siamo e' una tentazione fonte solo di sofferenza e di scorciatoie che generano spesso solo sofferenza.
Per il tuo amico puoi fare davvero poco, rimane il dispiacere di qualcosa che poteva essere e' non e' stato, ma per poter amare bisogna prima accettare se stessi.
Il tuo amico ha avuto paura di questa sfida. Dispiace ma puoi far poco per lui se non continuare Tu nel tuo cammino perche, come ci ricorda il vangelo, 'la verita' ci rende liberi' di viverci come siamo e non come vorremmo essere.
Un abbraccio forte forte da tutti noi
i webmaster di gionata
Io mi sono veramente innamorato di lui e anche lui cercava me, pur mantenendo una certa distanza che non capivo. Poi la domanda: "Sai che in italiano il nome di Dio è Geova?", alcuni comportamenti contraddittori e il suo timore ad avvicinarmisi.
Mi consigliava di parlare con una giovane donna molto sensibile che mi avrebbe dato delle dritte per la vita, una testimone di Geova. Feci una ricerca in internet su come viene considerata l'omosessualità da quella cerchia di persone e ne rimasi molto male.
Molti sapevano che tra me ed M. c'era una forte simpatia, amore corrisposto, una certa ricerca dell'uno e dell'altro, il fatto che anche lui era come me: omoaffettivo.
Lui considera l'omoaffettività una malattia nel vero senso della parola; questo, credo, gli procuri problemi e sensi di colpa, che ricordo venivano da me leniti con la bellissima affermazione che "Dio è Amore" e che Lui è felice se siamo anche noi felici e ci accettiamo per come ci ha creati.
Ora M. si è veramente inserito nel gruppo dei Testimoni di Geova e ho appreso da un'amica che lui si è dichiarato preoccupato per come io gestisca la mia omoaffettività.
Non avrei mai immaginato che il sentimento tra due persone potesse venir soffocato e che non potesse realizzarsi, essere vissuto per la paura, la frequentazione di certa gente, forse dietro la spinta del lontano rifiuto della famiglia nei confronti della "diversità" della persona che ancora amo.
Ale
La risposta...
Ciao alessandro grazie per la tua testimonianza. Quello che racconti non ci giunge nuovo. Succede spesso che quanti non si accettano per come Dio gli ha voluti, finiscano per rinchiudersi in chiese o realtà di fede che promettono di renderli 'come gli altri' finendo semplicemente devastati.
Accettarsi per come siamo e' sempre dura, sia se si è etero o gay, tentare di essere come non siamo e' una tentazione fonte solo di sofferenza e di scorciatoie che generano spesso solo sofferenza.
Per il tuo amico puoi fare davvero poco, rimane il dispiacere di qualcosa che poteva essere e' non e' stato, ma per poter amare bisogna prima accettare se stessi.
Il tuo amico ha avuto paura di questa sfida. Dispiace ma puoi far poco per lui se non continuare Tu nel tuo cammino perche, come ci ricorda il vangelo, 'la verita' ci rende liberi' di viverci come siamo e non come vorremmo essere.
Un abbraccio forte forte da tutti noi
i webmaster di gionata
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