Traduzione da qui.
Di recente, durante le mie lezioni di Bibbia ebraica - o Vecchio Testamento, come viene chiamato altrove da molte altre persone - abbiamo discusso dei Salmi e parlato nello specifico della potenza delle lamentazioni, che compongono circa un terzo dei Salmi. Nonostante questo dato di fatto, raramente notiamo tale aspetto nelle nostre chiese, quell'urlo arrabbiato rivolto a Dio, "perché?".
Ho pensato che avrei condiviso il racconto di un momento di preghiera in cui avevo protestato con Dio, perché, in quel momento di maggiore sincerità nei suoi confronti, Dio mi si era palesato ancor più concretamente di quanto mi fosse mai successo.
Ricordo quella notte come fosse ieri. Era una notte qualunque nel corso della settimana, una notte in cui non stava succedendo nulla, per cui mi trovavo nella canonica del mio campus nello stanzino della preghiera.
Quando la casa era ancora uno spazio abitato, questo spazio dev'essere stato una stanzetta per il guardaroba, ma all'epoca veniva usato come luogo privato per la preghiera, all'esterno di una stanza che chiamavamo la "sala della preghiera". Quella particolare notte non era poi così diversa dalla maggior parte delle notti. Come avevo fatto quotidianamente per circa due anni, stavo pregando che Dio mi liberasse dall'omosessualità.
Stavo pregando che Dio mi perdonasse per essermi sentito attratto dai ragazzi nel corso della giornata. Stavo pregando che Dio mi perdonasse per il desiderio di vedere come sarebbe stato semplicemente baciare un ragazzo. Come al solito stavo piangendo e, quella notte, la mia preghiera diventò un lamento.
Dopo due anni di giornaliero impegno negli studi e nella preghiera, sentivo di non essere arrivato più vicino al mio obiettivo. In realtà lo stress di dover mantenere una facciata iniziava ad attanagliarmi. Ero stanco di non essere onesto con coloro a cui tenevo di più.
Ero stanco di essere depresso. Ero stanco di piangere. Più di tutto ero stanco di avere la sensazione che questa battaglia avesse preso il controllo della mia vita spirituale, e che anche se stavo facendo del mio meglio per seguire quello che ritenevo il volere di Dio per la mia vita, mi sentivo più distante da Dio di quanto non mi fosse mai successo da quando era iniziato il mio rapporto con lui.
Credo di avere raggiunto un punto di svolta in quel momento della preghiera. All'improvviso il mio stato d'animo passò dal dolore alla rabbia. Mi ritrovai a chiedere a Dio "Perché sono ancora così? Perché ancora non ho visto nemmeno il minimo cambiamento? Perché sembri così distante mentre io faccio del mio meglio per essere obbediente?". Alla fine arrivò la vera rottura. Urlai "Non posso più farlo! Non posso continuare a questo modo, perciò, se vuoi che io cambi e non vuoi che io sia gay, dovrai essere tu a cambiarmi. Se è davvero la tua volontà, allora fallo tu, perché io non ci riesco!".
In quello stesso momento smisi di piangere, e mi calmai in silenzio. Rimasi semplicemente seduto lì, per un attimo, ed in quel momento Dio mi parlò in un modo che non scorderò mai, ma che probabilmente non sarò mai in grado di descrivere. Non si trattava di una voce percettibile, ma neanche di un pensiero della mia mente. Si trattava di qualcosa di diverso, che proveniva da un altro luogo, si trattava di Dio. Dio mi disse "va bene così Joey, io ti amo ugualmente".
Assieme al messaggio di Dio, scese su di me una pace improvvisa, una pace che posso descrivere solo come la pace di Dio. Era come se Dio mi avesse improvvisamente afferrato, e mi stesse stringendo tra le sue braccia amorevoli. In quella pace, capii che Dio mi stava dicendo che era giusto che io smettessi di lottare, capii che Dio mi amava realmente e che ero un figlio a lui caro. In quel momento tutto il dolore, l'angoscia e la disperazione sembrarono sciogliersi, rimpiazzati unicamente dall'amore di Dio.
Quello è stato un momento significativo per la mia esistenza. E' stata una delle più chiare prove della presenza di Dio ch'io abbia mai avuto. Sebbene io viva ogni giorno con la presenza di Dio, fu un momento davvero speciale quando Lui mi raggiunse e mi toccò, proprio mentre ne avevo più bisogno. La cosa ancor più interessante è che tutto questo nacque da una lamentazione, da un momento in cui le mie emozioni erano crudamente naturali ed io ero completamente onesto nei confronti di Dio.
Credo che ciò a cui sto cercando di arrivare sia sottolineare come Dio fosse presente durante le mie recriminazioni e come abbia onorato quel luogo di onestà a cui Lui mi aveva condotto. Quindi, perché dai nostri pulpiti non predichiamo questo? Perché definiamo "eresia" la messa in dubbio di Dio o quella del suo volere?
Perché diciamo alla gente che la chiesa non è il luogo dove urlare "perché?" a Dio? E' in quei momenti d'onestà che a volte è più facile incontrarlo, perché siamo più vulnerabili. Allora perché è così scomodo contestare Dio?
