venerdì 3 maggio 2013

SORELLE CONSACRATE

Articolo della redazione del sito David et Jonathan (Francia), del 13 maggio 2007, liberamente tradotto da un volontario.

Una cosa è accettare la propria omosessualità, un'altra è aver il coraggio di dire di essere stata una religiosa e di essere omosessuale.
A partire dal momento in cui dichiariamo il nostro passato di vita religiosa nei vari gruppi dei quali facciamo parte, da un lato si suscita ammirazione, dall'altro questa testimonianza consente che altre possano affermare: "Io sono cresciuta tra le religiose", "Mi sono innamorata di una religiosa", "Ho pensato alla vita religiosa, ho desiderato di entrare in...".

Molte persone che fanno parte dell'associazione David et Jonathan (ndr associazione di cristiani omosessuali francese) hanno vissuto o stanno ancora vivendo con difficoltà il legame tra "omosessualità e fede".
È il primo problema che emerge negli scambi di informazioni al momento dell'accoglienza. Immaginiamoci allora tutte le domande che possono porsi delle persone che hanno un passato o un presente inserito nella vita consacrata, basta far riferimento all'inchiesta condotta da Julien Potel: "Sacerdoti secolari, religiosi e omosessualità nel maggio 1992" per averne un assaggio. La sessualità costituisce un tema poco affrontato nella formazione alla vita religiosa, che dire allora dell'omosessualità? Rimane un argomento tabù che pochi superiori di congregazioni osano affrontare.

Tuttavia oggi alcune donne hanno il coraggio di parlarne:

- alcune fanno dichiarazioni, danno testimonianza: "Sono stata una religiosa, sono omosessuale, e il fatto di esser stata religiosa incide sul mio presente" (Marie, Jeanne,...).

- altre chiedono aiuto, un sostegno per vederci chiaro nei loro problemi, per riuscire a riconoscere la propria identità, ma anche per ricominciare da zero la loro vita di donne in una società che esse hanno ritrovato: "Io esco dal Carmelo, non posso più rifiutare il fatto di essere omosessuale, ma come riconoscermi in questa comunità? Come vivere da una parte la mia fede e dall'altra la mia omosessualità?" (Dominique).

- altre si trovano ancora nella vita religiosa e tentano di capire cosa sta loro succedendo. Chiedono un sostegno, un dialogo schietto su questo argomento per aiutarle a vivere la loro vita di consacrate pur accettandosi così come sono: "Da vent'anni sono impegnata nella vita religiosa, e non ero consapevole del mio orientamento omosessuale, è stato un percorso molto lungo, doloroso e fuorviante. Nessuna parola positiva da parte della Chiesa e per tanto tempo nessuno a cui parlare a questo proposito" (Thérèse).

- alcune giovani donne sono consapevoli della loro omosessualità ma volendo anche vivere pienamente la loro fede in una scelta di vita consacrata, si pongono delle domande: "Io, omosessuale, posso comunque far la scelta di vivere una vita religiosa? Bisogna dirlo o si deve tacere? Quali difficoltà mi troverò davanti?" (Brigitte, Catherine, ...).

- alcune religiose devono affrontare delle questioni di omosessualità e si chiedono come regolarsi, cosa dire: "Ho ricevuto una dichiarazione da una giovane donna alla quale non so cosa rispondere dato che questa realtà non mi appartiene, cosa le devo dire?" (una religiosa anonima).

Tutte queste testimonianze, queste domande, non devono cadere nel vuoto. Hanno un senso soltanto se riescono a far sì che alcune donne, consapevoli della loro omosessualità e che cercano sempre di vivere inserite nella Chiesa, aiutino altre donne. Poiché tutte queste parole di fatto esistono, non è possibile lasciarle senza risposta!
Alcune donne che hanno vissuto un'esperienza di vita consacrata, oggi si sentono chiamate a costruire una rete d'ascolto, di sostegno, di condivisione, di convivialità, di solidarietà con queste donne.
Per conoscenza, nell'associazione David et Jonathan esiste già un gruppo di preti e di religiosi impegnati nella riflessione su questa realtà, che si sostengono tra loro. Così, questo gruppo si inserisce in questo percorso.

Affinchè un tal progetto possa realizzarsi, è necessario creare degli agganci con:
- persone qualificate che possono aiutarci a riflettere: psicologi, teologi, ...
- la Chiesa: - i suoi rappresentanti: sacerdoti, religiosi, vescovi, ... - l’Union des supérieures majeures de France.
- gruppi già esistenti? in Germania, Canada, Stati Uniti, ...

Vogliamo che ci sia:
- un luogo di accoglienza, dove siano privilegiate la testimonianza e la condivisione,
- un luogo di sostegno e di accompagnamento, di solidarietà concreta, ...
- un luogo di riflessione, di ricerca, di maturazione...

Dando la massima priorità al desiderio di esistere e di testimoniare Cristo, ci sembra importante stare qui dove siamo, per continuare a testimoniare l'Amore verso quelle donne che soffrono nel loro animo e nel loro corpo e anche verso quelle per cui l'omosessualità è un cammino di liberazione e di gioia.

Un Luogo ai margini della Chiesa, ma di un tipo di Chiesa dove:
- possa esistere la possibilità di orientare "affettività e sessualità" verso la realizzazione dei valori duraturi del Regno,
- la nostra vita possa esistere pienamente e in tranquillità sotto lo sguardo di Dio.



Testo originale: Vie consacrée féminine - le texte fondateur

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