La storia di Noemi e Ruth non ha nessun richiamo all’amore omosessuale, ma è una storia di amore materno/filiale tra la suocera e la nuora. La storia viene narrata nella Bibbia, nel “Libro di Ruth”, un breve racconto diviso in quattro capitoli che potete leggere in pochissimo tempo. Per coloro che non hanno voglia di addentrarsi nelle pagine del Sacro testo, racconto brevemente e senza addentrarmi troppo le vicende legate a queste due donne.
Il racconto ci narra la vita di una famiglia della Galilea che per la fame si spinge in terra Moabita, composta dai genitori, Emimelech e Noemi e dai figli Maclon e Chilion. Giunti nella nuova residenza i figli sposano due ragazze del posto, Ruth e Orpa. Purtroppo tutti gli uomini della famiglia muoiono e le donne rimangono sole e derelitte in questa terra inospitale. Dopo dieci anni di stenti e di privazioni, la matriarca decide di fare ritorno a Betlemme e congeda pertanto le due nuore lasciandole libere di tornare alle proprie famiglie. Ruth si rifiuta di abbandonare la suocera e fa ritorno con lei in Galilea. Mentre la ragazza presta servizio come spigolatrice di grano, viene notata da Booz, un parente di Noemi. Quest’ultima consiglia Rut perché induca Booz a prenderla in moglie “Noemi, sua suocera, le disse: Figlia mia, non devo io cercarti una sistemazione, così che tu sia felice?.. ” (Rt 3,1), cosa che avviene dopo che un parente più prossimo ha rinunciato ad averla in sposa. Rut genera quindi con Booz un figlio, Obed, che sarà padre di Iesse che a sua volta sarà padre di Davide.
Il libro è dunque importante perchè è in relazione alla discendenza davidica e quindi alla discendenza di Gesù.
Come dicevo in apertura, l’affetto che lega le due donne è molto tenero e casto, ma le parole utilizzate nel testo sono talmente ricche di sentimento da essere divenute un canto di profondo amore tra due donne.
«Non pregarmi di lasciarti, per andarmene via da te; perché dove andrai tu, andrò anch'io; e dove starai tu, io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai tu, morirò anch'io, e là sarò sepolta. Il SIGNORE mi tratti con il massimo rigore, se altra cosa che la morte mi separerà da te!»
Questo amore che Noemi e Ruth si dichiararono, come mille donne prima e dopo di loro, non avevano molto a che fare con parole proibite, ma con l’atteggiamento. Solamente un amore profondo sa riconoscere la libertà dell’altra. Per questo Noemi liberò sua nuora da seguirla nel suo difficile cammino, per questo la invitò a rinunciare a lei e a tornare a casa dai suoi genitori dove poteva sentirsi più sicura. Non voleva trattenerla, farla sua, non aveva nulla da offrirle se non il suo amore senza nome. Per questo motivo le chiese che se ne andasse dandole un bacio. Noemi sapeva bene che il suo destino le chiedeva di abbandonare le sue speranze, e lasciar libera la donna che aveva tanto condiviso con lei.
A questo amore che non possiede, che non trasforma in oggetto l’essere amato, Ruth rispose senza pensarci sopra, pur comprendendo molto bene però quello che avrebbero affrontato insieme. Lasciare la sua casa, il suo popolo, farsi unico corpo con essa, fino a che la morte non le avesse separate, rinunciare a quello che era più sacro, incluso il dio che aveva precedentemente conosciuto, questa fu la sua decisione.
Perchè sapeva bene che Noemi era la sua casa, il suo popolo, la sua carne, e che sono grazie a lei avrebbe potuto incontrare un nuovo Dio. In quel momento unico, Noemi giustificava la sua esistenza: se non avesse saputo, se non avesse vissuto; se non si fosse avventurata con lei, non sarebbe morta, perchè non avrebbe vissuto. Un amore senza nome in quel tempo, come il Dio che le era accanto, mentre camminavano unite in un luogo dove nasceva la speranza.
“Ti amo come mia simile
mia uguale mia somigliante,
da schiava a schiava
compagna di sovversione
all’ordine domestico.
Ti amo questa ed altre notti
con i dati d’identità
scambiati,
così come allegramente scambiamo le nostre vesti,
e il tuo abito è il mio
e i miei sandali sono i tuoi.
Come il mio seno
è il tuo seno
e le tue antenate sono le mie…”
mia uguale mia somigliante,
da schiava a schiava
compagna di sovversione
all’ordine domestico.
Ti amo questa ed altre notti
con i dati d’identità
scambiati,
così come allegramente scambiamo le nostre vesti,
e il tuo abito è il mio
e i miei sandali sono i tuoi.
Come il mio seno
è il tuo seno
e le tue antenate sono le mie…”
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