Di recente, durante le mie lezioni di Bibbia ebraica - o Vecchio Testamento, come viene chiamato altrove da molte altre persone - abbiamo discusso dei Salmi e parlato nello specifico della potenza delle lamentazioni, che compongono circa un terzo dei Salmi. Nonostante questo dato di fatto, raramente notiamo tale aspetto nelle nostre chiese, quell'urlo arrabbiato rivolto a Dio, "perché?".
Ho pensato che avrei condiviso il racconto di un momento di preghiera in cui avevo protestato con Dio, perché, in quel momento di maggiore sincerità nei suoi confronti, Dio mi si era palesato ancor più concretamente di quanto mi fosse mai successo.
Ricordo quella notte come fosse ieri. Era una notte qualunque nel corso della settimana, una notte in cui non stava succedendo nulla, per cui mi trovavo nella canonica del mio campus nello stanzino della preghiera.
Quando la casa era ancora uno spazio abitato, questo spazio dev'essere stato una stanzetta per il guardaroba, ma all'epoca veniva usato come luogo privato per la preghiera, all'esterno di una stanza che chiamavamo la "sala della preghiera". Quella particolare notte non era poi così diversa dalla maggior parte delle notti. Come avevo fatto quotidianamente per circa due anni, stavo pregando che Dio mi liberasse dall'omosessualità.
Stavo pregando che Dio mi perdonasse per essermi sentito attratto dai ragazzi nel corso della giornata. Stavo pregando che Dio mi perdonasse per il desiderio di vedere come sarebbe stato semplicemente baciare un ragazzo. Come al solito stavo piangendo e, quella notte, la mia preghiera diventò un lamento.
Dopo due anni di giornaliero impegno negli studi e nella preghiera, sentivo di non essere arrivato più vicino al mio obiettivo. In realtà lo stress di dover mantenere una facciata iniziava ad attanagliarmi. Ero stanco di non essere onesto con coloro a cui tenevo di più.
Ero stanco di essere depresso. Ero stanco di piangere. Più di tutto ero stanco di avere la sensazione che questa battaglia avesse preso il controllo della mia vita spirituale, e che anche se stavo facendo del mio meglio per seguire quello che ritenevo il volere di Dio per la mia vita, mi sentivo più distante da Dio di quanto non mi fosse mai successo da quando era iniziato il mio rapporto con lui.
Credo di avere raggiunto un punto di svolta in quel momento della preghiera. All'improvviso il mio stato d'animo passò dal dolore alla rabbia. Mi ritrovai a chiedere a Dio "Perché sono ancora così? Perché ancora non ho visto nemmeno il minimo cambiamento? Perché sembri così distante mentre io faccio del mio meglio per essere obbediente?". Alla fine arrivò la vera rottura. Urlai "Non posso più farlo! Non posso continuare a questo modo, perciò, se vuoi che io cambi e non vuoi che io sia gay, dovrai essere tu a cambiarmi. Se è davvero la tua volontà, allora fallo tu, perché io non ci riesco!".
In quello stesso momento smisi di piangere, e mi calmai in silenzio. Rimasi semplicemente seduto lì, per un attimo, ed in quel momento Dio mi parlò in un modo che non scorderò mai, ma che probabilmente non sarò mai in grado di descrivere. Non si trattava di una voce percettibile, ma neanche di un pensiero della mia mente. Si trattava di qualcosa di diverso, che proveniva da un altro luogo, si trattava di Dio. Dio mi disse "va bene così Joey, io ti amo ugualmente".
Assieme al messaggio di Dio, scese su di me una pace improvvisa, una pace che posso descrivere solo come la pace di Dio. Era come se Dio mi avesse improvvisamente afferrato, e mi stesse stringendo tra le sue braccia amorevoli. In quella pace, capii che Dio mi stava dicendo che era giusto che io smettessi di lottare, capii che Dio mi amava realmente e che ero un figlio a lui caro. In quel momento tutto il dolore, l'angoscia e la disperazione sembrarono sciogliersi, rimpiazzati unicamente dall'amore di Dio.
Quello è stato un momento significativo per la mia esistenza. E' stata una delle più chiare prove della presenza di Dio ch'io abbia mai avuto. Sebbene io viva ogni giorno con la presenza di Dio, fu un momento davvero speciale quando Lui mi raggiunse e mi toccò, proprio mentre ne avevo più bisogno. La cosa ancor più interessante è che tutto questo nacque da una lamentazione, da un momento in cui le mie emozioni erano crudamente naturali ed io ero completamente onesto nei confronti di Dio.
Credo che ciò a cui sto cercando di arrivare sia sottolineare come Dio fosse presente durante le mie recriminazioni e come abbia onorato quel luogo di onestà a cui Lui mi aveva condotto. Quindi, perché dai nostri pulpiti non predichiamo questo? Perché definiamo "eresia" la messa in dubbio di Dio o quella del suo volere?
Perché diciamo alla gente che la chiesa non è il luogo dove urlare "perché?" a Dio? E' in quei momenti d'onestà che a volte è più facile incontrarlo, perché siamo più vulnerabili. Allora perché è così scomodo contestare Dio?
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